Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14423 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 15/06/2010), n.14423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30445/2006 proposto da:

COMUNE DI GERMIGNAGA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato NAPOLI MARCO con studio in LUINO VIA B. LUINI 17

(avviso postale), giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

B.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 98/2005 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 29/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. EUGENIA MARIGLIANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PIO CORTI per delega Avv. NAPOLI

MARCO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

In data 28.10.1991, l’U.T.E. di Varese revisionava gli estimi relativi ad un immobile, sito nel comune di Germignana, già destinato ad opificio e di proprietà di B.L.. Tali estimi venivano impugnati dalla contribuente innanzi alla C.T.P. di quella città.

Nelle more, il 6.12.1991, presentava denuncia di variazione di destinazione dello stesso immobile.

Con sentenza n. 207/12/99 del 29.10.1999 la C.T.P. annullava gli estimi impugnati, disponendo che l’U.T.E. di Varese rideterminasse la rendita; la sentenza diveniva definitiva l’8.7.2000.

L’U.T.E. non ottemperava a tale disposto in quanto, a seguito della denuncia di variazione della B., aveva già attribuito, in data 28.4.1999, una nuova rendita, non notificata alla contribuente nè pubblicata sull’albo pretorio.

In data 11.1.2001 la contribuente, venuta a conoscenza dei nuovi dati catastali, li impugnava innanzi alla C.T.P. Nel giudizio non si costituiva l’Agenzia del territorio, interveniva però il Comune di Germignana ad adiuvandum, eccependo l’inammissibilità del ricorso.

La C.T.P. dichiarava inammissibile il ricorso perchè proposto contro un atto inefficace. Proponeva gravame la contribuente, si costituivano sia l’Agenzia del territorio che il Comune di Germignana, che eccepiva l’inammissibilità dell’appello per omessa indicazione delle parti nei cui confronti era stata proposta l’impugnazione.

La C.T.R. respinta l’eccezione processuale, affermava che, poichè l’attribuzione della nuova rendita era stata effettuata il 28.4.1999 quindi anteriormente al 31.12.1999, la ricorrente era legittimata all’impugnativa entro i sessanta giorni dall’entrata in vigore della L. n. 342 del 2000, e, richiamata la sentenza definitiva n. 207/12/99, che aveva annullato le precedenti rendite e che aveva imposto all’U.T.E. di rideterminare le rendite, l’immobile non poteva essere considerato opificio per cui andava classificato come categoria C. Avverso detta decisione il Comune di Germignana propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, integrati da memoria. Le altre parti non risultano costituite.

Diritto

Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per non avere la C.T.R. dichiarato inammissibile l’appello, malgrado che quell’atto fosse privo dell’indicazione delle parti nei cui confronti era stata proposta l’impugnazione ed, in particolare, dell’indicazione del Comune di Germignana, pur intervenuto in quel procedimento.

La C.T.R. aveva deciso ritenendo che dal contesto dell’impugnazione si deduceva chiaramente che la controparte fosse l’Agenzia de territorio e che la contribuente non fosse tenuta a notificare l’appello a pena di inammissibilità anche al Comune.

Con la seconda censura si deduce la falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, nonchè insufficiente motivazione, per avere la C.T.R. affermato che l’U.T.E. aveva rideterminato la rendita a seguito della pronuncia definitiva della C.T.P. n. 207/12/99 del 29.10.1999 – 7.3.2000, mentre la messa in atti era stata eseguita in epoca precedente al 31.12.1999 e, quindi prima del passaggio in giudicato di detta sentenza.

Si sostiene, inoltre, che la rendita attribuita non poteva essere impugnata in quanto non era stata nè notificata alla parte, nè affissa sull’albo pretorio, per cui non poteva essere divenuta definitiva e, conseguentemente, non era applicabile la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2, ultima parte, ma solo il comma 3, che non prevede la riapertura dei termini per l’impugnazione, ma solo la possibilità per gli enti impositori di procedere alla liquidazione o all’accertamento delle imposte entro i termini di decadenza o prescrizione. Poichè nella specie, nessun atto impositivo era stato notificato alla contribuente, il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per mancanza dell’atto.

Il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

Lamenta sostanzialmente il Comune la mancata notifica dell’appello nei suoi confronti pur essendo state parte nel giudizio di primo grado.

