Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14453 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. II, 30/06/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 30/06/2011), n.14453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CRISTAL COSTR DI ROSARIO CRISTALDI & C SNC P. I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante p.t., domiciliato ex lege in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PATTI SALVATORE;

– ricorrente –

contro

F.F. C.F. (OMISSIS), R.G. C.F.

(OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

ALTAVILLA GIOVANNI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 582/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 29/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del primo

e secondo motivo del ricorso, e il rigetto del resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I coniugi R.G. e F.F., promissari acquirenti di un’immobile dalla Cristal Costruzioni s.n.c., di Rosario Cristaldi e C, ottenuta dal Tribunale di Catania sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., proponevano appello lamentando il vizio di extrapetizione della pronuncia, per aver questa subordinato l’effetto traslativo della proprietà al previo pagamento, oltre al saldo prezzo, anche degli interessi compensativi legali su di esso, ai sensi dell’art. 1499 c.c., nonchè alla corresponsione di varie altre spese (allaccio utenze, accatastamento ecc). Ciò in quanto il pagamento del prezzo e delle spese accessorie era stato convenuto alla data di sottoscrizione del contratto definitivo, che non era stato stipulato per colpa, della promittente venditrice, la quale non aveva dato seguito ad apposito atto di messa in mora.

Adita dagli attori, la Corte d’appello di Catania, resistendo all’impugnazione la società promittente, riformava la sentenza impugnata “escludendo la condanna al pagamento degli interessi sulla somma dovuta a saldo prezzo di acquisto dell’immobile, e la condanna al pagamento delle altre somme indicate nel contratto preliminare e degli interessi”. Riteneva la Corte etnea che l’obbligazione di pagamento degli interessi avesse carattere autonomo rispetto a quella di corresponsione del prezzo e che, pertanto, non si sottraesse al principio della domanda, e che, nella specie, la società promittente la vendita non aveva formulato alcuna richiesta al riguardo, essendo rimasta contumace in primo grado. Quanto al motivo con il quale gli appellanti si dolevano del fatto che il giudice di prime cure avesse subordinato l’effetto traslativo della sentenza al pagamento, oltre che del prezzo, anche di tutte le altre somme previste nel contratto preliminare per altro titolo (spese di allacciamento, accatastamento ecc), ne riteneva la fondatezza per due ragioni, e cioè sia perchè, analogamente alla pronuncia sugli interessi, vi era decisione ultra petita, sia perchè non poteva ritenersi, coprendola nella condizione sospensiva del trasferimento dell’immobile, l’obbligazione della parte (s’intende, promissaria acquirente) a provvedere all’estinzione di un debito il cui importo non era nè liquido, nè esigibile.

Riteneva inammissibile, infine, l’istanza della parte appellata di rivedere il regolamento delle spese di primo grado, non essendo stata introdotta con appello incidentale.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre la Cristal Costruzioni s.n.c., di Rosario Cristaldi e C, con tre motivi d’annullamento.

Resistono con controricorso gli intimati.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., artt. 99 e 112 c.p.c., in connessione con l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Si sostiene che, applicato all’obbligazione di pagamento degli interessi, il principio della domanda deve coordinarsi con quello della sinallagmaticità, che è alla base dei poteri che l’art. 2932 c.c. attribuisce al giudice, il quale come può subordinare l’effetto traslativo al pagamento del prezzo senza apposita domanda del promittente venditore, così può provvedere anche in ordine al pagamento degli interessi proprio per il nesso di corrispettività che intercede fra tutte le prestazioni.

1.1. – Il motivo è infondato.

Premesso che la domanda rivolta ad ottenere il pagamento, ex art. 1499 cod. civ., degli interessi compensativi per mancato godimento della cosa venduta e consegnata anticipatamente, costituisce una pretesa a sè stante che non si sottrae al principio della domanda (cfr. Cass. nn. 20175/07, 1701/06, 7258/03 e 6031/99), e che, nella specie, nessuna domanda è stata proposta dalla società promittente, va osservato che gli interessi compensativi sul prezzo della res vendita, ai sensi della norma richiamata, non sono dovuti quando, in esecuzione di un’apposita clausola del contratto preliminare, il bene sia stato consegnato anticipatamente rispetto alla data di stipulazione del contratto definitivo e prima del pagamento del prezzo stesso (Cass. nn. 9043/06 e 3646/01).

1.1.1. – Nello specifico, dalla sentenza impugnata (il cui accertamento non è in parte qua contestato dalla parte ricorrente) si ricava che i promissari acquirenti abbiano conseguito il possesso dell’immobile prima del trasferimento, e che il giudice di primo grado abbia posto a loro carico il pagamento degli interessi compensativi dal momento in cui hanno incominciato a godere del bene, benchè fosse assente un’apposita clausola del preliminare che ne riconoscesse l’attribuzione fra tale momento e la conclusione del definitivo.

Corretta, pertanto, appare la soluzione della Corte d’appello, che ha escluso fossero dovuti gli interessi compensativi, riformando sul punto la sentenza di primo grado.

