Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14422 del 08/07/2020
Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 08/07/2020), n.14422
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3844/2019 proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in Padova, vicolo M.
Buonarroti n. 2 int. 3, presso lo studio dell’avv. M.M. Bassan che
lo rappresenta e difende per procura speciale allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3227/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 26/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/01/2020 dal cons. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
1) La Corte d’Appello di Venezia ha respinto il gravame proposto da S.M., cittadino del Pakistan richiedente asilo, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, e di quella umanitaria.
Il ricorrente aveva riferito di avere abbandonato il proprio paese perchè minacciato di morte da alcuni amici che avrebbero voluto coinvolgerlo in un traffico di stupefacenti, i quali avevano gravemente ferito il padre che lo aveva accompagnato a sporgere denuncia alla polizia.
La corte distrettuale ha ritenuto il racconto non credibile, sia per la sua genericità sia per la mancanza di linearità fra le dichiarazioni rese dall’appellante dinanzi alla Commissione Territoriale e quelle rese nel corso del giudizio di primo grado; ha inoltre rilevato che il richiedente, nel corso delle due audizioni, non aveva fatto alcun cenno alla situazione generale del suo paese quale fonte di effettivo pericolo per la sua incolumità; ha infine respinto la domanda subordinata di riconoscimento della protezione umanitaria “in difetto di qualsivoglia elemento… idoneo a definire la presumibile durata di un’esposizione a rischio”.
Contro la sentenza, pubblicata il 26.11.2018, S.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1) Il ricorrente censura la decisione: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., contestando il giudizio di non credibilità delle sue dichiarazioni; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6 (con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 comma 3), ovvero con riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h)-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per mancata valutazione della situazione del suo paese d’origine, ai fini del riconoscimento della sussistenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari; (iii) sotto un terzo profilo, per omessa motivazione in ordine alla sua inclusione sociale e per omessa valutazione della documentazione prodotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5
2) Il primo motivo è inammissibile, perchè, ancorchè dedotto sotto il profilo della violazione di legge, si risolve nella richiesta di una nuova valutazione di merito in ordine alla credibilità del ricorrente, che la corte del merito ha escluso sul rilievo, neppure specificamente contestato, della genericità del suo racconto (in particolare con riguardo alle ragioni per le quali gli amici avrebbero voluto coinvolgere S. nei loro traffici illeciti) oltre che della sua scarsa linearità.
3) Il secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto perchè fra loro connessi, sono fondati, avendo il giudice respinto la domanda subordinata di riconoscimento della protezione umanitaria limitandosi a rilevare la “mancanza di elementi atti a definire la durata dell’esposizione a rischio del ricorrente”.
La motivazione, che dà implicitamente atto della ricorrenza di profili di vulnerabilità del richiedente asilo quantomeno transeunti, oltre ad apparire già per tale ragione illogica e contraddittoria, non risulta fondata su alcun elemento di fatto (in particolare non è stata condotta un’ analisi della situazione socio-politica del Pakistan, volta a verificare se, in caso di rientro nel paese, sia garantito a S. il godimento dei diritti umani fondamentali, nè è stata valutata la documentazione prodotta dal richiedente al fine di dimostrare il grado di integrazione raggiunto in Italia) e si pone, pertanto, al di sotto del minimo costituzionale richiesto dalla legge.
In accoglimento del secondo e terzo motivo, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso il Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020