Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14447 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 15/07/2016, (ud. 06/06/2016, dep. 15/07/2016), n.14447

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 15909 del ruolo generale dell’anno

2013 proposto da:

M.F., (C.F.: (OMISSIS)), in proprio e quale procuratore

di: M.G. (C.F.: (OMISSIS)), M.A. (C.F.:

(OMISSIS)) e MU.Li. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avvocati Sergio

Cammareri (C.F.: CMMSRG69T21H501X), Nicola Monteleone (C.F.:

MNTNCL58R25D976I) e Alessandro Pellegrino (C.F.: PLLLSN72P20F158E);

– ricorrenti –

nei confronti di:

COMUNE DI LOCRI, (P.I.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco, legale

rappresentante pro tempore, C.G. rappresentato e

difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’avvocato

Antonio Alvaro (C.E.: LVRNTN55H01F158H);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Reggio

Calabria n. 487/2012, pronunziata in data 6 dicembre 2012 e

depositata in data 28 dicembre 2012;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 6

giugno 2016 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo;

uditi:

l’avvocato Alessandro Pellegrino, per i ricorrenti;

l’avvocato Antonio Alvaro, per il comune controricorrente;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale

Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per la dichiarazione di

inammissibilita’ o, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Mu.Li., nonche’ M.F., G. e A., agirono in giudizio nei confronti del Comune di Locri, cui avevano concesso in locazione un complesso immobiliare destinato ad ospitare una scuola, per ottenere il risarcimento dei danni subiti dal fabbricato nel corso della locazione.

La domanda fu accolta dal Tribunale di Locri, che condanno’ il comune a pagare ai locatori l’importo di Euro 1.965.233,80, oltre accessori.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato tutte le domande degli attori, sul rilievo che il rapporto, sebbene la locazione fosse stata dichiarata cessata con sentenza passata in giudicato, era stato trasferito per legge alla Provincia di Reggio Calabria e l’immobile non era mai stato restituito ai proprietari, onde l’azione non era esperibile.

Ricorrono la Mu. e i M., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Locri.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 1587, 1588 e 1590 c.c. – violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3)”.

Il motivo e’ inammissibile.

La censura in esame e’ fondata sul presupposto che i ricorrenti avrebbero proposto (anche) domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla violazione, da parte dell’ente conduttore, dell’obbligo di cui all’art. 1587 c.c., n. 1 (e cioe’ di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsi della cosa locata), oltre che di quelli derivanti dalla violazione dell’obbligo di cui all’art. 1590 c.c. (e cioe’ di restituirla nel medesimo stato in cui l’aveva ricevuta, salvo il suo normale deterioramento).

La domanda da essi proposta risulta peraltro chiaramente inquadrata dai giudici di merito, sul piano della sua qualificazione giuridica, nella fattispecie di cui all’art. 1590 c.c. e non in quella di cui all’art. 1587 c.c..

Come tale essa risulta accolta in primo grado dal Tribunale di Locri, il quale ebbe a rigettare l’eccezione del comune convenuto, di improponibilita’ della stessa per non essere ancora intervenuta la restituzione dell’immobile locato, sul rilievo che la detenzione dell’ente comunale era comunque di fatto cessata, per il trasferimento alla Provincia della gestione dell’istituzione scolastica ivi allocata.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, senza modificarne espressamente la qualificazione giuridica, si e’ poi limitata a rilevare che il presupposto per la proponibilita’ di tale domanda, costituito dalla avvenuta restituzione del bene locato, non poteva in realta’ ritenersi sussistente, essendo la provincia subentrata nella posizione del comune conduttore (ivi incluse le obbligazioni restitutorie), e non essendo mai avvenuto il rilascio dell’immobile in favore dei locatori.

Questa la effettiva ratio decidendi della pronuncia impugnata, che non risulta specificamente censurata dai ricorrenti ne’ sotto il profilo relativo alla ricostruzione del principio di diritto (che peraltro risulta corretto) per cui la violazione degli obblighi gravanti sul conduttore ai sensi dell’art. 1590 c.c., vanno fatti valere al momento della cessazione del rapporto, con la restituzione della cosa locata, ne’ sotto quello di fatto per cui nella specie tale restituzione non poteva dirsi avere avuto luogo.

I ricorrenti si limitano infatti a denunziare una “inammissibile sovrapposizione dei due distinti piani di operativita’ delle norme in esame” e dunque la violazione dell’art. 1587 c.c., sostenendo che i giudici di merito non avrebbero applicato il principio di diritto per cui l’azione risarcitoria per l’inadempimento degli obblighi previsti da tale ultima disposizione e’ esperibile anche nel corso del rapporto e il proprietario ben puo’ chiedere la rimessione in pristino del bene abusivamente alterato dal conduttore, in violazione di essi, senza essere tenuto ad esperire preventivamente l’azione esecutiva di rilascio.

Risulta pero’ in quest’ottica evidente il difetto di autosufficienza del motivo di ricorso ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto essi avrebbero dovuto indicare e specificamente richiamare il preciso contenuto del proprio originario atto introduttivo, da cui fosse possibile verificare l’assunto per cui era stata proposta la domanda di adempimento degli obblighi previsti dalla disposizione di cui all’art. 1587 c.c., n. 1 e di risarcimento per la loro violazione e non (o non solo) quella relativa alla violazione degli obblighi di cui all’art. 1590 c.c., ovvero eventualmente censurare l’interpretazione della domanda stessa (nei limiti in cui tale censura possa ritenersi ammissibile in sede di legittimita’) da parte dei giudici di merito.

In realta’ l’unico passo dell’atto di citazione espressamente richiamato e riportato nel ricorso e’ contenuto a pag. 7/8 dello stesso, e da esso sembrerebbe doversi evincersi addirittura il contrario di quanto sostenuto dai ricorrenti, in quanto vi e’ un chiaro riferimento alla violazione dell’obbligo di restituire l’immobile nelle condizioni in cui era stato consegnato, e cioe’ proprio all’obbligazione prevista dall’art. 1590 c.c..

L’impossibilita’ di verificare il fondamento della censura avanzata dai ricorrenti ne impedisce l’esame nel merito.

2. Con il secondo motivo del ricorso, i ricorrenti si dolgono del mancato accoglimento del loro appello incidentale.

Il motivo non e’ pero’ rubricato e non contiene alcun riferimento al profilo di censura che si intende far valere nei confronti della sentenza impugnata (ne’ e’ possibile evincerlo con certezza dall’esame del suo contenuto), il che viola la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e impedisce di valutare la fondatezza delle argomentazioni svolte, in quanto esse non risultano specificamente dirette a rappresentare uno dei profili di critica (violazione di legge, nullita’ della sentenza o del procedimento, omesso esame di fatti decisivi) che consentono l’accesso al giudizio di legittimita’, in considerazione dell’ambito limitato e vincolato di esso.

La censura finisce cosi’ per risolversi in una generica richiesta di riesame della decisione di secondo grado, in una sorta di inammissibile terzo grado di giudizio.

Essa e’ pertanto inammissibile.

3. Il ricorso e’ rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto della citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare le spese del presente giudizio in favore del comune controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 25.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Cosi’ deciso in Roma, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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