2. – Con il secondo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 2932 c.c., artt. 99, 112 e 324 c.p.c., nonchè l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia. Afferma detta parte che se presupposto per ottenere il trasferimento del bene è l’adempimento di tutte le obbligazioni convenute come corrispettivo dell’acquisto, il fatto che eventualmente uno degli elementi di tale corrispettivo non sia stato determinato o non sia determinabile non vale ad escluderlo dal nesso di sinallagmaticità. Pertanto, prosegue, spettava agli attori, promissari acquirenti, fornire la prova della sussistenza di tutti gli elementi del proprio diritto, inclusa la quantificazione giudiziale dei c.d. oneri accessori, costituenti anch’essi parte del prezzo, e come tali oggetto di adempimento o di offerta per poter ottenere il trasferimento del bene (richiama, a sostegno, Cass. nn. 10692/94 e 7711/90). La Corte territoriale, invece, osservando che l’importo di tali oneri non era liquido, l’ha illegittimamente escluso non solo quale condizione di efficacia del trasferimento, ma anche – così andando ultra petita e violando il giudicato interno – come obbligazione a carico dei promissari acquirenti. Infatti, il dispositivo della sentenza impugnata esclude la condanna al pagamento degli interessi sulla somma dovuta a saldo del prezzo, e la condanna al pagamento delle altre somme indicate nel contratto preliminare, mentre gli appellanti con i motivi di gravame avevano chiesto soltanto che il pagamento degli oneri e delle spese accessorie non condizionasse l’effetto traslativo della sentenza.

2. – Il motivo è infondato in entrambe le censure che lo sostanziano.

2.1. – E’ necessario premettere che la sentenza d’appello presenta un contrasto (apparente, per le ragioni che seguono) fra motivazione e dispositivo. Nella prima, accogliendo i motivi di gravame si nega, per ragioni solo in parte comuni, che l’effetto traslativo della pronuncia prevista dall’art. 2932 c.c. possa essere subordinato, nella fattispecie, al previo pagamento di interessi compensativi e di ulteriori somme, diverse dal prezzo del bene promesso, previste a carico dei promissari acquirenti; nel secondo si statuisce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, l’esclusione della “condanna” dei R.- F. al pagamento di tali importi.

Considerato che in entrambe le parti delle sentenza si parla di accoglimento dell’appello, e che il dispositivo non si sostanzia nè in una dichiarazione d’inammissibilità, nè di rigetto di alcuna domanda della società Cristal, è da ritenere che in realtà la Corte territoriale abbia inteso escludere non già un’inesistente condanna contenuta nella pronuncia di primo grado, ma solo, e a differenza di quest’ultima, la subordinazione dell’effetto traslativo della sentenza al pagamento degli interessi e delle altre somme anzi dette, diverse dal prezzo.

Ne consegue, che la sentenza impugnata non è affetta da alcun vizio ultra petizione, non contenendo alcun accertamento negativo del diritto della società promittente a percepire le somme per i c.d.

gravami accessori.

2.2. – Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il contraente che chiede l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata è tenuto all’adempimento della prestazione corrispettiva del prezzo od all’offerta della medesima, solo se questa sia liquida ed esigibile al momento della domanda giudiziale; mentre quando essa, per accordo delle parti, debba essere effettuata al momento della stipulazione del contratto definitivo, o non sia comunque allo stato liquidabile, la sentenza costitutiva di questo contratto, promesso e non stipulato, deve essere emessa senz’altro ed il pagamento del prezzo (o della parte residua) deve essere imposto solo come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo derivante dalla pronuncia (Cass. n. 2154/87; in senso sostanzialmente conforme, anche se con riferimento al solo requisito di esigibilità, posto espressamente dal capoverso dell’art. 2932 c.c., cfr. Cass. nn. 5242/83, 3854/83, 3692/83, 1940/82 e 551/65).

In altre decisioni si è posto il problema ulteriore se il trasferimento debba essere subordinato all’adempimento anche di obbligazioni non liquide. La soluzione affermativa è stata prescelta in considerazione del fatto che la prestazione dovuta a norma dell’art. 2932 c.c., comma 2, dal promittente acquirente per il trasferimento del bene è costituita non solo dal prezzo, ma da ogni altro corrispettivo del trasferimento stesso (ancorchè consistente in un facere, come quello di eseguire determinate opere edilizie, nella fattispecie esaminata da Cass. n. 10692/94, ovvero in “allacci relativi all’appartamento”, come nel caso oggetto di Cass. n. 7711/90), non ponendo la norma dell’art. 2932 c.c. alcuna limitazione al riguardo. Con la conseguenza che, è stato ritenuto, occorre liquidare tali prestazioni nel medesimo processo diretto ad ottenere la sentenza costitutiva degli effetti reali del contratto (Cass. n. 7711/90cit.).

