Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14435 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14435 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 7352-2007 proposto da:
MAPCO ENGINEERING ITALIA SRL, IN PERSONA DEL SUO
LEGALE RAPP.TE P.T. P.I. 04155820154, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo
studio dell’avvocato VASSALLI FRANCESCO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
2013

PAPPALARDO FRANCESCO, PACCOIA MARIO;
– ricorrente –

467

contro

BIESSE DI SALMASO GIANFRANCO SAS;
– intimata –

Data pubblicazione: 07/06/2013

sul ricorso 10873-2007 proposto da:
BIESSE DI SALMASO GIANFRANCO SAS, IN PERSONA DEL SUO
SOCIO ACCCOMANDATARIO P.I.07415090013, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 7 INT 15,
presso lo studio dell’avvocato TROVATO CONCETTA M
RITA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CAMERANO MARIO;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

MAPCO

ENGINEERING

ITALIA

SRL,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo
studio dell’avvocato VASSALLI FRANCESCO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
PAPPALARDO FRANCESCO, PACCOIA MARIO;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 519/2006 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 27/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/02/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Trovato Concetta difensore della
controricorrente e ricorrente incidentale che ha
chiesto il rigetto del ricorso principale e
l’accoglimento delle difese depositate ibn atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per la

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riunione dei ricorsi,

il rigetto del ricorso

principale e dei primi tre motivi del ricorso

incidentale, assorbito il quarto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 17/12/1999 BIESSE s.r.l. agiva in via
monitoria nei confronti di MAPCO ENGINEERING ITALIA
s.r.l.

(d’ora innanzi semplicemente Mapco) per il

pagamento di tre fatture per complessive lire

di opere eseguite in esecuzione di un contratto di
subappalto, riservandosi di agire in altro giudizio per
il pagamento di altre fatture.
Il conseguente decreto ingiuntivo era opposto da Mapco
con citazione del 29/2/2000.
Mapco

non contestava il contratto di subappalto, ma

contestava che fosse intervenuto un accordo sul
corrispettivo e contestava il sistema di contabilità
applicato per la remunerazione dell’appaltatore con
particolare riferimento al prezziario applicabile e al
coefficiente di adeguamento dei corrispettivi per
effetto della variazione dell’indice ISTAT.
Il Tribunale di Torino con sentenza del 2/5/2005,
all’esito di CTU, individuato il prezziario applicabile
e il suo coefficiente di adeguamento, condannava Mapco
a pagare, a saldo, la somma di euro 234.750,31 ed
escludeva che BIESSE si fosse resa inadempiente.

3

344.980.000 emesse per il pagamento del corrispettivo

Mapco proponeva appello con dieci motivi, al quale
resisteva BIESSE proponendo appello incidentale.
La Corte di Appello di Torino con sentenza del
27/3/2006 rilevava che v’era accordo sul prezziario
Montedison 1981, ma disaccordo sul coefficiente di

accordo delle parti sul corrispettivo,
dell’art.
applicando

1657
il

(corrispondente

c.c.

determinava

coefficiente
alla

media

di

il

ai sensi

corrispettivo

adeguamento

aritmetica

tra

3.2
il

coefficiente 2,8 proposto dal committente e il
coefficiente 3,6 proposto dal subappaltatore: v. pag.
54 della sentenza) per aggiornare i valori del 1980 (ai
quali faceva riferimento il prezziario del 1981)
all’andamento dell’indice ISTAT dei prezzi dei
materiali e della mano d’opera, come già ritenuto dal
primo giudice sulla base della CTU (pag. 18 e 53 della
sentenza di appello).
La Corte di merito inoltre:
– riteneva applicabile il prezziario relativo ai lavori
di montaggio e non quello per i lavori a constatazione
(basato sul numero delle ore impiegate);
– non applicava l’ulteriore incremento del 20% sul tale
coefficiente, nonostante l’indicazione della CTU;

