Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14445 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29881-2019 proposto da:

O.I., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA

della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

RAFFAELE DI MONDA;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO

POLLAIOLO, 5, presso lo studio dell’avvocato DOMITILLA NICOLO’, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2403/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 04/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

O.I. ricorre per la cassazione della sentenza n. 2403-2019 del Tribunale di Napoli, pubblicata il 4 marzo 2019, articolando due motivi.

Resiste con controricorso, illustrato con memoria, Generali Italia S.p.A., nuova denominazione sociale di Ina-Assitalia S.p.A., nella qualità di conferitaria del ramo di azienda Le Assicurazioni Generali S.p.A..

La ricorrente espone in fatto di aver convenuto, dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, la compagnia Le Assicurazioni Generali S.p.A., impresa designata per la Campania per la gestione dei sinistri posti a carico del FGVS, deducendo di essere stata investita, mentre percorreva via (OMISSIS), da un furgone bianco in manovra di retromarcia.

Il Giudice di Pace, con sentenza n. 20038-2016, rigettava la domanda attorea, per contrasto tra le deposizioni rese dai testi e l’esposizione dei fatti contenuta nelle costituzioni in mora e nell’atto di citazione.

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, rigettava l’appello formulato dall’odierna ricorrente, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 1, e per erronea valutazione della deposizione testimoniale e degli atti di causa nonchè per insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto e confermava la sentenza impugnata.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 283, comma 1, lett. A, L. n. 990 del 1969, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., nonchè dell’art. 116 c.p.c..

Oggetto di censura è l’affermazione con cui il giudice d’Appello aveva fatto riferimento alla circostanza che il referto dell’Azienda Ospedaliera dei (OMISSIS) n. (OMISSIS) non menzionasse il fatto che la vittima era stata investita da un’auto non identificata (“non vi è menzione della natura pirata del veicolo investitore e nulla risulta in merito alla circostanza che lo stesso veicolo si fosse dato alla fuga e non fosse stato identificato”). La tesi sostenuta è che, non essendo la denuncia alle autorità di polizia od inquirente – siccome la omessa denuncia – elemento sufficiente a dimostrare che il sinistro sia realmente accaduto – o, al contrario, non accaduto – potendo costituire mero indizio che il giudice è tenuto ad inserire in una valutazione complessiva degli elementi raccolti, comprese le prove testimoniali, per pervenire ad una motivata conclusione circa la veridicità dell’assunto attoreo, nel caso di specie, il Tribunale abbia fatto derivare automaticamente dall’omessa indicazione delle particolarità del sinistro ai sanitari del pronto soccorso l’infondatezza, per inattendibilità della domanda avanzata, senza dare il giusto peso alle dichiarazioni rese dai testi, astrattamente idonee ad assumere valenza decisoria ed a orientare diversamente la decisione giudiziale.

Nella sostanza, il giudice a quo non avrebbe dato il giusto peso alla deposizione testimoniale che, con dovizia di particolari, descriveva la repentinità dell’evento e la fuga dell’investitore e riferiva delle precarie condizioni di salute e dello stato di shock dell’investita che le impedirono di adoperarsi per rilevare il numero di targa.

2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata per omesso esame di fatti decisivi ai fini della decisione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il Giudice d’Appello avrebbe attribuito ai documenti in atti e alle deposizioni testimoniali un significato del tutto diverso da quello desumibile dal loro tenore letterale, incorrendo nel vizio dell’incomprensibilità oggettiva dovuto all’incompletezza delle argomentazioni ed in particolare all’utilizzo di argomentazioni che “potrebbero assumere un significato di esternazione del ragionamento soltanto se costituenti la base per le necessarie argomentazioni successive, ovvero se sviluppate in queste”.

In particolare, il giudice a quo aveva ritenuto le deposizioni rese da L.E. e da D.R.L. insufficienti per l’accertamento dei fatti, risultando generiche, perchè non in grado nè di riferire la dinamica del sinistro nè la natura delle lesioni riportate dall’appellante, oltre a risultare contraddittorie tanto da indurre a dubitare della attendibilità dei testi e della loro effettiva presenza sul luogo del fatto; in aggiunta, aveva ravvisato delle incongruenze tra le quattro lettere di costituzione in mora inviate alla compagnia convenuta, quanto alla descrizione del comportamento tenuto dall’investitore, che ingeneravano dubbi circa il fatto che la danneggiata non fosse stata in grado di identificare il veicolo investitore; le incongruenze riguardavano, secondo la sentenza impugnata, anche la descrizione della dinamica dell’incidente ed del tipo di lesioni riportate contenuta nell’atto di citazione e le lettere di costituzione in mora.

In particolare, la ricorrente censura l’incongruenza ravvisata dal giudice a quo tra le due lettere di costituzione in mora quanto al comportamento dell’investitore dopo l’incidente – le due versioni dell’incidente non sarebbero inconciliabili, ma solo una più dettagliata dell’altra – e quanto alla descrizione delle lesioni riportate – essendo emerso dall’istruttoria che la danneggiata aveva riportato sia trauma contusivo al braccio e alla coscia destra sia trauma contusivo alla spalla ed al ginocchio destro – e lamenta l'”omesso esame di numerosi elementi, discussi tra le parti, assolutamente decisivi ai fini della decisione”.

3. Va in primo luogo dato atto che la controricorrente alle pp. 6 e 7 lamenta di aver ricevuto tramite pec il 3 ottobre 2019 dall’avv. Raffaele Di Monda un ricorso per cassazione per ivi sentir: “I) (…) in accoglimento dei motivi suesposti, cassare l’impugnata sentenza n. 10909/2018 del Tribunale di Napoli (…) nella causa recante rg. 27093/2015, e decidere la causa anche nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p.; II) ovvero, in via gradata, con rinvio per un nuovo esame del merito davanti al Tribunale di Napoli (…); 3) con vittoria di spese (…) con attribuzione al sottoscrittore procuratore antistatario”.

