Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14432 del 07/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 14432 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 13960-2011 proposto da:
D’ANGELO MASSIMO DNGMSM53C11A515Q, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DI CAMPO MARZIO 69, presso lo
studio dell’avvocato D’ALESSANDRO VINICIO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato COLUCCI GIOVANNI, giusta
delega in calce al ricorso;
– ricorrente contro
BANCA DEL FUCINO SPA in persona del Presidente del Consiglio
di Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DE
CAROLIS UGO 101, presso lo studio dell’avvocato FRANCUCCI
FULVIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
GIANLUCA TARQUINI, TARQUINI ITALO, giusta procura
speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 07/06/2013

- controricorrente avverso la sentenza n. 1314/2010 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA del 21.10.2010, depositata il 26/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE.

Ric. 2011 n. 13960 sez. ML – ud. 04-04-2013
-2-

04/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO.

rg.n. 13960/ 2011D’Angelo Massimo c/Banca de/Fucino .spa
Oggetto: annullamento dimissioni

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del

4 aprile 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente

2

relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“La Corte d’appello di L’Aquila ha confermato la sentenza di
primo grado che aveva rigettato la domanda di D’Angelo
Massimo tendente ad ottenere l’annullamento delle dimissioni dal
posto di lavoro presso la Banca del Fucino s.p.a. rassegnate a
seguito dell’atteggiamento asseritamente discriminatorio subito
nel corso degli anni ed incidente sullo stato di salute psichico;
3. per la Corte di merito il dipendente, proponendo il gravame,
aveva fatto valere come vizio della volontà la violenza morale,
con presupposti diversi dall’incapacità di intendere e di volere
allegata, mutando la causa petendi, nel giudizio di primo grado e
peraltro solo all’esito delle emergenze istruttorie; né la asserita
condotta di mobbing era risultata suffragata dalle emergenze
istruttorie;
4. ricorre D’Angelo Massimo con due motivi, censurando la
sentenza impugnata per violazione dell’art. 428 c.c., per non
aver la Corte di merito ritenuto le dimissioni fondate
sull’incapacità di intendere e di volere al momento della
sottoscrizione come dimostrato da dettagliata documentazione,
e per vizio di motivazione, per aver i Giudice del gravame
fondato il proprio convincimento su questione non prospettata
(la condotta mobbizzante) e per la contraddittorietà della
regolamentazione delle spese;

r.s.n. 13960 / 2011

1

5. entrambe le censure prospettano, fra l’altro, un error in procedendo
e sono come tali inammissibili per l’inadeguatezza della
deduzione (cfr, ex plurimis, Cass. 21621/2007) e per violazione
della regola dell’autosufficienza del ricorso per cassazione che
impone che, nel ricorso stesso, siano esattamente riportati i
passi del ricorso introduttivo con i quali la questione

controversa e’ stata dedotta in giudizio (nella specie
l’annullabilità delle dimissioni per incapacità di intendere e di
volere), sia quelli degli atti introduttivi del giudizio d’appello con
cui le censure sono state devolute al giudice del gravame, oneri
che non sono stati ottemperati, nel caso di specie, dal ricorrente
il quale si è limitato a rappresentare genericamente l’oggetto
della propria originaria domanda e delle proprie successive
doglianze senza trascriverle negli esatti termini del loro
svolgimento, così impedendo il riscontro ex actis dell’assunta
omissione;
6. inoltre, il primo motivo deve qualificarsi come manifestamente
infondato anche per l’assorbente rilievo che la censura per
violazione di legge, per come formulata, non può essere
esaminata in questa sede di legittimità giacché il ricorrente
deduce l’erronea applicazione della legge in ragione della non
condivisa valutazione delle risultanze di causa, tanto e’ vero che
critica la ricostruzione della manifestazione della volontà
espressa con la lettera di dimissioni della quale peraltro, in
violazione del principio di autosufficienza, non viene neanche
riprodotto il contenuto (sul discrimen tra allegazione dell’erronea
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze
di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e
deducibile, in sede di legittimita’ sotto l’aspetto del vizio di

r.s.n. 13960 / 2011

2

motivazione, e la denuncia per violazione di legge, v., ex ~kis,
Cass. 6064/2008, Cass. 7394/2010);
z quanto alla censura per difetto di motivazione sulla valutazione
delle risultanze probatorie o processuali, da un lato non risulta
assolta, in adesione a Cass., SU, n. 22726/2011, l’esigenza di
specifica indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art.

366, n. 6, c.p.c., della documentazione asseritamente versata in
atti (oltre alla lettera di dimissioni della quale si è già detto,
certificazioni ed atti clinici attestanti la patologia da cui risultava
affetto il dipendente, incidente sulla capacità di intendere e di
volere) e della quale, in violazione del principio di
autosufficienza, neanche viene trascritto il contenuto, dall’altro
non risulta assolto l’onere di specifica indicazione degli elementi
dedotti ed acquisiti che si assumono trascurati dal Giudice di
merito, al fine di consentire al Giudice di legittimità il controllo
della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse
che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per
cassazione, la Corte di Cassazione deve essere in grado di
compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui
lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (ex
tnultis, Cass. 17915/2010);
8. La relazione è stata ritualmente comunicata e notificata,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
9. La parte ricorrente ha depositato memoria.
10. Il Collegio ritiene che i rilievi di cui alla relazione non siano
risultati validamente smentiti dalla memoria depositata dalla parte
ricorrente.

a. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

ng.n. 13960/2011

3

12.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2013

Il Presidente

delle spese liquidate in euro 50,00 per esborsi, oltre euro 2.000,00

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA