Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14427 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 08/07/2020), n.14427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4619/2019 proposto da:

D.H., elettivamente domiciliato in Bolzano, via Carducci n.

13, presso lo studio dell’avv. A. Fabbrini, che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3399/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 dal cons. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1) La Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame proposto da D.H., cittadino del Gambia richiedente asilo, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, e di quella umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver abbandonato il proprio paese, su consiglio della madre, perchè una pattuglia di militari aveva chiuso il suo negozio nel 2014.

La Corte distrettuale ha ritenuto la narrazione generica, lacunosa e privo di ogni riscontro, escludendo, in ogni caso, che dalla stessa potessero desumersi gli estremi di un’attività persecutoria posta in essere in danno del richiedente asilo, che non aveva dichiarato di aver subito minacce; ha aggiunto che, anche a voler ritenere credibile il racconto, D. non correva più alcun rischio in caso di rientro in patria, posto che il partito di opposizione, cui asseriva di aver aderito, era oramai al governo del Gambia e che la situazione socio politica del paese si stava normalizzando e non poteva più ritenersi caratterizzata da una situazione di conflitto armato generalizzato; ha infine escluso che la frequentazione da parte dell’appellante di un corso di italiano ed il suo inserimento in una famiglia ospitante costituissero elementi sufficienti all’accoglimento della domanda di protezione umanitaria.

Contro la sentenza, pubblicata il 10.12.2018, D.H. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1) Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e per vizio di motivazione, in relazione al rigetto della domanda di protezione sussidiaria, contestando il giudizio di inattendibilità delle sue dichiarazioni e lamentando che non sia stato tenuto conto nè dell’arresto di suo padre nè delle percosse che egli aveva subito, nonostante tali circostanze fossero state ritenute credibili; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19 e dell’art. 3 della CEDU e dell’art. 2 Cost., in relazione al rigetto della domanda di protezione umanitaria, per la mancata analisi del contesto in cui versa il Gambia, paese nel quale non è garantito il rispetto dei diritti fondamentali della persona.

2)11 primo motivo è inammissibile, sia perchè, contravvenendo al disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non riporta integralmente le dichiarazioni del ricorrente (meramente riassunte nella parte espositiva del ricorso, dove peraltro sono – significativamente – attribuite a tale C.A.A.) e riferisce di circostanze che la corte del merito non ha esaminato, senza però specificare se, ed in quali esatti termini, esse siano state devolute alla cognizione del giudice d’appello, sia perchè non censura l’accertamento, pure contenuto in sentenza e costituente autonoma ratio decidendi sottesa al rigetto delle domande di protezione internazionale, secondo cui, anche a voler ritenere credibile il racconto, D. non correrebbe più alcun pericolo in caso di rientro in patria, in quanto il partito politico cui appartiene è attualmente al governo del paese ed il Gambia non versa in una situazione di conflitto armato generalizzato.

3) Il secondo motivo è parimenti inammissibile, in quanto anch’esso fondato su circostanze (la condizione di semianalfabetismo del ricorrente, il suo precario stato di salute) che non trovano riscontro in atti e, comunque, volto in via del tutto generica a contestare il capo della decisione impugnato, senza tener conto che la corte del merito ha tratto il proprio convincimento in ordine all’attuale insussistenza di Gambia di una situazione di grave compromissione dei diritti umani fondamentali da fonti internazionali di informazione, puntualmente citate e riportate in sentenza nel loro contenuto essenziale.

La mancata predisposizione di difese da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso il Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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