4

adeguamento; ciò premesso e dato atto della mancanza di

- dichiarava inammissibile la domanda di BIESSE di
considerare, ai fini del compenso, anche le ulteriori
fatture per le quali aveva fatto riserva nel ricorso
per decreto ingiuntivo; la Corte la qualificava come
domanda riconvenzionale dell’attore che aveva agito in

– rigettava, per mancata prova del danno, la domanda
riconvenzionale

di

subappaltatrice

al

Mapco

di

risarcimento

condanna
per

della

l’asserito

inadempimento di un ulteriore contratto di subappalto.
In conclusione,rideterminava in euro 32.965,34 il
residuo credito della subappaltatrice osservando che il
pagamento dell’iva era dovuto sul capitale netto e
condizionato alla prova della sua corresponsione.
Mapco ha proposto ricorso affidato a quattro motivi.
BIESSE resiste con controricorso e propone ricorso
incidentale affidato a quattro motivi.
Motivi della decisione.
Preliminarmente si deve disporre la riunione del
ricorso principale e di quello incidentale ai sensi
dell’art. 335 c.p.c.
1. Quanto alla formulazione dei motivi di ricorso
principale e di quello incidentale si devono premettere
alcune

considerazioni

di

5

carattere

generale

da

via monitoria e inammissibile per tale ragione;

intendersi richiamate laddove il singolo motivo verrà
dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 366
bis c.p.c.
La sentenza della Corte di Appello di Torino è stata
depositata il 27/3/2006 e pertanto il ricorso doveva

rispetto della norma di cui all’art. 366 bis. c.p.c.
(introdotto dall’art. 6 del d.Lgs. n. 40 del 2006 e
applicabile

alle

controversie

nelle

quali

il

provvedimento impugnato con ricorso è stato pubblicato
o depositato a decorrere dal 2 marzo 2006) la quale
prevedeva che nel caso previsto dall’art. 360

primo

comma n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere,
a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del
fatto controverso in relazione al quale la motivazione
si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni
per le quali la dedotta insufficienza della motivazione
la rende inidonea a giustificare la decisione.
L’abrogazione dell’art. 366-bis c.p.c. (intervenuta ai
sensi dell’art. 47 della citata legge n. 69 del 2009)
diventata

i

efficace per

ricorsi

avanzati

con

riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente
alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli
proposti antecedentemente (ma dopo l’entrata in vigore

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essere proposto, a pena di inammissibilità, nel

del d. lgs. n. 40 del 2006) la norma

è da ritenersi

ancora applicabile (Cass. 24/03/2010 n. 7119).
2. Con il primo motivo del ricorso principale Mapco
s.r.l. censura la sentenza della Corte di Appello per
vizio motivazione relativamente:

avrebbe dovuto essere determinata nell’importo di lire
265.034.340 (come risultante dai conteggi di Biesse),
ma in lire 208.847.304 come stabilito dal CTU;

all’affermazione secondo la quale essa ricorrente

avrebbe assunto quel valore a base di calcolo;
– alle ragioni (in tesi non esplicitate) per le quali
si sarebbe discostata da quanto accertato dal CTU.
1.2 Il motivo è inammissibile per la mancanza del
della

requisito

chiara

indicazione

del

fatto

controverso in relazione al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per
le quali la dedotta insufficienza della motivazione la
rende inidonea a giustificare la decisione.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il
motivo

di

ricorso per

contraddittoria
dell’art.360,

omessa,

motivazione,
comma

1,

n.5,

insufficiente

proposto
c.p.c.,

o

ai

sensi

deve

essere

accompagnato da un momento di sintesi che ne

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– alla base di calcolo dei lavori a misura che non

circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; il
motivo, cioè, deve contenere – a pena d’inammissibilità
un’indicazione riassuntiva e sintetica, che

del motivo e che consenta al giudice di valutare
immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass. S.U.
20/05/2010 n. 12339).
Nella specie,

