Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14425 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 04/05/2010, dep. 15/06/2010), n.14425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6717/2007 proposto da:

CHALET DE LA VILLE DI SILVESTRE SALVATORE MAURIZIO & C SAS, in

persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA ATTILIO REGOLO 12-D, presso lo studio dell’avvocato

CASTALDI ITALO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

2010 D’AMICO STANISLAO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI SERVIZIO TRIBUTI, in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. CATALANI 26,

presso lo studio dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO, rappresentato e

difeso dall’avvocato BARONE EDOARDO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 71/2006 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 30/03/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CASTALDI ITALO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Napoli la società Chalet De la Ville di Silvestre Salvatore, Maurizio & C. Sas. proponeva opposizione avverso l’avviso di accertamento, ai fini della Tosap, per gli anni 2000, 2001 e 2002, che l’amministrazione di quel Comune le aveva fatto notificare per l’occupazione di suolo pubblico, costituito da uno spazio di mq. 120, adiacente ad un chiosco costruito nella villa comunale; spazio utilizzato per la collocazione di tende, tavoli, sedie ed affini. Esponeva che si trattava di area pertinenziale a quella infrastruttura, anch’essa perciò oggetto del contratto di affitto, e per la quale nessuna imposta poteva essere pretesa, pena una duplicazione di pagamento; pertanto chiedeva l’annullamento di quell’atto impositivo.

Instauratosi il contraddittorio, il Comune eccepiva l’infondatezza del ricorso, chiedendone perciò il rigetto.

Quella commissione, in accoglimento di esso, annullava quell’avviso.

Avverso la relativa decisione l’ente impositore proponeva appello, cui la contribuente resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Campania, la quale, in riforma di essa, rigettava il ricorso introduttivo con sentenza n. 71 del 29.3.2006, osservando che il contratto di affitto non faceva venire meno l’obbligo del tributo sul bene demaniale occupato, e perciò l’esenzione non le spettava.

Contro tale pronuncia la Chalet De La Ville ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi, ed ha depositato memoria.

Il Comune di Napoli ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 277, 342 e 359 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la commissione tributaria regionale accoglieva l’appello dell’ente territoriale per ragioni diverse da quelle addotte dal medesimo, posto che basava il giudizio sulla demanialità del bene, senza considerare invece che il giudice di prime cure aveva escluso ciò in virtù del contratto di natura privatistica intercorso tra le parti per l’uso esclusivo dell’area pertinenziale.

Il motivo è piuttosto generico, oltre che manifestamente infondato.

Invero la ricorrente non ha indicato specificamente la doglianza collegandola in dettaglio all’atto di controdeduzioni ridotto in appello.

Tuttavia, ciò premesso, la CTR rilevava che, nonostante la stipula di quella convenzione, tuttavia il carattere demaniale del suolo adiacente allo chalet non poteva fare venire meno la tassabilità di essa ai fini della Tosap. L’assunto è esatto.

Come è dato rilevare;, il giudice del gravame non si discostava dal “thema decidendum” devoluto al suo esame, delibando la questione relativa alla tassabilità dell’area adiacente al chiosco, ancorchè oggetto di contratto, e tuttavia sempre spazio di carattere demaniale.

2) Col terzo motivo, che viene esaminato prima del secondo, per il suo carattere preliminare, la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1571 c.c., L. n. 392 del 1978, art. 35, ult. Parte, e art. 41, R.D. n. 1175 del 1931, art. 192, e D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, nonchè omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, giacchè il giudice di secondo grado non considerava che l’area adiacente al chiosco era compresa nel contratto di locazione, e perciò era stata sottratta all’uso pubblico, con la conseguenza che il canone pagato anche per essa non poteva fare scattare la tassa su suolo pubblico.

La censura non ha pregio.

L’assoggettamento alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) da parte della Chalet de la Ville non è incompatibile con la concessione in uso dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile del Comune di Napoli, atteso che il canone concessorio o di affitto si configura come il corrispettivo dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, e quindi come un “quid” ontologicamente diverso dalla tassa, dovuta per la sottrazione del bene all’uso pubblico cui è ordinariamente destinato. Peraltro non risulta (sulla base di un’indagine rimessa al giudice di merito) che la affittuaria agisca quale mero sostituto dell’ente nello sfruttamento dei beni, e perciò il presupposto della tassazione non viene a mancare, avuto riguardo all’esenzione soggettiva prevista per gli enti territoriali dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 49, comma 1, lett. a); nè dall’atto negoziale poteva emergere una diversa volontà dell’ente, come di rinuncia alla tassa, trattandosi di tributo non negoziabile, essendo ben cumulabili il canone e la tassa stessa (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 19841 del 15/09/2009, n. 11175 del 2004).

Inoltre va rilevato che il presupposto impositivo della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) è costituito, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 38 e 39, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province, mentre sono irrilevanti gli atti di concessione o di autorizzazione relativi all’occupazione, atteso che la tassa colpisce anche le occupazioni senza titolo (V. pure Cass. Sentenze n. 2555 del 22/02/2002, n. 11438 del 1998).

Su tale punto dunque la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto ed adeguato.

3) Col secondo motivo la ricorrente lamenta contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè il giudice di appello non poteva dare rilievo ad un riscontro istruttorio negativo, costituito dalla non demanialità dello spazio in questione perchè affidato in locazione alla conduttrice, disattendendone perciò la relativa risultanza.

La doglianza, che in parte rimane assorbita dal motivo teste esaminato, a sua volta è generica, e comunque non va condivisa.

Infatti il giudice ben poteva non tenere conto dell’atto istruttorio assunto, come pure vagliarlo secondo il suo prudente apprezzamento, peraltro non sindacabile in questa sede se non sotto il profilo della carente motivazione, che tuttavia non si riscontra nella fattispecie in esame.

4) Col quarto motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, dal momento che il giudice del gravame non delibava la questione della non applicabilità delle sanzioni, atteso eh l’ente impositore era a conoscenza del fatto che la conduttrice deteneva l’area di pertinenza, tanto che il relativo contratto era stato anche registrato, e quindi nessun dolo o colpa poteva configurarsi nella Chalet de la Ville nel non averne denunziato il “possesso”.

Il motivo è inammissibile, posto che la censura andava formulata sotto il profilo della mancata pronuncia ex art. 112 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 4, e non invece come omessa motivazione; inoltre esso è del tutto infondato.

Il giudice di appello sostanzialmente, nel rigettare il ricorso introduttivo mediante l’accoglimento del gravame, respingeva pure tale doglianza, considerandola assorbita, dal momento che la sottrazione all’obbligo fiscale si era comunque configurata, mentre nessuna mancanza di colpa certamente poteva riscontrarsi nella fattispecie, atteso che la conduttrice doveva dichiarare il possesso di quell’area occupata.

Ne deriva che il ricorso va dichiarato inammissibile. Quanto alle spese di questo giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore del controricorrente, e che liquida in complessivi Euro 1.100,00 (millecento/00), di cui Euro 100,00 per esborsi, ed Euro 1.000,00 per onorario, oltre a CU, a quelle generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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