Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14425 del 07/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 14425 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 22053-2006 proposto da:
REGIONE LOMBARDIA (c.f. 80050050154), in persona
del Presidente pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, LARGO MESSICO 7, presso

Data pubblicazione: 07/06/2013

l’avvocato TEDESCHINI FEDERICO, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati COLOMBO LUIGI,
2013
839

VIVONE PIO DARIO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

1

APAM S.P.A.

(p.i. 00402940209), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BERTOLONI, 37, presso
l’avvocato CIOCIOLA ROBERTO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GENOVESI SERGIO,

controricorrente

avverso la sentenza n. 2808/2005 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/12/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 14/05/2013 dal Consigliere
Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito,

per

la

ricorrente,

l’Avvocato

PAOLA

CONTICIANI, con delega avv. TEDESCHINI, che si
riporta;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato ALAIA
GAETANO, con delega avv. GENOVESI, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per

giusta procura a margine del controricorso;

il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1986 l’Azienda di Autoservizi di Mantova conveniva dinanzi il

al pagamento di lire 1.148.693.000 (con interessi dall’1-8-82 al
saldo).
L’attrice esponeva di aver esercitato (per quanto di rilievo, fino a
tutto 1’81) due autolinee sostitutive in regime di sovvenzione e che
solo nel dicembre ’84 la Regione aveva determinato la somma
capitale a tal titolo dovuta per quegli esercizi (lire I .872.564.000),
pagandola nel settembre ’85, a fronte, poi, della richiesta degli
interessi di mora, calcolati secondo i tassi applicati dal tesoriere
dell’APAM sugli scoperti di cassa, la Regione aveva invece
riconosciuto, sulla somma già liquidata (e non contestata), i soli
interessi legali dall’1-8-82. L’APAM chiedeva dunque il
risarcimento del danno da svalutazione monetaria, evocando la
notorietà del fenomeno inflazionistico ed offrendo prova di aver
dovuto ricorrere al credito bancario negli anni di morosità della
Regione (‘ 82-‘ 85).

Tribunale di Milano la Regione Lombardia, chiedendone la condanna

Si costituiva l’Ente convenuto, preliminarmente eccependo il difetto
di giurisdizione del Tribunale adito in favore del Giudice
amministrativo e ,nel merito, rilevando la mancata prova

Risolta nel 1994 la questione di giurisdizione con una sentenza delle
Sezioni Unite di questa Corte e rimessa la causa al tribunale di
Milano, questo, con

sentenza del marzo 2004, affermata la

legittimazione attiva dell’APAM, ne

accoglieva la domanda

risarcitoria (ritenendo provati, per documenti e per testi, i costi
sostenuti dall’Azienda per sopperire al ritardato pagamento da parte
della Regione), sottraendo tuttavia dal maggior danno così accertato
quanto già ricevuto a titolo d’interessi (legali) di mora. La Regione
Lombardia veniva quindi condannata a pagare la residua somma di
lire 851.142.000, pari ad euro 439.578,16, con interessi di legge dalla
domanda giudiziale al saldo.
Proponeva appello la soccombente Regione, anzitutto rilevando
come l’attrice avesse inizialmente chiesto il risarcimento del maggior
danno “da svalutazione monetaria”, poi inammissibilmente
individuarlo negli interessi di scoperto bancario. In secondo luogo,

dell’ulteriore danno lamentato.

l’appellante deduceva che gli interessi passivi degli anni ’82-’85
avevano concorso alla determinazione delle sovvenzioni regionali
degli anni successivi, come riscontrabile dai conti economici di

Regione contestava infine la statuita decorrenza degli interessi legali
fin dalla domanda giudiziale, invece che dalla sentenza che aveva
operato la liquidazione del danno.
Si costituiva l’appellata APAM, negando qualsiasi mutamento delta
sua domanda introduttiva, nonché il preteso, e non dimostrato, già
avvenuto ristoro del danno, per effetto delle sovvenzioni regionali
erogate negli esercizi successivi a quelli di formazione delle perdite.
Quanto agli interessi legali sull’ammontare risarcitorio liquidato,
l’appellata contestava l’assunto avversario della loro decorrenza dalla
data della sentenza di primo grado ed anzi, in via d’appello
incidentale, ne chiedeva l’applicazione fin dalla data di scadenza
dell’obbligazione di pagamento della sovvenzione, non essendo
necessaria alcuna messa in mora.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2808/05, rigettava
entrambi gli appelli.

quegli anni che l’APAM avrebbe potuto e dovuto produrre. La

Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione la Regione
Lombardia, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, cui

