Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14434 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 15/07/2016, (ud. 31/03/2016, dep. 15/07/2016), n.14434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8299/2013 proposto da:

I.F., (OMISSIS), R.S. (OMISSIS), elettivamente

domiciliate in ROMA, C.SO TRIESTE 109, presso lo studio

dell’avvocato DONATO MONDELLI, rappresentate e difese dall’avvocato

GIAN ANTONIO MAGGIO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.W., R.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 420/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/03/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;

udito l’Avvocato DONATO MONDELLI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. I.F. e R.S., in qualita’ di eredi legittimarie di R.E.D., hanno svolto azione per l’accertamento della natura simulata della compravendita conclusa in vita dal de cuius nei confronti dei fratelli R.V. e R.R.. Entrambi i giudici di merito hanno rigettato la domanda. In particolare, la Corte d’appello ha ritenuto che non fosse ammissibile la prova testimoniale ai sensi dell’art. 1417 c.c., non essendo qualificabili come terzi gli eredi, e che la prova per presunzioni non potesse essere utilizzata, ai sensi dell’art. 2729, comma 2, in conseguenza della inammissibilita’ della prova testimoniale. La Corte ha, poi, ritenuto non sussistente un principio di prova scritta e non sussistente un’ipotesi di impossibilita’ morale e materiale di procurarsi una prova scritta, ai sensi dell’art. 2724 c.c..

2. Contro la sentenza di appello propongono ricorso I.F. e R.S., affidandolo a tre motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si eccepisce la violazione dell’art. 1417 c.c., laddove la Corte d’appello ha ritenuto che gli eredi del simulato venditore non potessero considerarsi terzi ai fini della prova per testimoni; in particolare, le ricorrenti hanno richiamato giurisprudenza di questa Corte, secondo cui gli eredi che agiscono per la tutela del diritto all’intangibilita’ della quota di riserva sono considerate terze anche per la parte eccedente.

2. Il motivo di ricorso e’ infondato; non si contesta l’orientamento di legittimita’ richiamato nel ricorso, che anzi questa Corte condivide e che si richiama nelle sue piu’ recenti esternazioni: “L’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius, diretta a dissimulare, in realta’, una donazione, agisce per la tutela di un proprio diritto ed e’ terzo rispetto alle parti contraenti, sicche’ la prova testimoniale e per presunzioni e’ ammissibile senza limiti quando, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, proponga contestualmente all’azione di simulazione una domanda di riduzione della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell’asse ereditario e che la quota a lui spettante va calcolata tenendo conto del bene stesso” (Sez. 2, Sentenza n. 19912 del 22/09/2014, Rv. 632718). “L’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius assume la qualita’ di terzo rispetto ai contraenti – con conseguente ammissibilita’ della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all’intangibilita’ della quota di riserva e proponga in concreto, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di legittima, una domanda di riduzione, nullita’ o inefficacia dell’atto medesimo” (Sez. 3, Sentenza n. 8215 del 04/04/2013, Rv. 625756). “L’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita compiuta dal “de cuius” siccome celante una donazione, assume la qualita’ di terzo rispetto ai contraenti – con conseguente ammissibilita’ della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all’intangibilita’ della quota di riserva, proponendo in concreto una domanda di riduzione, nullita’ o inefficacia della donazione dissimulata. In tale situazione, infatti, la lesione della quota di riserva assurge a “causa petendi” accanto al fatto della simulazione ed il legittimario – benche’ successore del defunto – non puo’ essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall’art. 1417 c.c.; ne’ assume rilievo il fatto che egli – oltre all’effetto di reintegrazione – riceva, in quanto sia anche erede legittimo, un beneficio dal recupero di un bene al patrimonio ereditario, non potendo applicarsi, rispetto ad un unico atto simulato, per una parte una regola probatoria e per un’altra una regola diversa” (Sez. 2, Sentenza n. 24134 del 13/11/2009, Rv. 610015).