non solo manca

“graficamente”

il

cosiddetto quesito di fatto, ma il motivo è formulato
in modo apodittico, semplicemente assertivo (tanto da
potere essere inteso quale inammissibile denuncia di un
errore di fatto della Corte di Appello, piuttosto che
come vizio di motivazione) senza che siano riportate
con specificità le ragioni “tecniche” per le quali il
CTU avrebbe determinato il minor valore assunto a base
di calcolo, senza che sia indicato se il CTU abbia
calcolato gli importi al netto o al lordo dell’iva,
senza che sia indicato come e in quali sedi processuali
Mapco avrebbe invece contestato il calcolo di BIESSE
contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello
(v. pag. 58 della sentenza di appello).

8

costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione

Per tali ragioni non è neppure possibile individuare,
con una interpretazione ermeneutica, il momento di
sintesi nel mero richiamo alla giurisprudenza di questa
Corte che ravvisa il vizio di motivazione nei casi in
cui il giudice si discosti senza motivazione alcuna

2. Con il secondo motivo del ricorso principale Mapco
s.r.l. deduce cumulativamente il vizio di motivazione e
la violazione o falsa applicazione di norma di diritto,
senza indicare quale sarebbe la norma violata.
La ricorrente assume che la Corte di Appello ha
giudicato e calcolato il corrispettivo anche con
riferimento a due fatture che non potevano essere
azionate, malgrado avesse ritenuto fondata l’eccezione
di inammissibilità della riconvenzionale per le fatture
non azionate; la Corte territoriale, invece, avrebbe
dovuto detrarre dall’importo dei lavori quelli oggetto
delle fatture non azionate, così risultando un credito
di Mapco e non un debito.
La ricorrente formula un quesito di diritto così
testualmente formulato

“Sulla illegittimità della

corretta enunciazione, ma sua successiva mancata
applicazione anche nella parte motiva della sentenza
del principio secondo il quale è inammissibile la

9

dalle conclusioni del CTU.

domanda riconvenzionale proposta dal convenuto opposto
nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo”.
2.1 Occorre premettere che BIESSE aveva chiesto e
ottenuto decreto ingiuntivo per il pagamento delle
fatture 31/7/1999 n. 356, 31/8/1999 n. 407 e 30/9/1999

complessivo importo di lire 344.980.000, mentre la
Corte di Appello ha radicalmente ridotto il credito
liquidandolo in euro 32.965,34 (pag. 58 della sentenza
di appello).
Il motivo si fonda sul presupposto che la Corte di
Appello abbia considerato, nel calcolo del dovuto,
anche il credito derivante dai lavori di cui alle
fatture n. 483 del 31/10/1999 e n. 548 del 30/11/1999,
azionate con domanda riconvenzionale che la Corte
territoriale aveva ritenuto inammissibile.
Tuttavia questa modalità di determinazione del credito
non risulta dalla sentenza della Corte di Appello che,
al contrario, ha espressamente dichiarato
l’inammissibilità della domanda riconvenzionale
relativa alle due suddette fatture e, per quanto
attiene alle fatture azionate, ha individuato, come
base di calcolo l’importo per i lavori a misura

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n. 449 (pag. 42 della sentenza di appello) per il

calcolato da BIESSE e assunto anche da Mapco come base
di calcolo (pag. 58 della sentenza appellata).
Pertanto, quanto al vizio di motivazione, il motivo di
ricorso,

carente del momento di sintesi ex art. 366

bis c.p.c. e non pertinente rispetto alla ratio

Con riferimento al vizio di violazione di legge il
motivo è parimenti inammissibile perché non è indicata
la norma di diritto pretesamente violata (come invece
prescritto dall’art. 366 n. 4 c.p.c.) e perché
fondato sul presupposto di una contraddizione che viene
ravvisata nell’enunciazione di un principio di diritto
e

nella

sua

mancata

applicazione,

ma

tale

contraddizione non è in alcun modo desumibile dalla
motivazione della sentenza.
3. Con il terzo motivo del ricorso principale Mapco
s.r.l. deduce la violazione o falsa applicazione norme
di diritto quanto al mancato riconoscimento dei danni,
anche in via equitativa, per l’inadempimento della
subappaltatrice la quale non aveva dato esecuzione al
già concluso contratto avente ad oggetto la
realizzazione di un impianto
scambiatore.