Precisa, “a sostegno di tali conclusioni, erroneamente attribuite ai ricorrenti sig.ri P.C. e C.A. e riferita ad una pronuncia del Tribunale di Napoli del tutto estranea al contenzioso promosso dalla sig.ra O.I., veniva articolato un unico motivo di gravame, con il quale si lamentava la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 238, comma 1, lett. A, L. n. 990 del 1969, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., nonchè dell’art. 116 c.p.c. avendo il Giudice di Appello configurato un inesistente automatismo tra la mancata indicazione della omissione di soccorso ai sanitari che la ebbero in cura ed il rigetto della domanda, senza tener in alcun conto la deposizione testimoniale ove emergeva con chiarezza il verificarsi del sinistro e la repentina fuga del veicolo investitore, nonchè di una regolare denuncia per omissione di soccorso contro ignoti nella medesima data del sinistro”.

Nella sostanza, le conclusioni del ricorso si riferirebbero ad un altro provvedimento e ad altre parti ricorrenti; la procura risulterebbe riferita ad altri ricorrenti, benchè in allegato alla medesima Pec contenente la notifica del ricorso fosse contenuta una autonoma procura diversa da quella spillata al ricorso con i corretti riferimenti soggettivi – O.I., come conferente – ed oggettivi – la sentenza del Tribunale di Napoli n. 2403/2019 -.

Secondo la controricorrente, la parte motiva del ricorso si riferirebbe alla sentenza corretta.

Tuttavia, così non è, perchè il ricorso per cui è causa è basato su due motivi e non già su uno solo, non consta di 19 pagine seguite da procura, bensì di 29 pagine seguite da procura.

Generali Italia S.p.A. si è difesa relativamente ad un solo motivo, verosimilmente coincidente con la parte motiva del ricorso proposto da P.C. e C.A. avverso la sentenza n. 10909/2018 del Tribunale di Napoli, ritenendo, evidentemente a torto, che il ricorso notificatole contenesse solo un erroneo riferimento delle conclusioni di un altro ricorso.

Rilevata tale discrepanza tra il ricorso notificato e quello depositato, il Collegio ritiene che essa rivesta carattere sostanziale, che abbia impedito effettivamente al destinatario della notifica la completa comprensione dell’atto e, quindi, che abbia leso il suo diritto di difesa, rendendo incerto il contenuto del ricorso, com’è dimostrato dal fatto che la replica della controricorrente non è puntuale rispetto ai motivi di gravame proposti con il ricorso.

Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 30/10/2019, n. 27798), il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

4. Mette appena conto rilevare che il ricorso sarebbe stato inammissibile anche indipendentemente da quanto appena rilevato.

L’illustrazione a supporto del primo motivo non ha messo bene a fuoco la ratio decidendi della statuizione impugnata. Le censure mosse alla sentenza, infatti, risultano per più versi eccentriche:

– la sentenza ha sottolineato alle pp. 5 e 7 che alla presentazione della querela nella stessa data del sinistro non può attribuirsi “una sorta di efficacia probatori automatica, nel senso che il sinistro sia senz’altro riconducibile alla fattispecie astratta di cui alla L. 24 dicembre 1969, art. 19, comma 1, lett. a)” e non ha mai dato prova di avere preteso dalla ricorrente la denuncia dell’omissione di soccorso ai sanitari del pronto soccorso, facendone automaticamente discendere l’infondatezza della domanda avanzata.

Al contrario, proprio facendo corretta applicazione dello stesso insegnamento giurisprudenziale invocato dalla ricorrente (p. 17 del ricorso), ha proceduto alla valutazione complessiva delle risultanze processuali demandata al giudice di merito, individuando una pluralità di incongruenze circa la descrizione della dinamica del sinistro e delle circostanze dalle quali dedurre la natura pirata dell’auto che, puntualmente indicate e inserite in un lineare iter logico-giuridico, l’hanno indotta a ritenere infondata la domanda.

La censura della ricorrente tutt’al più si sostanzia in una inammissibile richiesta di nuovo accertamento dei fatti di causa, giustificata unicamente dall’aspirazione ad ottenere un diverso esito della controversia: infatti, non è sorretta da alcuna argomentazione da cui possa evincersi la ricorrenza dell’error in iudicando attribuito alla sentenza – il D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 283, comma 1, lett. a, è indicato nella epigrafe del motivo, ma è del tutto trascurato nella illustrazione del motivo di ricorso -; la violazione dell’art. 116 c.p.c. può essere fatta valere in presenza di presupposti nel caso di specie mancanti (cfr. per tutti Cass. 10/06/2016, n. 11892); l’omesso esame di prove testimoniali non è riconducibile alla categoria logica del vizio denunciato e comunque la censura è formulata senza il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 (basta rilevare che non dà neppure conto dei capitoli di prova richiesti).

Il secondo motivo incorre nella preclusione processuale di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c., e, comunque, si concretizza anch’esso in una richiesta di diversa valutazione delle prove – peraltro neppure specificamente menzionate (solo a p. 27 si fa un generico riferimento a quanto riferito dal teste D.R., in ordine alle lesioni asseritamente riportate nell’incidente) – che si colloca pacificamente all’esterno del perimetro del sindacato di legittimità.

5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che la rilevata discrepanza tra il ricorso depositato e quello notificato imputabile all’avv. Raffaele di Monda debba essere segnalata al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

6. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, dispone la segnalazione della rilevata discrepanza tra il ricorso depositato e quello notificato imputabile all’avv. Raffaele di Monda al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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