Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14455 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. II, 30/06/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 30/06/2011), n.14455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

TECNOFIN GROUP SPA P.I. (OMISSIS), (GIA’ IMPRESEM SPA) IN PROPRIO

E QUALE CAPOGRUPPO MANDATARIA DELLE IMPRESE SICE SPA (INCORPORATA PER

FUSIONE NELL’IMPRESEM SPA) ED HERA SPA (GIA’ VITA SPA) IN PERSONA

DELL’AMMINISTRATORE UNICO E LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. SIG. C.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 13,

presso lo studio dell’avvocato FRONTONI MASSIMO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RENZI ALESSANDRI;

– ricorrente –

contro

P.G. (OMISSIS), P.G.

(OMISSIS), e lettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 14, presso l’Avv. GIANFRANCO GRAZIANI che li rappresenta e

difende;

M.N. C.F. (OMISSIS), G.E. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in Roma Piazzale Clodio

14 C/O l’Avv. ORAZIANI ANDREA, rappresentati e difesi dall’Avv.

COLUCCI ANGELO, per procura notarile del 3/6/2010;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MARSALA, depositata il

01/08/2005; (RG. 503/04) vol. giur.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato frontoni Massimo di tensore della ricorrente che si

riporta agli atti;

udito l’Avv. Colucci Angolo difensore dei resistenti che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona de Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di contratto di appalto tra il comune di Marsala e una ATI di cui era capofila la Impresem spa, oggi Tecnofin Group spa, quest’ultima instaurava procedimento arbitrale ex art. 43 del capitolato generale D.P.R. n. 1062 del 1963.

Costituito il collegio, gli arbitri accettavano l’incarico in data 12 febbraio 2004 e rendevano il lodo nel giugno 2004, dichiarando la propria incompetenza a pronunciare sulle pretese dedotte in giudizio.

Ponevano a carico delle parti, in solido tra loro, l’onere delle spese.

Con ordinanza 6 luglio 2004 liquidavano l’onorario loro spettante in 388.125 Euro e in 8.300 Euro il compenso dovuto al segretario del collegio arbitrale.

Con ricorso del 29 gennaio 2004 i 4 professionisti chiedevano al tribunale la determinazione di spese e onorario.

Il 29 luglio/1 agosto 2005 il presidente del tribunale liquidava il compenso degli arbitri in Euro 271.000 circa e in 1.031 Euro il compenso per il segretario.

La Tecnofin Group spa insorge con ricorso per cassazione, notificato ai soli professionisti l’11 ottobre 2005, articolato su due motivi.

M.N., G.E., P.G. e P. G. hanno resistito con controricorso.

Sostituito il difensore di due professionisti e depositate memorie,la causa veniva posta in decisione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., i resistenti hanno rilevato che il ricorso è inammissibile, invocando la giurisprudenza sopravvenuta delle sezioni Unite di questa Corte. Il rilievo coglie nel segno.

Con sentenza n. 15586 del 2009 le Sezioni Unite hanno ritenuto che in tema di determinazione del compenso e delle spese dovuti agli arbitri dai conferenti l’incarico, secondo il regime previgente alla novella recata dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, qualora, in assenza di espressa rinunzia da parte degli aventi diritto, il contratto di arbitrato non contenga la relativa quantificazione, esso è automaticamente integrato, in base all’art. 814 cod. proc. civ., con clausola devolutiva della pertinente determinazione al presidente del tribunale, il quale, una volta investito (con ricorso proponibile anche disgiuntamente da ciascun componente del collegio arbitrale) in alternativa all’arbitratore, svolge una funzione giurisdizionale non contenziosa, adottando un provvedimento di natura essenzialmente privatistica. Ne consegue che detto provvedimento è privo della vocazione al giudicato e, dunque, insuscettibile di impugnazione con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost.;

tale natura del procedimento, inoltre, esclude l’ipotizzabilità di una soccombenza ed osta, pertanto, all’applicazione del relativo principio ed all’adozione delle consequenziali determinazioni in tema di spese (conf. Cass. 9750/10; 5264/11).

L’odierna fattispecie, risalente a epoca anteriore al 2006, rientra pienamente in questa ipotesi.

Il ricorso è quindi da dichiarare inammissibile.

Il mutamento giurisprudenziale sopraggiunto con il capovolgimento della giurisprudenza dominante giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile tenuta, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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