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reattore e uno

decidendi della sentenza impugnata, è inammissibile.

La ricorrente assume che i danni sarebbero costituiti
dall’interruzione dei rapporti tra Mapco e la società
LIRI Industriale la quale avrebbe sospeso a Mapco ogni
pagamento a causa della mancata realizzazione dei
suddetti impianti.

utilizzando i progetti Mapco, ma quest’ultima non
avrebbe ricevuto gli importi che avrebbe dovuto
ricevere dal contratto con LIRI; proprio con
riferimento all’utile che presumibilmente Mapco avrebbe
ricavato da quel contratto, sarebbe stata richiesta la
somma di lire 200.000.000 e, in ogni caso, essendo
stati forniti utili elementi per la prova
dell’esistenza del danno, questo avrebbe potuto essere
liquidato con i criteri equitativi dell’art. 1226 c.c.
A conclusione dell’illustrazione del motivo la società
ricorrente formula un quesito del seguente letterale
tenore:
“al sensi dell’art. 1226 c.c., nel caso in cui sia
impossibile ovvero estremamente difficoltosa la precisa
determinazione del danno, esso deve essere liquidato
dal giudice con valutazione equitativa sulla base di
tutte le circostanze utilmente dedotte dal richiedente

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Biesse avrebbe poi realizzato per LIRI gli impianti

ed al

fini del completo ristoro della parte

contrattualmente lesa”.
3.1 n motivo è, al pari del quesito, inammissibile in
quanto la Corte di Appello ha ritenuto di non potere
procedere ad una liquidazione equitativa del danno ai

la difficoltà della prova del danno nel suo preciso
ammontare, ma perché ha ritenuto del tutto mancante la
prova del verificarsi di un danno, ossia perché era
mancante la prova dell’an debeatur.
Nella

sentenza

tale

percorso

argomentativo

chiaramente espresso e questa ratio decidendi non viene
attinta dal motivo (per ciò inammissibile), se non in
via del tutto generica con il riferimento ad un
presunto utile che sarebbe derivato da un contratto
concluso con la società LIRI.
Il quesito è inadeguato sia perché non è pertinente
rispetto alla suddetta

ratio decidendi,

sia perché è

meramente ripetitivo della norma codicistica e vi si
afferma un principio pacifico e dal quale la Corte di
Appello non si è discostata affermando che il
presupposto per la liquidazione equitativa del danno è
la prova che un danno sussista.

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sensi dell’art. 1226 c.c. non già per l’impossibilità o

Tale motivazione è coerente con i principi già
affermati da questa Corte secondo i quali
cagionato

dall’inadempimento

conseguenza

diversa

ed

contrattuale,
ulteriore

il danno
essendo
rispetto

all’inadempimento contrattuale deve essere provato dal

di colpevolezza dell’inadempimento, infatti, non
modifica l’onere della prova che incombe sulla parte
che abbia agito per l’accertamento di tale
inadempimento,

allorchè

si

tratti

di

accertare

l’esistenza del danno e il nesso causale tra
l’inadempimento e il danno e il relativo onere
probatorio non è diverso da quello incombente su colui
che faccia valere una responsabilità extracontrattuale
(cfr. Cass. 10/10/2007 n. 21140; Cass. 18/3/2005 n.
5960).
4. Con il quarto motivo del ricorso principale Mapco
s.r.l. deduce il vizio di motivazione quanto alla
liquidazione delle spese legali da parte della Corte di
Appello.
La ricorrente sostiene che la Corte territoriale, pur
avendo affermato, in motivazione, che le spese della
fase monitoria dovevano rimanere a carico di BIESSE che
vi aveva dato causa agendo in via monitoria per il