2.2.1. – Ritiene la Corte che tale ultimo orientamento, che si colloca su di una linea di tendenziale continuità teoretica con l’indirizzo più risalente (contrastato da una parte della dottrina) per cui la sentenza che sta in luogo del contratto che avrebbe dovuto concludersi non può avere un contenuto diverso da quello del preliminare (v. Cass. nn. 2616/88, 3089/87 e 1224/79), non si presti a generalizzazioni. E’ ormai eroso da tempo nella giurisprudenza di questa Corte (già a partire da Cass. S.U. n. 1720/85, preceduta da Cass. nn. 4478/76, 3560/77 e 2268/80) il principio della necessaria perfetta identità tra sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. e contratto preliminare, sulla base della considerazione per cui la sentenza costitutiva produce gli effetti del contratto non concluso, ma non vi si sostituisce quale unica fonte di regolamentazione del rapporto sostanziale fra le parti. Ne è derivata la progressiva divaricazione della sequenza preliminare/definitivo, rispetto a quella preliminare/sentenza costitutiva, e la consequenziale accentuazione della funzione esecutiva della sentenza ex art. 2932 c.c., che consente al giudice di esercitare poteri intesi a correggere le deviazioni del sinallagma funzionale (ad esempio attraverso la riduzione del prezzo per vizi della res, secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte: cfr. per tutte e da ultimo, Cass. n. 1562/10), e di attribuire, in definitiva, alla parte creditrice non inadempiente non già la sola conclusione dell’accordo definitivo, ma esattamente quanto essa aveva diritto di ottenere in virtù del contratto preliminare.

Se dunque l’emissione della sentenza costitutiva in luogo della spontanea conclusione del definitivo non esaurisce l’ambito di tutela delle parti, nè soppianta il preliminare come fonte delle rispettive obbligazioni tra di esse, pare inevitabile operare un passo ulteriore, costituito da ciò che l’effetto traslativo della proprietà del bene promesso può non essere subordinato all’adempimento anche di obbligazioni accessorie, che non incidono in via diretta sul nesso commutativo, ma ineriscono al regolamento degli effetti ulteriori ripartendo oneri economici secondari, connessi e conseguenti al trasferimento del bene. Conservata la funzione obbligatoria del preliminare, permane la possibilità di domandare l’esatto adempimento, come di sollevare le contrapposte eccezioni dilatorie, nel medesimo o in altro processo, senza che l’intero contenuto contrattuale debba necessariamente attuarsi mediante la tecnica della sentenza costitutiva (variamente) condizionata. Con il corollario che l’adempimento di tali obbligazioni accessorie forma oggetto di domanda a sè, non costituendo condizione dell’azione ex art. 2932 c.c..

2.2.1. – Nella fattispecie, il giudice d’appello è pervenuto ad una soluzione conforme al principio di diritto appena enucleato, ma sulla base di un percorso argomentativo in parte erroneo, lì dove ha ritenuto che la non liquidità ed esigibilità dell’obbligazione di pagare le spese per gli allacciamenti (alle utenze) e l’accatastamento dell’immobile ostasse ex se, piuttosto che per la natura accessoria del debito (implicitamente riconosciuta dalla stessa Corte etnea attraverso la condivisione della tesi degli appellanti), alla possibilità di includere il relativo adempimento all’interno della clausola condizionante sospensivamente l’effetto traslativo della pronuncia ex art. 2932 c.c.. S’impone, pertanto, la correzione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

3. – Con il terzo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., in quanto la sentenza di primo grado ha da un lato condannato la società Cristal alle spese di giudizio, ma dall’altro ha posto le spese di trasferimento a carico degli attori. Ciò posto, l’inammissibilità, ritenuta dalla Corte d’appello, dell’istanza di rivedere tale statuizione, in quanto non introdotta mediante appello incidentale, sarebbe errata, secondo parte ricorrente, sia per l’evidente contraddizione tra i due predetti dieta della sentenza di primo grado, che da un lato ha posto a carico degli attori le spese del trasferimento, e dall’altro condannato la società promittente venditrice al pagamento delle spese del giudizio che tale trasferimento ha prodotto; sia perchè la Cristal, sebbene non avesse proposto impugnazione incidentale, già nella comparsa di costituzione in appello aveva stigmatizzato l’ingiustificata condanna alle spese di primo gado.

3.1. – Tale motivo è manifestamente infondato, in quanto basato su puri esercizi verbali, intesi ad affermare che sia il processo in sè, piuttosto che il suo esito di merito, a produrre effetti giuridici, e che non occorra proporre appello incidentale per modificare il capo di condanna alle spese. L’una e l’altra affermazione sono ad evidenza prive di pregio, disattendendo principi cardine del processo, quali la soccombenza come rapporto di contraddizione tra le conclusioni della parte e la decisione (art. 91 c.p.c.), e l’acquiescenza tacita o parziale, come conseguenza dell’omessa proposizione di impugnazione nelle forme di rito (art. 329 c.p.c.).

4. – In conclusione il ricorso va respinto.

5. – Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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