Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14457 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25266-2018 proposto da:

G. IMMOBILIARE E SERVIZI SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANIA MUGNAI;

– ricorrente –

contro

S.R., N.M.G., elettivamente domiciliate

in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di

CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato IVAN PASTORELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1663/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a due motivi, G. Immobiliare e Servizi s.r.l. ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Milano, resa pubblica in data 30 marzo 2018, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città, il quale, a sua volta, aveva respinto sia la domanda principale proposta da N.M.G. e S.R. – avente ad oggetto l’accertamento dell’esistenza in loro favore di un diritto reale di servitù di passaggio e di passo carraio su una striscia di terreno di proprietà esclusiva della società G. Immobiliare e Servizi s.r.l. sia la domanda proposta, in via riconvenzionale, da quest’ultima società e volta a conseguire il risarcimento dei danni patiti per il recesso da due contratti preliminari di compravendita effettuato dai promissari acquirenti a causa dell’instaurazione del giudizio da parte delle anzidette attrici;

che la Corte d’appello di Milano osservava che il giudice di primo grado aveva correttamente ritenuto non provato il danno patito dalla società G. Immobiliare e Servizi S.r.l., essendo necessario, a tal fine, che la società avesse dimostrato una reale perdita economica, attraverso il riscontro di effettive movimentazioni bancarie, “ad es. dell’incasso dei due assegni del (OMISSIS), in mancanza del quale la diminuzione patrimoniale non può dirsi sussistente”;

che resistono con controricorso N.M.G. e S.R.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2424,1173,1385 e 2697 c.c., nonchè del R.D. n. 1736 del 1933, artt. 2, 31 e 55, e dell’art. 115 c.p.c., per aver erroneamente la Corte milanese ritenuto: a) non provato il danno subito dalla società in assenza di effettive movimentazioni bancarie, quando, invece, l’assegno bancario è di per sè idoneo a costituire una diminuzione patrimoniale del soggetto traente; b) necessario ai fini risarcitori l’avvenuta diminuzione patrimoniale relativa ai due assegni del (OMISSIS), quando, invece, essi costituiscono la riparazione di una parte del danno subito dalla società ricorrente, ricomprendendo quest’ultimo non solo le caparre date per il primo e secondo contratto preliminare di compravendita, ma anche il rimborso del compenso pagato dai promissari acquirenti all’architetto; c) non provata la diminuzione patrimoniale anche con riferimento agli assegni bancari dati o ricevuti in caparra, in quanto, in tal caso, è irrilevante la messa all’incasso dell’assegno bancario (o cambiale) portatore dell’importo dato a caparra per la valida costituzione dei vincoli di cui all’art. 1385 c.c., commi 1 e 2;

a.1) il motivo è in parte manifestamente infondato e in parte inammissibile, in quanto, per un verso, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del combinato disposto degli artt. 1223 e 2697 c.c., facendo gravare sulla parte che richiedeva il risarcimento del danno l’onere di provare la “perdita subita”, ossia che avesse patito una effettiva diminuzione patrimoniale a seguito dell’incasso degli assegni emessi in favore dei promissari acquirenti; per altro verso, impinge sulla valutazione delle emergenze probatorie che è riservata al giudice del merito, senza veicolare un vizio di omesso esame alla stregua del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

b) con il secondo mezzo è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 115 c.p.c., e art. 2967 c.c., per aver la Corte territoriale, nel rigettare la pretesa risarcitoria avanzata dalla società Groane, omesso di considerare una serie di fatti non contestati dalle parti e decisivi per l’accoglimento della pretesa risarcitoria azionata, ossia: a) il pregiudizio subito dalla società a causa del recesso contrattuale; b) la data di stipula del contratto preliminare datato (OMISSIS); c) il nesso di causalità tra la loro azione giudiziale e la decisione dei coniugi Q. di recedere dai contratti;

b.1) il motivo è inammissibile, in quanto, oltre a non essere prospettato secondo l’insegnamento di Cass., S.U., n. 8053/2014 (ossia nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie), non intercetta la ratio decidendi della sentenza impugnata (assenza di danno, per non esservi prova dell’incasso dell’assegno, essendo a tal fine insufficiente la quietanza apposta da terzi), che costituisce la “ragione più liquida” su cui si fonda la sentenza di appello.

Il ricorso va, pertanto, rigettato e la società ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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