Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14446 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. II, 30/06/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 30/06/2011), n.14446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO di VIA (OMISSIS) C.F. (OMISSIS) in persona della

Signora T.C., legale rappresentante dell’Amministrazione,

Studio Amministrativo Catania s.n.c, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA POMPONIO LETO 2, presso lo studio dell’avvocato STRONATI

CLAUDIO, che lo rappresenta e difende, come da procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO SACTC SPA (Fall. N. (OMISSIS) del Trib. Di Roma) persona

del

Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO 157, presso lo studio dell’avvocato SAULLE FRANCESCO,

che lo rappresenta e difende, come da procura speciale a margine del

comroricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2126/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2011 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato ANNARITA IACOPINO con delega dell’Avv. CLAUDIO

STRONATI difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Condominio di via (OMISSIS) impugna la sentenza n. 2126 del 2005 della Corte d’appello di Roma, che rigettava il suo appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva parzialmente accolto la sua domanda di pagamento di quote condominiali insolute, svolta nei confronti dell’odierno intimato.

Senza chiarire gli esatti termini della vicenda processuale, il ricorrente articola due motivi di ricorso.

Col primo deduce vizi di motivazione, assumendo che la Corte territoriale avrebbe errato nel non riconoscere il credito vantato dal Condominio con riguardo agli anni precedenti al 1998 per carenza di prova, risultando invece che “i bilanci in questione erano stati regolarmente allegati in atti con i relativi stati di riparto”. In particolare, la Corte avrebbe errato nel far “riferimento al solo fascicolo del primo grado di giudico … dal momento che la documentazione pertinente, ndr venne allegata nel corso del giudizio”. L’esistenza in atti di tale documentazione risultava dalla sentenza di primo grado che vi aveva fatto riferimento. Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice procedura civile perchè il Tribunale prima e la Corte poi non avevano “tenuto conto delle somme portate dal consuntivo regolarmente approvato e prodotto in atti”. La Corte d’appello aveva omesso di considerare che, per effetto del verbale assembleare del 27 aprile 1999 “doveva esser riconosciuto il diritto all’ammissione delle somme portate dal consuntivo al 31 dicembre 1998, proprio perchè tale conto con il relativo riparto risultava regolarmente approvato”. In tale bilancio “erano da considerarsi (…) ovviamente ricomprese anche tutte le somme relative alle gestioni precedenti a quella dell’anno 1998”. Osserva, infine, che i crediti condominiali non erano stati contestati dalla curatela del fallimento.

Resiste con controricorso la curatela fallimento SACIC s.p.a che deduce l’inammissibilità del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, per carenza della necessaria esposizione dei fatti. Sostiene poi l’infondatezza dei motivi, rilevando che il fascicolo di parte non era stato acquisito d’ufficio e che era onere della parte provvedere all’inserimento degli atti in appello. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso, ai limiti dell’ammissibilità per quanto correttamente affermato dal controricorrente, è infondato e va respinto. La Corte di appello di Roma così riassume la vicenda processuale: “Con il ricorso depositato il 31 marzo 2000 il condominio di via (OMISSIS) proponeva opposizione avverso il rigetto dell’istanza di ammissione al passivo del fallimento della SACIC spa, proprietaria di 2 porzioni immobiliari del condominio, per omesso pagamento di oneri condominiali, assumendo esistere prova del credito e da decreto ingiuntivo e dalle delibere dell’assemblea condominiale.

Costituitosi, il fallimento chiedeva il rigetto dell’opposizione. Con la decisione indicata in oggetto il Tribunale ammetteva il credito in prededuzione nella sola misura di f. 17.023.190. Avverso tale decisione proponeva appello il Condominio di via (OMISSIS), con atto notificato il 9.7.2002, chiedendo la riforma della decisione, con l’integrale accoglimento dell’istanza, e deducendo che non era stata chiesta l’ammissione delle somme portate dal decreto ingiuntivo, ma sulla base del consuntivo dell’anno 1998, ritualmente approvato, concludeva che dovevano essere ammesse tutte le somme richieste”.

E così motiva il rigetto dell’appello: “Ad avviso del collegio l’appello è infondato e deve essere disatteso. Deve essere preliminarmente rilevato che parte appellante ha prodotto nel presente giudico di gravame esclusivamente il suo fascicolo di primo grado nel quale sono inseriti, come da indice, una raccomandata del 23.2.2000 (di comunicazione del deposito dello stato passivo) ed il decreto ingiuntivo emesso il 10 aprile 1997, sul quale dichiara di non fondare la propria pretesa. Risulta solo dalla decisione impugnata che è stato approvato dall’assemblea condominiale il bilancio consuntivo della gestione ordinaria del 1998, la gestione straordinaria per lo stesso anno ed il bilancio preventivo per l’anno 1999; tenendo conto di ciò il giudice di primo grado ha ammesso al passivo parte della somma richiesta, ma non si vede come avrebbe potuto ammettere anche le somme pretese per i precedenti anni, in mancanza della prova della loro approvazione nella assemblea (che poteva essere facilmente fornita), nè come possa ritenersi inesatta tale valutazione presumendosi (senza neppure poter esaminare la relativa documentatone) che i conti precedenti siano chiaramente riportati e ricompre si nel bilancio in questione, che non può in alcun modo prescindere da quelli precedenti (così in comparsa conclusionale)”.

A fronte di tale motivazione il ricorrente col primo motivo deduce un vizio di motivazione che non sussiste, posto che con chiarezza la Corte ha fatto riferimento all’assenza della necessaria documentazione probatoria nel fascicolo di parte, circostanza del resto nemmeno contestata dal ricorrente, che assume genericamente, anche in violazione del principio di autosufficienza, che la documentazione in questione risulterebbe “dagli atti”.

Ma anche il secondo motivo è infondato, posto che non sussiste la dedotta violazione di legge, avendo la Corte semplicemente, e correttamente, affermato l’assenza di prova al riguardo.

Risulta, infine, proposta solo in questa sede, perchè non oggetto di specifica menzione nella motivazione del provvedimento impugnato, la prospettazione relativa alla mancata contestazione del debito.

Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 1.500,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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