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la Regione ricorrente lamenta che, a
fronte di una richiesta di riconoscimento del maggior danno da
svalutazione monetaria, la Corte d’appello abbia riconosciuto come
dovuto il costo del ricorso al credito bancario.
Con il secondo motivo contesta la sentenza impugnata laddove ha
rigettato l’eccezione secondo cui gli oneri sopportati dalla
concessionaria erano già stati tenuti in conto in occasione delle
sovvenzioni erogate negli anni successivi.
Con il terzo motivo lamenta che non è stato tenuto conto della
validità della delibera della Giunta regionale 4385/85 che aveva
determinato gli interessi dovuti dalla Regione.
Il primo motivo è infondato.
La Corte d’appello ha rilevato che “I ‘APAM ha non solo allegato, a
fondamento della sua domanda risarcitoria, il noto fenomeno

resiste con controricorso l’APAM spa

inflazionistico (del quale riteneva di non dover dar prova), ma ha
anche espressamente aggiunto, quale enunciato di un possibile
criterio di valutazione del pregiudizio sofferto, “che per di più

dovuto forzatamente ricorrere al credito bancario negli anni di
morosità della Regione Lombardia”, legando poi, nelle conclusioni,
all’accertando (ed in seguito dimostrato) ammontare di tali oneri il
quantum del risarcimento.”
In altri termini, il giudice di seconde cure ha interpretato la domanda
proposta dalla resistente valutando che la stessa era incentrata sul
risarcimento del maggior danno da svalutazione con riferimento ai
maggiori costi dovuti affrontare con il ricorso al credito bancario.
Tale motivazione , basata sull’interpretazione della domanda, risulta
del tutto corretta sotto il profilo logico-giuridico , oltre che correlata a
quanto riportato nell’atto di citazione e non risulta ,pertanto,
sindacabile in questa sede di legittimità.
La stessa risulta comunque conforme ai criteri affermati dalle
Sezioni unite di questa Corte secondo cui/ se il creditore domanda, a
titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a /

I’APAM intende dar prova del danno subito dimostrando di aver

quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato,
avrà l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio,
anche per via presuntiva; in particolare, ove il creditore abbia la

ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; il
debitore, dal canto suo, avrà invece l’onere di dimostrare, anche
attraverso presunzioni semplici, che il creditore, in caso di
tempestivo adempimento, non avrebbe potuto impiegare il denaro
dovutogli in forme di investimento che gli avrebbero garantito un
rendimento superiore al saggio legale.(Cass 19499/08 sez un ).
Le censure che la Pegione ricorrente muove a siffatta interpretazione
tendono in realtà a proporne una diversa, peraltro neppure riportando
il testo dell’atto di citazione avversario e non mettendo quindi questa
Corte ,cui è inibito l’accesso alla documentazione della fase di
merito, di poter fornire ogni valutazione circa la correttezza della
motivazione della Corte d’appello.
A nulla rileva poi la delibera regionale 4385 del 1985 perché,
trattandosi di obbligazione civilistica di pagamento,

l’atto

deliberativo della Regione ha il valore di un atto di parte non

qualità di imprenditore, avrà l’onere di dimostrare o di avere fatto

emanato nell’ambito di poteri autoritativi bensì nell’ambito di un
rapporto paritario di diritto civile e, come tale, privo di effetti nei
confronti della controparte.

La Corte d’appello ha osservato che l’asserita circostanza, secondo
cui dei maggiori interessi si era già tenuto conto in occasione delle
sovvenzioni erogate dalla Regione negli anni successivi con
conseguente estinzione della obbligazione risarcitoria in quanto
adempiuta, era rimasta sprovvista di prova da parte dell’onerata
Regione che si era limitata ad evocare le leggi (statali e regionali)
succedutesi nel tempo, senza produrre alcuna documentazione “in
ordine alle sovvenzioni erogate, ai loro importi, ai loro criteri di
computo, nonché al bilanci e conti economici della concessionaria,
alla cui presentazione è, per legge, subordinato il ripianamento degli
oneri connessi con le perdite d’esercizio.”

Tale motivazione non risulta in alcun modo censurata, non
sostenendo il motivo in esame che la prova delle sovvenzioni era
stata fornita maribadendo ancora una volta in questa sede un quadro
i

normativo che esula dalla motivazione fornita dalla Corte d’appello

Il secondo motivo è inammissibile.

incentrata sulla carenza probatoria.
Il motivo non censurando quindi la ratio decidendi non è suscettibile
di sindacato in questa sede di legittimità.

Con tale motivo si lamenta che non è stato tenuto conto della
validità della delibera della Giunta regionale 4385/85 che aveva
determinato gli interessi dovuti dalla Regione la cui validità non era
stata oggetto d’impugnazione.
Tale questione risulta nuova, non facendo ad essa cenno la sentenza
impugnata e non avendo la egione ricorrente, in osservanza del
principio di autosufficienza del ricorso fatto menzione in quale degli
scritti difensivi della fase di merito aveva posto tale questione non
consentendo pertanto a questa Corte, cui è inibito l’accesso agli atti
della fase di merito, di prendere contezza di un eventuale vizio
motivazionale della sentenza impugnata.
Il ricorso va pertanto respinto.
La Regione ricorrente va di conseguenza condannata al pagamento
delle spese processuali liquidate come da dispositivo
PQM

Anche il terzo motivo è inammissibile.

Rigetta il ricorso e condanna la Regione ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio liquidate in euro 9000,00 oltre euro 200,00
per esborsi ed oltre accessori di legge.
Roma 4.5.13
3

Il Con .e t

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA