Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14426 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. I, 25/05/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 25/05/2021), n.14426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3519/2019 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in Roma, Via Carlo

Mirabello n. 14, presso lo studio dell’avvocato Venco Gaetano, che

lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., nella qualità di curatore speciale della minore

C.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Giovanni Nicotera

n. 7, presso lo studio dell’avvocato Mussini Guido, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.K., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giulio Cesare

n. 109, presso lo studio dell’avvocato D’Andrea Luciano, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

18/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/10/2020 dal Cons. rel. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con decreto del 21.11.18 il Tribunale per i minorenni di Roma sospese la responsabilità genitoriale di C.V. e D.K., in ordine alla minore C.L., sulla base delle relazioni del Servizio Sociale e del Pubblico Ministero da cui era emersa la conflittualità dei genitori contrastante con i bisogni della figlia, nominando il tutore e il curatore speciale.

Al riguardo, il Tribunale dispose che il tutore e il Servizio Sociale ripristinassero la frequentazione padre-figlia, determinandone tempi e modalità, allontanando la minore e collocandola nell’ambito della rete familiare o in casa-famiglia, per sottrarla al conflitto genitoriale, con invito ai genitori a modificare le condotte conflittuali che danneggiavano il cammino evolutivo della minore. In precedenza, il 17.4.2018, il Tribunale, in attesa degli accertamenti istruttori, affidò la minore ai Servizi Sociali con incarico di svolgere un’indagine familiare e di predisporre un progetto d’intervento relativo alla frequentazione padre-figlia, prescrivendo alla madre di comunicare l’attuale domicilio della bambina.

C.V. propose reclamo avverso il suddetto decreto del 21.11.18 chiedendo, in via preliminare ed urgente, la sospensione del provvedimento impugnato, con reintegra nella propria responsabilità genitoriale riguardo alla minore, e di collocare quest’ultima presso la sua residenza, ovvero presso gli ascendenti paterni. Si costituì la resistente, eccependo l’inammissibilità del reclamo o, comunque, la relativa infondatezza; si costituì il curatore speciale e il Procuratore Generale presso la Corte d’appello, chiedendo l’inammissibilità o il rigetto del reclamo.

Con decreto emesso 18.1.19, la Corte territoriale ha respinto l’impugnazione, osservando che: il decreto era da confermare in quanto la sospensione dei genitori dall’esercizio della responsabilità genitoriale appariva necessaria in funzione protettiva della minore a fronte delle criticità delle condotte dei genitori emerse dalle relazioni dei Servizi Sociali, e per rendere possibili gli interventi opportuni a tutela della stessa minore ed a sostegno del nucleo familiare; i recenti positivi sviluppi riferiti dal curatore speciale con riferimento all’accordo raggiunto tra le parti per il programma d’incontri padre-figlio nel periodo delle festività nazionali allontanavano la prospettiva del collocamento della bambina presso una casa familiare; in ogni caso, la questione del cambio di residenza era superato in quanto spettava al tutore la decisione al riguardo.

C.V. ricorre in cassazione con unico motivo, illustrato con memoria.

Resistono con controricorsi, illustrati con memoria, la D., la quale propone anche ricorso incidentale con unico motivo, e il curatore speciale.

Diritto

RITENUTO

Che:

L’unico motivo del ricorso principale denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la Corte d’appello non aveva esaminato la questione della sottrazione della minore da parte della madre, oggetto anche di procedimento penale, e del pericolo di definitivo allontanamento della minore dal padre desumibile dai comportamenti della resistente. Al riguardo, il ricorrente si duole della apparente motivazione sulla conflittualità genitoriale che era insorta dopo l’interruzione del progetto di recupero del rapporto di genitorialità tra padre e figlia a causa del comportamento della madre, la quale aveva sottratto la minore dalla residenza familiare; in particolare, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale, pur avendo dato atto che l’allontanamento della minore dalla casa familiare fosse avvenuta in maniera illegittima, aveva omesso di considerare il procedimento penale nei confronti della resistente per la suddetta condotta di abbandono e il pericolo di fuga della D..

L’unico motivo del ricorso incidentale denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 e 132 c.p.c., in quanto la Corte d’appello ha compensato, senza motivare, le spese del procedimento pur essendo il C. rimasto soccombente.

Va altresì osservato che sia il C. che la D. hanno allegato alle rispettive memorie il provvedimento emesso dalla Corte d’appello per i minorenni di Roma il 29.7.2020 che, in riforma del provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni il 23.1.2020, in via provvisoria sino alla decisione del competente Tribunale ordinario, ha confermato l’affidamento della minore al Servizio Sociale, come provvisoriamente stabilito con il decreto emesso l’11.4.2018. Inoltre, nella stessa memoria, il ricorrente principale ha dichiarato di aver effettuato la remissione della denuncia per il reato di sottrazione di incapace e che il giudice penale avrebbe emesso sentenza di non luogo a provvedere.

Alla stregua di tale produzione, tutte le parti del giudizio, nelle proprie memorie, hanno rilevato che, a seguito dell’allegato decreto della Corte d’appello, era venuto meno l’interesse del ricorrente al procedimento, chiedendo che il giudizio in questione fosse dichiarato estinto per il sopravvenuto venir meno dell’interesse ad agire.

Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di legittimità, secondo quanto disposto dall’art. 372 c.p.c., non è ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero concernano nullità inficianti direttamente la decisione impugnata, nel qual caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., rimanendo inammissibile la loro produzione in allegato alla memoria difensiva di cui all’art. 378 c.p.c..

Nel caso concreto, il provvedimento della Corte d’appello, allegato alle suddette memorie, rientra nell’ambito d’applicazione dell’art. 372 c.p.c., afferendo ad una fattispecie di sopravvenuta cessazione della materia del contendere, come riconosciuto da tutte le parti, in quanto il predetto decreto del 29.7.2020 ha di fatto sostituito quello oggetto del giudizio in esame, affidando la minore al Servizio Sociale, mentre la sospensione della responsabilità genitoriale – disposta con il decreto che s’impugna in questa sede – era stata revocata dal Tribunale per i minorenni il 21.1.2020.

Al riguardo, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel corso del giudizio di legittimità possono essere prodotti i documenti diretti ad evidenziare la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti alla proposizione del ricorso, tali da far venir meno l’interesse alla definizione del procedimento, rientrando tale produzione nell’ambito di applicazione dell’art. 372 c.p.c., comma 2, riguardante la facoltà di deposito dei documenti attinenti all’ammissibilità del ricorso (Cass., n. 21122/08; n. 26175/17).

Pertanto, il ricorso principale va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse, come riconosciuto dallo stesso ricorrente.

Il ricorso principale è comunque infondato; al riguardo, la pronuncia di sopravvenuta inammissibilità implica una decisione sulla soccombenza virtuale ai fini del regime delle spese di giudizio (v. Cass., n,. 26299/18; n. 19160/07). Anzitutto, va osservato che il ricorrente non ha colto la ratio decidendi del decreto impugnato incentrata esclusivamente sulla protezione del corretto ed armonico sviluppo psico-fisico della minore, lamentando che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare la questione dell’abbandono della casa familiare da parte della controricorrente. In realtà, la Corte territoriale ha esaminato complessivamente i fatti storici inerenti alla relazione tra il ricorrente e la D., ritenendo che, sulla base della relazione dei Servizi Sociali, fosse stato intrapreso un percorso proficuo relativo alla frequentazione padre-figlia, pur con l’affidamento della minore alla madre, ma con l’assistenza dei suddetti Servizi, resasi necessario a causa dell’accertata conflittualità dei rapporti tra i genitori.

Premesso ciò, va escluso che la motivazione della sentenza possa integrare la violazione dell’art. 132 c.p.c., atteso che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza, rilevante ai sensi dell’art. 132 c.p.c., solo allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 9105/2017; Cass. 13248/2020). Nel caso concreto, per contro, la motivazione dell’impugnato decreto è certamente tale da escludere la ricorrenza di tale vizio radicale, potendo agevolmente desumersi dalla stessa le ragioni che hanno indotto la Corte alla decisione. Con ampia motivazione, la Corte – sulla base delle relazioni dei Servizi Sociali in atti – ha accertato il perdurare di una situazione di elevata conflittualità tra i due genitori, concretatasi in atteggiamenti dannosi per la serena crescita della minore, avendo la madre impedito la ripresa delle frequentazioni padre-figlia, ed avendo il padre manifestato “criticità nella sua capacità di occuparsi autonomamente della figlia”. Peraltro, gli accordi raggiunti dalle parti per il periodo delle festività natalizie hanno, peraltro, allontanato l’extrema ratio del collocamento della bambina in una casa-famiglia. Va evidenziato, inoltre, che il fatto storico dell’allontanamento della madre dall’abitazione in cui conviveva con il C. e del cambio di abitazione, portando con sè la bimba, è stato esaminato dalla Corte d’appello, che lo ha ritenuto ormai superato, attesa la sospensione del genitori dalla responsabilità genitoriale ex art. 336 c.c. e la nomina di un tutore, che dovrà stabilire il luogo più opportuno di residenza della minore.

Il ricorso incidentale è invece fondato. La statuizione di compensazione delle spese del procedimento viola, infatti, il disposto dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo applicabile ratione temporis, secondo il cui disposto la compensazione delle spese può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), nelle ipotesi di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, nonchè – per effetto della sentenza 7 marzo 2018 n. 77 della Corte Cost. – nelle analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e in quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle ipotesi tipiche espressamente previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2 (Cass. 4696/2019; Cass. 3977/2020).

A nessuna delle suddette fattispecie è riconducibile la compensazione disposta, nel caso concreto, dalla Corte d’appello, che si è limitata ad un riferimento alla ” delicatezza e (…) peculiare natura della controversia.”

Sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c., il ricorso incidentale va deciso nel merito, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio d’appello, che, viste le tariffe forensi, sono da liquidare nella somma di Euro 3500,00 oltre la maggiorazione del 15% per il rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara la sopravvenuta inammissibilità del ricorso principale, per il venir meno dell’interesse ad agire, ed accoglie il ricorso incidentale, condannando il ricorrente al pagamento, in favore di D.K., della somma di Euro 3500,00 per le spese legali del giudizio d’appello, oltre la maggiorazione del 15% per il rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.

Condanna altresì il ricorrente al pagamento, in favore dei D.K., delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 6200,00 oltre la maggiorazione del 15% per il rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di C.V., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri titoli identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

 

 

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