Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14451 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14451 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 18857-2007 proposto da:
SANTIN LINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
L. MANCINELLI 65, presso lo studio dell’avvocato
MOSCATI ENRICO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CIPOLLONE GABRIELE;
– ricorrente contro

2013
1207

SANTIN

OSVALDO

SNTSLD51L01G9230,

elettivamente

domiciliato in ROMA, P.ZA EMPORIO 16-A, presso lo
studio dell’avvocato FERRI LIANA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MALTARELLO ELENA;

Data pubblicazione: 07/06/2013

- controrícorrente

avverso la sentenza n. 800/2006 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 11/092006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/04/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI

udito l’Avvocato MOSCATI Enrico, difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso ex art.366 bis e
condanna aggravata alle spese ex art385 4 ° c cpc.

PICCIALLI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Lino Santin si oppose ad un decreto ingiuntivo del Pretore di Rovigo,per il pagamento della somma
di £ 4.998.282, quale prezzo di una partita di piastrelle fornitegli da Osvaldo Santin,deducendo vizi
della fornitura e proponendo una domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni,per £
20.000.000,in ordine alla quale l’adito giudice,sospeso il giudizio oppositivo,rimise le parti innanzi

All’esito del riassunto giudizio risarcitorio,istruito documentalmente ed oralmente, il Tribunale di
Rovigo,con sentenza n. 155 del 2002 condannò Osvaldo Santin al pagamento in favore di Lino
Santin della somma di £ 691.866,in ragione del minor valore della pavimentazione dovuto
all’inferiore pregio dei materiali forniti,rispetto a quanto pattuito,peraltro decurtato del 30%, in
considerazione del concorso di colpa ascritto alla parte attrice nella installazione del pavimento.
La suddetta decisione,appellata da ambo le parti,è stata confermata,con rigetto dei reciproci
gravami,dalla Corte di Venezia con sentenza 800 del 3/4-11/5/2006,nella resistenza di Osvaldo
Santin,tra l’altro e segnatamente ritenendo che, fermo restante l’accertato concorso,fosse
onere,nella specie non ottemperato,di Lino Santin dimostrare i maggiori danni lamentati;le spese
dei due gradi di giudizio sono state integralmente poste a carico del suddetto,appellante principale.
Contro tale sentenza ricorre Lino Santin con tre motivi.
Resiste Osvaldo Santin con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso,per mancata formulazione dei quesiti di
diritto,riassuntivi dei rispettivi motivi, tutti deducenti violazione e falsa applicazione di norme di
diritto ex art. 360 co.I n. 3 c.p.c. (rispettivamente degli artt.2697,1226,1494 c.c.,61 c.p.c.,degli artt.
112,115 cp.c.,2697,1226 e 1494 c.c. e dell’art.. 91 c.p.c.), ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,ratione
temporis applicabile all’impugnazione in esame ( in quanto diretta contro sentenza pubblicata dopo

al locale tribunale,competente per valore.

l’entrata in vigore della disposizione ,introdotta dall’art. 6 del D.Lgs. 2.2.06 n. 40,e prima della sua
, non retroattiva abrogazione,avvenuta con l’art. 47 co. 1 lett. d) della L. 18.6.2009 n. 69).
L’eccezione fondata i per quanto si dirà oltre,quanto al secondo e terzo motivo,non tiene
conto,quanto al primo,che un comprensibile quesito a questa Corte può ritenersi contenuto nella
prima parte del prinv mezzo,che risulta sintetizzato nei seguenti testuali termini:”violazione e falsa

conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 1494 codice civile,per avere negato
il giudice di secondo grado il diritto dell’appellante principale Lino Santin (quale titolare della
Ditta Confezioni Santin Lino) di ottenere la liquidazione dei danni richiesti contro la ditta Ceramix
di Santin Osvaldo, affermando che l’appellante,pur avendo fornito la prova dell’esistenza del suo
diritto (an debeatur),non aveva fornito al giudice i dati di fatto sui quali basare la liquidazione
anche equitativa del danno (quantum debeatur); e per avere negato,anche
implicitamente,! ‘ammissibilità della consulenza tecnica diretta all’acquisizione agli atti degli
elementi di valutazione del danno. Il tutto con riferimento al! ‘art. 360, comma primo, del codice di
procedura civile”.
La sopra riportata sintesi,ancorchè anteposta e non posposta all’esposizione delle doglianze, è
comunque sufficiente a far comprendere il nucleo essenziale delle censure, pertanto soddisfacendo
la prescrizione di cui alla citata disposizione processuale,finalizzata ad agevolare l’esercizio della
funzione nomifilattica di questa Corte.
Il mezzo d’impugnazione,pur ammissibile,è tuttavia infondato,risolvendosi nella sostanziale
richiesta di rivisitazione delle risultanze istruttorie,nell’ambito delle quali non è mancata da parte
dei giudici di merito l’acquisizione della relazione di consulenza tecnica che era stata espletata nel
sospeso giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Sulla scorta di tali risultanze,confermate dall’ausiliare nel corso dell’istruttoria orale svolta nel
successivo giudizio risarcitorio, detti i giudici sono pervenuti alla motivata conclusione di cui è
.

cenno in narrativa,secondo cui i danni effettivamente accertati,in parte ascrivibili alle modalità dei

applicazione dell’api 2697 codice civile, con rifèrimento all’art. 61 del codice di procedura civile e

installazione del pavimento (eseguito a cura dall’acquirente), e per il resto alla natura irregolare di
una parte delle piastrelle utilizzate,erano risultati contenuti nei limiti della valutazione compiuta dal
c.t.u. Essendovi stata,dunque,l’acquisizione di un elaborato tecnico, comunque espletato nel
contraddittorio delle parti nel corso del connesso giudizio,non censurabile risulta l’argomentazione
della corte,secondo cui il danneggiato non aveva fornito,pur avendone avuto la possibilità,la prova

nessuna violazione delle norme di diritto citate si è verificata: non di quelle sul riparto dell’onere
probatorio (che incombe sulla parte attrice,tenuta anche sul quantum a fornire un minimo di
elementi al fine dell’ eventuale liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c.),né,sul piano processuale,
con riferimento all’art. 61 c.p.c.,risultando adeguatamente motivato ed incensurabile il diniego di
ammissione di una nuova consulenza tecnica,in un contesto processuale nel quale la parte istante
aveva avuto la possibilità di poter dimostrare,anche sul paino tecnico,i1 fondamento delle proprie
maggiori pretese.
Inammissibili sono invece i successivi motivi,anche denuncianti violazioni di norme di diritto ex
art. 360 co.I c.p.c.,dal cui contenuto (come del resto implicitamente ammette la stessa difesa del
ricorrente nella memoria illustrativa,laddove replica all’eccezione avversa limitatamente al primo
motivo) non è dato ricavare le prescritta sintesi logico- giuridica delle censure,che in particolare si
limitano,nella parte iniziale,a formulare mere doglianze.
Il ricorso va conclusivamente respinto.
Le spese,infine,seguono la soccombenza.Non si ravvisano,tuttavia,gli estremi della responsabiità
aggravata ex. art. 385 co.IV ,come sostenuto dal P.G.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio in favore
del controricorrente,liquidandole in complessivi E 2.200,00 di cui 200 per esborsi,oltre accessori
di legge Così deciso in Roma il 24 aprile 2013.

di maggiori danni subiti,eventualmente chiedendo precisi chiarimenti al c.t.u.. Conseguentemente

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