Nella specie la C.T.R. ha ritenuto che, pur non essendo state espressamente indicate le parti nell’atto di appello, tuttavia questo fosse ammissibile, dato che dall’epigrafe e dal contesto dello stesso si evinceva in modo inequivocabile che la parte appellata fosse l’Agenzia del territorio; riteneva peraltro irrilevante la mancata indicazione anche del Comune, interventore ad adiuvandum in primo grado.

Tale ultima considerazione è errata, infatti, in tema di contenzioso tributario ed in ipotesi di litisconsorzio, per l’esistenza di una situazione che comporti l’obbligo di chiamare in causa anche in appello, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., tutte le parti presenti nella prima fase del processo, è necessario che i rapporti dedotti in causa siano inscindibili, non suscettibili di soluzioni differenti nei confronti delle varie parti del giudizio, o che due (o più) rapporti dipendano logicamente l’uno dall’altro, o da un presupposto di fatto comune, in modo tale da non consentire razionalmente l’adozione nei confronti delle diverse parti di soluzioni non conformi perchè comporterebbero capi di decisione logicamente in contraddizione tra loro.

Anche nel processo tributario, che espressamente ammette l’istituto dell’intervento D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 14, – nei limiti ivi indicati -, l’intervento adesivo dipendente determina un’ipotesi di causa inscindibile, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., con conseguente configurabilità di un litisconsorzio necessario processuale in grado di appello. L’omessa notifica dell’impugnazione al litisconsorte necessario non comporta però l’inammissibilità del gravame (tempestivamente proposto nei confronti dell’altra parte), ma soltanto l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio per ordine del giudice e, in mancanza di questo, la nullità dell’intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità. Pertanto la mancata notifica dell’impugnazione all’interventore non comporta l’inammissibilità dell’appello, dovendo il giudice nell’ambito del suo dovere di verificare la regolarità della costituzione del contraddittorio, ordinarne l’integrazione.

Tuttavia,nella specie, pur in assenza da parte del giudice di tale ordine, poichè la parte, pur non intimata, era presente nel giudizio di secondo grado, con la propria costituzione ha sanato la nullità del giudizio, anche perchè dal disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, – secondo il quale “il ricorso in appello è proposto… nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado…” non si deduce che l’inosservanza di questa prescrizione sia sanzionata con la nullità, sia perchè comunque, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., nessuna nullità può essere comminata se non espressamente prevista o quando comunque l’atto ha raggiunto il suo scopo.

Anche il secondo motivo è infondato.

E’ pur vero che la C.T.R. ha errato nel affermare che l’U.T.E. aveva rideterminato la rendita a seguito della pronuncia definitiva della C.T.P. n. 207/12/99 del 29.10.1999 – 7.3.2000, mentre la messa in atti della rendita impugnata in questo procedimento non poteva essere eseguita in ottemperanza di quel comando giudiziario in quanto era stata effettuata in epoca precedente alla data della pronuncia e del passaggio in giudicato di quella sentenza. Tuttavia la mancata inottemperanza di quel giudicato è assolutamente irrilevante, in quanto a seguito dell’istanza di attribuzione di una nuova rendita per variazione della consistenza dell’immobile, l’adeguamento della vecchia rendita sarebbe stata del tutto inutile e priva di efficacia, stante la necessità di adeguare la stessa alla nuova situazione di fatto.

E’, invece, conforme a diritto la pronuncia della C.T.R. relativa alla legittimità e tempestività dell’impugnativa della rendita messa in atti il 28.4.1999 e, quindi, anteriormente al 31.12.1999; infatti ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2, ultimo periodo, la ricorrente era legittimata all’impugnativa entro i sessanta giorni dall’entrata in vigore di tale normativa, non potendosi dedurre, nel silenzio della legge, come, invece, sostenuto dal Comune ricorrente, che fosse necessario che la rendita fosse stata notificata al contribuente o che fosse stata recepita in un atto impositivo.

Tutto ciò premesso e dichiarata assorbita ogni altra censura, il ricorso deve essere respinto. Non si fa luogo alla liquidazione delle spese, poichè le parti intimate non hanno svolto alcuna attività difensiva in questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

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