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danneggiato; l’art. 1218 c.c., che pone una presunzione

pagamento di una somma molto superiore al suo effettivo
credito, avrebbe, invece, liquidato a favore di BIESSE
anche le spese della fase monitoria, ancorché nella
misura del 30%.
4.1 n motivo, privo di precisi richiami ai contenuti

inammissibile perché totalmente carente del momento di
sintesi ex art. 366 bis c.p.c.
***

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale la
società BIESSE deduce il vizio di motivazione la
violazione falsa applicazione norma di diritto e in
particolare dell’art. 1657 c.c.
La

ricorrente

lamenta

la

mancata

applicazione

dell’incremento del 20% sul coefficiente di adeguamento
incremento che era stato invece riconosciuto dal CTU in
ragione di presumibili aggravi economici sui lavori per
effetto di varianti e di demolizioni e rifacimenti
dovuti a carenze progettuali di Mapco. La ricorrente
incidentale chiede, quindi, il riconoscimento del
coefficiente 3.8 e l’applicazione della maggiorazione
IVA sul valore dei lavori eseguiti o l’importo
risultante dalla moltiplicazione delle ore lavorate per
il valore (lire 40.000) di ciascuna ora di lavoro

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delle statuizioni del giudice di primo grado,

assumendo che le ore di lavoro non si riferiscono ai
soli lavori a constatazione, ma a tutte le opere
eseguite.
Formulando il quesito di diritto la ricorrente
incidentale chiede a quali criteri debba attenersi il

dell’appalto ai sensi dell’art. 1657 c.c. e se ai fini
della predetta determinazione debba tenere conto dei
riscontri istruttori, segnatamente delle conclusioni
del CTU e delle deposizioni testimoniali, o se possa
discostarsene e, in quest’ultimo caso, se sia tenuto a
dare congrua motivazione.
Il quesito di diritto è inammissibilmente astratto
laddove si chiede se ai fini determinazione del
corrispettivo dell’appalto il giudice debba tenere
conto dei riscontri istruttori, delle conclusioni del
CTU e delle deposizioni testimoniali, o se possa
discostarsene e, in quest’ultimo caso, se sia tenuto a
dare congrua motivazione.
I principi che questa Corte dovrebbe affermare, secondo
il quesito sono assolutamente pacifici, ma la
affermazione di tali principi è inidonea ad assumere
qualsiasi rilevanza ai fini della decisione del motivo,

16

3L

giudice nella determinazione del corrispettivo

sì che una formulazione in tal modo del quesito di
diritto equivale ad un’omessa formulazione.
La norma, infatti, impone al ricorrente di chiarire con
il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza
impugnata in relazione alla concreta controversia ed

situazione di fatto a fronte della quale il giudice si
sarebbe discostato dai principi di diritto enunciati.
Passando all’esame dei fatti esposti nel motivo e alla
censura della motivazione si deve osservare che,
contrariamente a quanto affermato nel motivo, la Corte
di Appello ha fornito convincente motivazione delle
ragioni per le quali ha ritenuto di non condividere le
conclusioni del CTU il quale aveva riconosciuto
l’incremento del 20%

(necessità di demolizioni e

rifacimenti per il 15% ed esigenza di integrare
progetti forniti da Mapco per il 5%).
La

Corte

territoriale

ha

infatti

rilevato

che

incertezze, ritardi e rifacimenti erano connaturati al
tipo di prestazione dedotta nel contratto di subappalto
perché si dovevano considerare le esigenze della
committente LIRI che verificava passo per passo il
progetto; a tale riguardo, la Corte di merito ha

