Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14434 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1727-2019 proposto da:

S.D., C.S., B.S., A.N.,

CR.CR.AN.LU., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 55, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANO

CASTROGIOVANNI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, (OMISSIS), MINISTERO DELLA SALUTE,

(OMISSIS), MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS), in

persona dei rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3876/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2014 gli odierni ricorrenti convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, il Ministero della salute ed il Ministero dell’economia, esponendo che:

-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si erano iscritti ad una scuola di specializzazione;

-) durante il periodo di specializzazione non avevano percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;

-) le direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;

-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la L. 8 agosto 1991, n. 257.

Conclusero pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.

2. Con sentenza 5 giugno 2017 n. 11444 il Tribunale rigettò la domanda, sul presupposto che:

-) alcune delle specializzazioni conseguite dagli attori (medicina dello sport ed idrologia medica) non erano comuni ad almeno due Stati membri, e per esse non sussisteva l’obbligo dell’Italia di prevedere una adeguata remunerazione dei frequentanti le relative scuole;

-) le scuole di specializzazione frequentate dagli attori avevano iniziato i loro corsi successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 257/91, il quale aveva dato attuazione alle direttive comunitarie, sicchè al momento in cui gli attori si iscrissero era cessato l’inadempimento dello Stato italiano agli obblighi scaturenti dall’adesione all’unione Europea.

3. La sentenza venne appellata dai soccombenti.

Con sentenza 6 giugno 2018 n. 3876 la Corte d’appello di Roma rigettò il gravame.

Il giudice d’appello ribadì le valutazioni già compiute dal Tribunale, e cioè:

-) le specializzazioni frequentate dagli appellanti non corrispondevano a quelle elencate dalle direttive comunitarie, nè gli appellanti avevano fornito la prova che le prime fossero equipollenti per contenuti ed oggetto alle seconde;

-) in ogni caso al momento in cui gli appellanti si erano iscritti alle rispettive scuole di specializzazione, inadempimento dello Stato italiano agli obblighi scaturenti dal diritto comunitario era cessato.

3. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione A.N., B.S., C.S., Cr.Cr.An.Lu., S.D., con ricorso fondato un solo motivo.

Hanno resistito con controricorso la presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca; il Ministero della salute ed il Ministero dell’economia e delle finanze.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo i ricorrenti prospettano sia il vizio di violazione di legge (vengono indicate come violate, genericamente, cinque direttive comunitarie ed un decreto legislativo), sia quello di “omesso esame delle allegaioni proposte dai ricorrenti”.

Nella illustrazione del motivo è sviluppato un sillogismo così riassumibile:

-) lo Stato italiano aveva l’obbligo di introdurre norme che prevedessero la remunerazione dei frequentanti le scuole di specializzazione comuni ad almeno due Stati membri;

-) il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 1 stabilì che le specializzazioni “comuni a due o più Stati membri” dovessero essere stabilite con decreto del ministro dell’Università;

-) il ministro dell’Università stabili l’equivalenza della specializzazione in “medicina dello sport” a quelle comuni ad almeno due Stati membri soltanto nel 1994; mentre l’equivalenza della specializzazione in “idrologia medica” a quelle comuni ad almeno due Stati membri venne stabilita soltanto nel 2000;

-) se dunque le specializzazioni da essi conseguite furono riconosciute equivalenti a quelle “comunitarie” nel 1994 e nel 2000, il requisito dell’equivalenza doveva ritenersi sussistente anche all’epoca in cui essi frequentarono le relative scuole e conseguirono il relativo diploma, e fu dunque responsabilità dello Stato avere ritardato di molti anni l’emissione del decreto ministeriale con cui venne sancita la suddetta equivalenza.

1.2. Il motivo è infondato.

L’obbligo imposto allo Stato italiano dall’ordinamento comunitario era quello di prevedere che i frequentanti determinate scuole di specializzazione (e cioè quelle comuni ad almeno due Stati membri) fossero adeguatamente remunerati.

Tale obbligo è stato introdotto dal D.Lgs. n. 257 del 1991. La circostanza, poi, che il decreto ministeriale attuativo della delega contenuta nell’art. 1 del suddetto D.Lgs. abbia previsto l’equipollenza, al fine del riconoscimento del diritto alla remunerazione, tra alcune scuole di specializzazione e non altre, di per sè non costituisce una violazione del diritto comunitario, ma semplicemente esercizio di discrezionalità normativa.

1.3. Vanno compiute due precisazioni.

La prima è che il D.M. 30 gennaio 1998, che secondo i ricorrenti avrebbe stabilito l’equipollenza tra la specializzazione di idrologia medica e quella di endocrinologia (così il ricorso, p. 11), non viene in rilievo nel presente giudizio.

Il suddetto decreto non stabilisce alcuna equipollenza tra le specializzazioni previste dall’ordinamento interno e quelle indicate nelle direttive comunitarie, ma disciplina unicamente l’equipollenza tra le specializzazioni interne ai fini della partecipazione ai concorsi banditi dalle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, per l’attribuzione della qualifica di dirigente.

L’art. 1 di tale decreto infatti esordisce con un complemento di scopo, che delimita l’ambito applicativo della norma: “ai fini della valutazione dei servizi prestati e delle specializzazioni possedute per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e per l’accesso al secondo livello dirigenziale per le categorie professionali dei medici, veterinari, farmacisti, odontoiatri, biologi, chimici, fisici e psicologi si fa riferimento rispettivamente alle tabelle “A” e “B” allegate al presente decreto di cui fanno parte integrante”.

Pertanto la circostanza che nel suddetto D.M. la specializzazione – ad esempio – in chirurgia d’urgenza sia equiparata, al fine della nomina a dirigente sanitario, alla specializzazione in medicina interna, non vuol dire affatto che l’una e l’altra specializzazione siano “equipollenti” per i fini di cui all’art. 7 della Direttiva 362/75/CEE.

Una disciplina, dunque, del tutto irrilevante ai fini del nostro problema, come già ritenuto da questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 9190 del 19.5.2020; Sez. 3, Ordinanza n. 20303 del 26/07/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 1058 del 17.1.2019).

1.4. La seconda precisazione è che, di conseguenza, nulla rileva che uno dei ricorrenti ( Cr.Cr.An.Lu.) risulti avere frequentato la scuola di specializzazione negli anni 2004-2009, dal momento che, per quanto rilevato nel paragrafo che precede, anche in quegli anni non sussisteva (od almeno nel presente giudizio non è emerso che sussistesse) l’equivalenza tra la specializzazione conseguita e quelle comuni ad almeno due Stati membri.

2. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione in favore delle amministrazioni resistenti, in solido, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 3.000, oltre spese prenotate a debito;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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