3. Cio’ che rende inaccoglibile il motivo di ricorso e’, pertanto, non l’infondatezza dei rilievi in diritto, quanto piuttosto la mancanza di prova o di allegazione circa il fatto che le odierne ricorrenti avessero svolto azione a tutela della quota di riserva. In realta’, questa Corte, come ben emerge dai precedenti richiamati, ha ritenuto che gli eredi assumono la qualita’ terzi solo nel caso in cui l’atto simulato comporti una diminuzione della quota loro riservata (si veda, in particolare, Sez. 2, Sentenza n. 19912 del 22/09/2014, Rv. 632718), non perdendo tale qualita’ per il solo fatto che il recupero del bene alla massa ereditaria comporti anche un accrescimento della quota disponibile. Ma, quel che manca nel caso di specie, e’ appunto l’esistenza di un’azione principale volta alla tutela dei diritti dei riservatari, cio’ che pone gli eredi nella stessa posizione del de cuius ai fini della prova.

4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2724, nonche’ l’omessa valutazione delle prove, circa l’esistenza di un principio di prova scritta, con riferimento a plurimi documenti prodotti e specificamente indicati.

5. Il motivo non puo’ essere accolto; l’accertamento, circa la sussistenza e l’idoneita’ di un principio di prova scritta a rendere verosimile il fatto allegato, costituisce un apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimita’, se congruamente e logicamente motivato (Sez. 3, Sentenza n. 3869 del 26/02/2004, Rv. 570573); nel caso di specie, la Corte ha motivato alle pagine da 4 a 6 della sentenza, senza incorrere in alcun vizio logico evidente.

6. Al contrario, le ricorrenti, che svolgono censure di merito sulle valutazioni del giudice di appello, omettono di specificare in cosa consistesse precisamente la prova omessa e comunque difettano di argomentare in ordine alla sua decisivita’ (che peraltro, ad una semplice lettura dei capi come riportati nella premessa della sentenza di appello, sembra da escludersi), non essendo sufficiente quanto indicato alla pagina 30 del ricorso. Il ricorso, peraltro, pur facendo riferimento a prove capitolate in primo grado, omette di indicarne la precisa collocazione. In proposito, si ricorda che (Sez. 6-3, Sentenza n. 5934 del 2016) e’ indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492).

Sul punto, il ricorso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che le ricorrenti fanno riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso, ne’ fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass. 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimita’ (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass, 12/12/2008, n. 29279; Cass., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157). A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura dei solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non e’ possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimita’ accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass, 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

7. Il terzo motivo, relativo alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2724, n. 2, e’ prima di tutto inammissibile per mancanza di prova o allegazione in relazione sia ad uno specifico motivo di appello, sia al fatto che in giudizio si fosse realmente controvertite sul punto.

8. Quanto alle censure in diritto, esse sono infondate nella parte in cui non considerano che “in tema di prova testimoniale, per la ricorrenza della condizione dell’impossibilita’ morale di procurarsi la prova scritta, di cui all’art. 2724 c.c., n. 2, non e’ sufficiente una situazione di astratta influenza, di autorita’ o di prestigio della persona dalla quale lo scritto dovrebbe essere preteso, ne’ di vincolo di amicizia, di parentela o di affinita’ di quest’ultima nei confronti della parte interessata all’acquisizione della prova, occorrendo, altresi’, o’ ulteriori speciali e particolari circostanze confluenti e concorrenti a determinarla (Sez. 1, Sentenza n. 18554 del 02/08/2013, Rv. 627601)”, ed altresi’ laddove svolgono, in concreto, censure di tipo valutativo sull’esistenza dei presupposti di applicabilita’ della norma, argomentando sulla base di circostanze di fatto che non possono trovare ingresso in sede di legittimita’.

9. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; si da’ atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, e’ respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice da’ atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Cosi’ deciso in Roma, il 31 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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