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invece viene completamente omessa nel quesito la

valorizzato la testimonianza del Varotti (v. pagg. 54 e
55 della sentenza di appello).
Le ulteriori censure, relative alla maggiorazione
dell’IVA e al calcolo del compenso per le ore lavorate,
sono inammissibilmente formulate per affermazioni

istruttorie e difese svolte che siano riprodotte,
seppure

in

sintesi,

onde

verificare

l’effettiva

esistenza di una omessa o insufficiente motivazione.
In conclusione, per le ragioni sopra enunciate, il
motivo di ricorso deve essere rigettato in quanto in
parte inammissibilmente formulato e in parte infondato.
6. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la
società BIESSE deduce il vizio di motivazione con
riferimento all’esclusione del compenso per i lavori a
constatazione in ordine ai quali la Corte di Appello
avrebbe ingiustamente ritenuto la mancanza di prova sia
di

un

incarico,

sia

dell’esecuzione,

sia

della

constatazione.
6.1 Il motivo è formulato con richiami generici a
documenti versati nel giudizio di merito (200 rapporti
Mapco) dei quali non si riportano gli esatti contenuti,
alla CTU e a stralci di una deposizione testimoniale;
da tali generici richiami si dovrebbe trarre il

18

apodittiche senza specifici riferimenti a risultanze

convincimento che la motivazione della Corte di Appello
(che ha specificato che in contestazione erano solo i
lavori di montaggio per i quali era prevista solo
l’applicazione

del

prezziario,

così

delimitando

l’oggetto del contendere: v. pag. 56 della sentenza)

L’illustrazione

del

motivo

così

genericamente

formulato, non contiene il momento di sintesi
prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis
comma 2 c.p.c. applicabile

ratione temporis e che deve

necessariamente costituire un quid pluris rispetto alla
mera illustrazione del motivo (Cass. sez. un.
1/10/2007, n. 20603; Cass. 7/4/2008 n. 8897 Ord; Cass.
19/5/2011 n. 11019).
Il motivo, quindi, non rispetta il requisito minimo di
ammissibilità.
7. Con il terzo motivo del ricorso incidentale la
società BIESSE deduce la violazione dell’art. 183 comma
4 e 645 c.p.c. per la ritenuta inammissibilità della
domanda proposta in comparsa di costituzione e risposta
dall’ingiungente nel giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo.
La ricorrente incidentale lamenta che illegittimamente
la Corte di Appello avrebbe ritenuto l’inammissibilità

19

sarebbe omessa, insufficiente o contraddittoria.

della domanda diretta a ottenere il pagamento delle
fatture scadute successivamente alla concessione del
decreto ingiuntivo opposto mentre l’art. 183 comma 4
c.p.c., nella formulazione antecedente alla riforma di
cui al D.L. n. 35/05 conv. in L. n. 80/2005,
ratione temporis,

consentiva all’attore,

nella prima udienza di trattazione, di proporre le
domande

che

fossero

conseguenza

della

domanda

riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal
convenuto; tale facoltà doveva essere riconosciuta
anche al convenuto opposto nella sua qualità di attore
sostanziale perché Mapco aveva proposto domande da
qualificarsi come riconvenzionali (restituzione di
somme,
l’attrice

risarcimento
BIESSE

danni)
si

rispetto

trovava

nella

alle

quali

condizione

sostanziale di convenuta.
La ricorrente incidentale, formulando il quesito di
diritto, chiede:
– quali siano i presupposti perché venga dichiarata
l’inammissibilità della domanda riconvenzionale
proposta dal convenuto opposto nel giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo;
– se in base al disposto degli artt. 183 comma 4 c.p.c.
(nel testo anteriore all’entrata in vigore del D.L.

