Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14445 del 09/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 09/06/2017, (ud. 10/05/2017, dep.09/06/2017),  n. 14445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.n.c., in persona del l.r.p.t., nonchè C.A. e

R.G.L., rappr. e dif. dall’avv. Aldo Melchionda, elett.

dom. in Roma, presso lo studio dell’avv. Rita Passannante, in via

Tembien n. 41, come da procura in calce all’atto;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.n.c., nonchè C.A. e

R.G.L., in persona del curatore fall. p.t.; ESPRINET s.p.a.; BANCA

APULIA s.p.a.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza App. Potenza 23.12.2010, n. 299/10

in R.G. n. 158/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 10 maggio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. La società (OMISSIS) S.N.C., nonchè i suoi soci illimitatamente responsabili C.A. e R.G.L. impugnano la sentenza App. Potenza 23.12.2010 n. 158/10 con cui è stato respinto il loro reclamo avverso la sentenza Trib. Potenza 9.4.2010 n. 12, già dichiarativa del proprio fallimento, in ciò ritenendo la insussistenza delle denunciate irregolarità del contraddittorio nella fase prefallimentare ed invero la sussistenza dei presupposti oggettivi dell’insolvenza;

2. la corte dava atto che la iniziale anticipazione dell’udienza fissata L. Fall., ex art. 15, era stata superata dal ripristino della data originaria, a seguito della riunione di due istanze di fallimento, conosciute da società e soci, che erano stati messi in condizione di costituirsi e difendersi;

3. quanto al merito dell’insolvenza, la società era stata messa in liquidazione dal febbraio del 2010 e sul punto era stata compiuta la verifica negativa, per come condotta sulla debitrice, circa la idoneità dell’attivo ad “assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali”, tenuto conto che con la cessione dei rami aziendali mancava un patrimonio sociale proprio e, in ogni caso, anche gli immobili dei soci erano gravati da pesi, nemmeno peraltro essendo configurabile il rinvio all’escussione di garanzia e ai suoi esiti per accertare il requisito della L. Fall., art. 5.

4. con due motivi, i ricorrenti fanno valere la violazione di legge in particolare quanto alla L. Fall., art. 15 (con censura anche per la motivazione): a) avuto riguardo alla mancata notifica al R. del secondo ricorso di fallimento e della ridisposta fissazione dell’udienza originaria, per la quale unicamente aveva avuto notifica, tuttavia apprendendo da un accesso in cancelleria della sua anticipazione; b) quanto all’altro socio C. e alla società, perchè era stato assegnato, sul secondo ricorso, un termine di soli due giorni; circa la L. Fall., art. 5, altresì deducendo il vizio di motivazione, la sentenza sarebbe errata ove: c) non ha considerato sia i beni mobili della società, sia la possibile messa a disposizione da parte dei soci del loro patrimonio in favore dei creditori sociali.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo motivo adduce una violazione complessa senza peraltro la prospettazione di quale diversa difesa i falliti avrebbero meglio o efficacemente sviluppato, nè ora inquadrano in modo censorio netto il vizio della notifica, bensì solo quello del termine abbreviato; in ciò, il motivo non può essere accolto, contrastando con pacifici indirizzi di questa Corte per i quali, in primo luogo, “nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, il mancato rispetto del termine di quindici giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del decreto di convocazione del debitore e la data dell’udienza (come previsto dalla nuova formulazione della L. Fall., 15, comma 3) e la sua mancata abbreviazione nelle forme rituali del decreto motivato sottoscritto dal presidente del tribunale, previste dalla L. Fall., art. 15, comma 5, costituiscono cause di nullità astrattamente integranti la violazione del diritto di difesa, ma non determinano – ai sensi dell’art. 156 c.p.c., per il generale principio di raggiungimento dello scopo dell’atto – la nullità del decreto di convocazione se, il debitore, pur eccependo la nullità della notifica, abbia attivamente partecipato all’udienza, rendendo dichiarazioni in merito alle istanze di fallimento, senza formulare, in tale sede, rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, nè fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile.” (Cass. 14814/2016);

2. parimenti, va ripetuto che “anche a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, nel procedimento per dichiarazione di fallimento al debitore, cui sia stato regolarmente notificato il ricorso nel rispetto delle forme previste dalla legge, non devono essere necessariamente notificati i successivi ricorsi che si inseriscano nel medesimo procedimento, avendo egli l’onere di seguire l’ulteriore sviluppo della procedura e di assumere ogni opportuna iniziativa in ordine ad essa, a tutela dei propri diritti. Pertanto, la circostanza che il fallimento venga dichiarato su istanza di un creditore diverso rispetto a quello da cui proviene la notificazione del ricorso non lede il diritto di difesa, a meno che il debitore non deduca di non essere stato in grado di allegare tempestivamente circostanze idonee a paralizzare l’istanza ulteriore e diversa rispetto a quella che gli era stata tempestivamente notificata.” (Cass. 24968/2013, 98/2016);

3. quanto al secondo motivo, se ne osserva l’inammissibilità, in quanto per un verso lo stesso ricorrente non contesta il principio per cui, in caso di insolvenza della società in liquidazione, la commisurazione delle poste dell’attivo va riferita al passivo della medesima società (Cass. 25167/2016), dunque al solo patrimonio della debitrice attinta dalle istanze di fallimento (Cass. 6852/1992); il riferimento al contributo di liquidità che potrebbe provenire dai soci (nella specie, illimitatamente responsabili e al fine di evitare il fallimento individuale) non potrebbe fungere da elemento attivo di necessaria commisurazione se non già tradottosi in provvista a disposizione della società ed esattamente per il pagamento dei debiti sociali; in difetto, le regole esecutive che assistono l’escussione dei rispettivi patrimoni opererebbero in una nuova regola rigida gravante sulla liquidazione della società, che del tutto illogicamente sarebbe ammessa a far valere la durata, l’incertezza e gli esiti di concorso delle liquidazioni sui patrimoni dei soci come condizioni al cui solo esaurimento vi sarebbe lo scrutinio della insolvenza della società medesima, che invece è l’unico elemento oggettivo richiesto per il suo fallimento, essendo indifferente (ai sensi della L. Fall., artt. 1, 5 e 147, ed altresì del sistema delle revocatorie, per la L. Fall., artt. 66 e segg.) se i singoli soci passibili di fallimento per ripercussione siano altresì insolventi in proprio;

4. per altro verso si invoca, senza assolvere ad alcun parametro redazionale di specificità del ricorso, il difetto di ponderazione di beni mobili indicati in un allegato, solo genericamente richiamati e, soprattutto, al di fuori di una qualunque apprezzabile relazione di decisività al fine di incrinare il predicato di sicura incapienza cui sono giunti i giudici di merito;

5. per altra parte ancora ed infine lo stesso motivo è inammissibile anche laddove ipotizza un indistinto soccorso dei soci a vantaggio della società e per fronteggiare i debiti di questa, reclamando niente più che un’ipotesi astratta, anch’essa estranea ai requisiti di censura della ricostruzione logica del fatto per come evidenziati in motivazione;

6. il ricorso va pertanto rigettato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2017

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