20

applicabile

35/2005) e 645 c.p.c. l’inammissibilità della domanda
possa essere pronunciata anche nel caso in cui parte
attrice in opposizione abbia proposto domande
riconvenzionali o eccezioni fondate su un titolo
diverso da quello dedotto nel ricorso per ingiunzione;

opposto per ottenere il pagamento di fatture scadute
successivamente alla pronuncia del decreto ingiuntivo
debba dichiararsi inammissibile anche nel caso in cui
le domande e/o le eccezioni di parte attrice in
opposizione abbiano investito il rapporto contrattuale,
in forza del quale le fatture furono emesse, nella sua
globalità.
7.1 Il motivo è infondato e i quesiti non sono
pertinenti dovendosi escludere la natura di
riconvenzionale alla domanda proposta tardivamente da
BIESSE e la possibilità di considerarla come domanda
proposta in conseguenza delle domande proposte da
Mapco.
In ordine ai principi di diritto applicati, la Corte di
Appello dichiaratamente aderisce (v. pag. 62 della
sentenza di appello) alla giurisprudenza più che
consolidata di questa Corte regolatrice secondo la
quale nell’ordinario giudizio di cognizione introdotto

21

– se la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto

dalla

opposizione

l’opponente,

nella

a
sua

decreto
posizione

ingiuntivo,
sostanziale

solo
di

convenuto, può proporre domande riconvenzionali e non
anche l’opposto, che incorrerebbe nel divieto di
proporre domande nuove, salvo il caso in cui, per

la parte opposta venga a trovarsi nella posizione
processuale di convenuto al quale, rispetto alla
pretesa di controparte non può negarsi il diritto di
difesa mediante

reconventio reconventionis

(cfr., tra

le tante, Cass. 5/6/2007 n. 13086).
Pertanto la pronuncia di inammissibilità della domanda
implica che la domanda proposta da BIESSE non è stata
ritenuta dalla Corte di Appello domanda
riconvenzionale, ma domanda nuova.
Questa ratio decidendi non è stata impugnata sotto il
profilo del vizio di motivazione.
Nel motivo sono bensì sviluppati argomenti diretti a
valorizzare le domande formulate dall’opponente Mapco,
aventi ad oggetto la domanda di restituzione somme e
risarcimento danni, per accreditare la tesi della
natura riconvenzionale della domanda ritenuta
inammissibile, ma

questi argomenti (peraltro non

22

effetto di una riconvenzionale proposta dall’opponente,

i.

prospettati come vizio di motivazione della sentenza
impugnata) non colgono nel segno.
Infatti,
BIESSE

le domande proposte dall’attrice società
e

che

questa vorrebbe qualificare

come

riconvenzionali rispetto alla riconvenzionale

collegate:
– né con la domanda proposta da Mapco che si era
limitata a richiedere la restituzione degli importi già
pagati e non quelli ancora da pagare oggetto della
nuova domanda di BIESSE,
– né con la domanda proposta da Mapco di risarcimento
danni per inadempimento di un diverso contratto di
subappalto, ossia quello relativo al reattore e allo
scambiatore avente ad oggetto lavori non previsti
nell’originario contratto di subappalto.
8. Il quarto motivo, nel quale BIESSE deduce violazione
e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. e la
mancanza di prova del conferimento dell’appalto per il
reattore e lo scambiatore, è stato proposto come motivo
di ricorso incidentale condizionato all’accoglimento
del motivo del ricorso principale nel quale si
censurava il mancato accoglimento della domanda di
risarcimento danni proposta da Mapco.

23

I

dell’opponente Mapco, non risultano in alcun modo

8.1

Il motivo resta assorbito dal rigetto del

corrispondente motivo di ricorso principale,
effetto

del

quale

viene

meno

per

l’interesse

all’impugnazione.
9. In conclusione deve essere rigettato sia il ricorso

giudizio di cassazione devono essere integralmente
compensate per la reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti il ricorso principale e

il ricorso

incidentale, rigetta entrambi.
Compensa le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 20/2/2013.

principale che quello incidentale e le spese di questo

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