Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1442 del 23/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1442 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PICARONI ELISA

SENTENZA

sul ricorso 8197-2008 proposto da:
SALANDRA

MARIA

ROSARIA

C.F.SLNMRS54R421260F,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. AVEZZANA 6,
presso lo studio dell’avvocato DI MAJO LUIGI, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2013
2543

D’AMBROSIO ANTONIO C.F.DMBNTN85A49H703N, IN QUALITA’
DI EREDE DI D’AMBROSIO ERSILIO, D’AMBROSIO CLAUDIO
C.F.DMBCLD64M06B492A
D’AMBROSIO

IN

ERSILIO,

QUALITA’

DI

D’AMBROSIO

EREDE

DI
ROMEO

Data pubblicazione: 23/01/2014

C.F.DMBRM054101B492J IN PROPRIO E NELLA QUALITA’ DI
EREDE DI D’AMBROSIO ERSILIO, elettivamente domiciliati
in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 108, presso lo studio
dell’avvocato BISOGNO PATRIZIA, rappresentati e difesi
dall’avvocato CONCILIO GIOVANNI;

avverso la sentenza n. 844/2007 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 05/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. ELISA
PICARONI;
udito l’Avvocato Di Majo Luigi difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. Placidi Lelio con delega depositata in
udienza dell’Avv. Concilio Giovanni difensore dei
controricorrenti che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

– controricorrenti

Ritenuto in fatto
1. – È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Salerno, depositata il 5 dicembre 2007 e notificata il 17 gennaio 2008, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Saler-

dra Maria Rosaria nei confronti di D’Ambrosio Ersilio e
D’Ambrosio Romeo. L’attrice aveva chiesto l’accertamento
dell’avvenuta usurpazione di terreno di sua proprietà posto a
confine con quello di proprietà dei convenuti, e la condanna
dei predetti al rilascio del terreno abusivamente occupato e
al ripristino dello stato dei luoghi alla situazione antecedente al 1991, oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale aveva qualificato l’azione come regolamento
di confini; aveva ritenuto non raggiunta la prova dello sconfinamento da parte dei convenuti; aveva accertato il confine
tra le proprietà facendo applicazione della presunzione contenuta nell’art. 897 cod. civ., ed aveva infine condannato i
convenuti a ripulire il vallone posto a confine tra i fondi,
nonché a rifondere all’attrice le spese del giudizio nella misura di due terzi.
Avverso la sentenza di primo grado entrambe le parti avevano proposto appello.
L’appellante principale Salandra lamentava l’erronea qualificazione della domanda da parte del Tribunale, assumendo di
non avere proposto azione di regolamento di confini ma di ri-

no, di parziale accoglimento della domanda proposta da Salan-

vendica della porzione di fondo usurpato dalla controparte.
Evidenziava inoltre che lo spostamento dell’originario confine
di circa tre metri verso la sua proprietà era stato confermato
dai testimoni, mentre il CTU non aveva potuto rilevare il pre-

trie del 1984 e del 1995. A fronte di tali risultanze, il Tribunale aveva ritenuto inattendibili le dichiarazioni dei testi, con la conseguenza che il confine tra le proprietà era
stato erroneamente individuato nel “nuovo” vallone di scolo
delle acque, creato dai convenuti D’Ambrosio.
Quanto alla domanda di risarcimento dei danni, anch’essa
respinta dal Tribunale, l’appellante principale assumeva che
il danno fosse in re ipsa, per l’impossibilità di coltivare la
striscia di terreno sottratta, e richiamava le conclusioni del
proprio consulente sulla quantificazione del danno stesso, tenuto conto anche della perdita di numerose piante da frutto e
del mancato utilizzo della porzione di terreno che, per effetto dello spostamento del corso delle acque, era soggetta a
continui allagamenti.
I sigg.ri D’AMbrosio si costituivano chiedendo, in via
preliminare, l’integrazione del contraddittorio nei confronti
degli eredi di D’Ambrosio Ersilio, nel frattempo deceduto, e,
nel merito, il rigetto dell’appello principale e la riforma
della sentenza nella parte in cui affermava la loro responsa-

detto spostamento attraverso la lettura delle aerofotogramme-

bilità per l’ostruzione del canale di scolo e li condannava al
pagamento delle spese di lite in misura di due terzi.
2. – La Corte d’appello di Salerno rigettava sia l’appello
principale che quello incidentale, dichiarava inammissibile

dei consorti D’Ambrosio, con il quale era stata avanzata domanda di accertamento del confine sulla base delle mappe catastali, e dichiarava compensate le spese di giudizio del grado.
2.1. – In particolare, secondo la Corte d’appello, non era
stata raggiunta la prova dell’avvenuta usurpazione di porzione
di fondo. Correttamente, infatti, il Tribunale aveva ritenuto
i testi escussi inattendibili, ttesa la genericità, oltre che
atecnicità delle relative dichiarazioni, peraltro non coincidenti, tali da non poter prevalere sulle conclusioni cui era
pervenuto il CTU circa la mancanza di elementi comparativi sicuri per accertare significativi spostamenti del canale di
scolo.
Avuto riguardo alle richieste istruttorie svolte in grado
di appello, la Corte distrettuale evidenziava, innanzitutto,
che il CTU incaricato dal TI:ibunale aveva esaminato puntualmente le osservazioni tecniche della parte attrice, e quindi
riteneva superfluo il rinnovo delle indagini tecniche finalizzate all’accertamento della presunta originaria posizione del
canale di scolo.

3

l’ulteriore appello incidentale proposto dal nuovo difensore

In riferimento alla richiesta di indagine tecnica per accertare ulteriori danni, diversi da quelli dedotti in primo
grado, la Corte d’appello riteneva il mezzo di prova inammissibile, in quanto connesso a comanda nuova.

in primo grado era stata raggiunta la prova che i consorti
D’Ambrosio avevano proceduto alla immissione di materiali di
risulta sulle sponde del canale, durante l’esecuzione di lavori, che essi stessi avevano ammesso di avere eseguito, senza
peraltro dimostrare che la controparte avesse acconsentito alla modifica dei luoghi. Risultava pertanto giustificata la
condanna alla rimozione dei rifiuti presenti nel canale, oltre
che al pagamento delle spese del giudizio nella misura di due
terzi.
3. – Per la cessazione della sentenza della Corte
d’appello la sig.ra Salandra ha proposto ricorso, con atto notificato il 17 marzo 2C09, sulla- base di due motivi.
Gli Intimati hanno , resistito con controricorso.
Considerato in diritto

l. – Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. – Con il primo motjeio la ricorrente deduce la violazione della disciplina sulla prova contenuta negli artt. 2697
cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., nonché del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112

2.2. – L’appello incidentale era rigettato sul rilievo che

(-

cod. proc. civ., quest’ultimo anche in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 5 cod. proc. civ.
Il motivo investe in primo luogo la valutazione della Corte d’appello in punto di prova della usurpazione di porzione

la Corte avrebbe disatteso la prova fornita dall’appellante,
fondando la decisione unicamente sulle conclusioni del CTU.
La ricorrente ha formulato il quesito nei seguenti termini: «se la prova testimoniale acquisita nel corso del giudizio
è idonea e sufficiente, in relazione alla pretesa avente ad
oggetto un bene immobile (nella specie restituzione del terreno usurpato e ripristino dello stato dei luoghi), a fondare il
convincimento del giudice ai fini dell’accoglimento della domanda attorea».
1.2. – La doglianza non è ammissibile alla luce della formulazione del quesito, che risulta generico ed astratto e, in
definitiva, non correlato al motivo.
Se, infatti, non è revocabile in dubbio che la prova testimoniale possa, da sola, fondare il convincimento del giudice sulla avvenuta usurpazione di terreno, non è questo il profilo che viene in rilievo nella presente vicenda.
Nella specie, infatti, la Corte d’appello ha valutato le
dichiarazioni testimoniali e le ha ritenute non convincenti in
considerazione sia del loro contenuto – in quanto generiche e
non univoche – sia delle conclusioni cui è giunto il consulen-

di fondo e conseguente spostamento del confine: erroneamente

te tecnico d’ufficio, all’esito degli accertamenti effettuati
utilizzando le migliori tecniche di rilevamento dei confini.
La soluzione del quesito non potrebbe avere ricadute sul
processo.

della domanda, come azione di regolamento di confine anziché
di rivendica, donde la asserita extrapetizione in cui sarebbe
incorsa la Corte d’appello, censurata anche con riferimento al
vizio di motivazione.
2.1. – La doglianza è inammiasibile, in quanto la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3) e 5)
dell’art. 360 cod. proc. civ., non è accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonché,
per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, come richiesto dalla duplice previsione di cui all’art. 366-bis cod.
proc. civ. (Cass., sez. 3, sentenza n. 12248 del 2013).
3. – Con il secondo motivo è dedotta l’omessa, insufficiente, contraddittoria m•tivazione circa un fatto controverso
e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
La ricorrente lamenta il fraintendimento che segnerebbe il
ragionamento seguito dalla Corte d’appello, in riferimento
all’esatta individuazione della linea di confine tra i fondi,
erroneamente ritenuto coincidente con l’attuale canale o vallone, formatosi a seguito

dei

lavori eseguiti dai sigg.ri

2. – In secondo luogo, il motivo investe la qualificazione

D’Ambrosio. Pertanto, la motivazione della sentenza in ordine
al “fatto controverso”, enucleabile nel mutamento dello stato
dei luoghi, con creazione di un nuovo alveo all’interno della
proprietà della ricorrente, risulterebbe insufficiente e con-

3.1. – La doglianza è infondata.
La Corte d’appello ha proceduto alla individuazione della
linea di confine tra i fondi, ritenendola coincidente con
l’attuale canale o vallone, depe avere escluso che fosse stata
raggiunta la prova dello sconfinamento da parte dei sigg.ri
D’Ambrosio.
La valutazione delle prove testimoniali e degli esiti
dell’indagine tecnica è assistita da motivazione adeguata, coerente e logicamente congrua.
Come già segnalato nel pwragrafo 1.2., la Corte distrettuale ha esaminato le prove testimoniali, evidenziandone i limiti, e le ha confrontate con gli esiti dell’accertamento effettuato dal CTU. Quest’ultimo aveva concluso per la impossibilità di accertare significativi spostamenti del canale di scolo,
dopo avere verificato «la sovrapponibilità del grafico dello
stato dei luoghi – da lui eseguito con metodo celerimetrico su
tre stazioni – con due aerofotogrammetrie » risalenti rispettivamente al 1984 e al 1995 (y ,Fg. 10 della sentenza), vale a
dire a periodi antecedenti e successivi al 1991, anno nel qua-

traddittoria.

le

si sarebbe verificato il lamentato mutamento dello stato

dei luoghi.
3.3. – La Corte d’appello ha infine valutato la necessità
di rinnovare l’indagine tecnica, come richiesto

sul rilievo della completezza di quella già effettuata.
Risulta, per contro, contraddittoria la critica che la ricorrente muove alla sentenza impugnata, là dove per un verso
assume la sufficienza delle sole dichiarazioni testimoniali a
dimostrare il lamentato mutamento dello stato dei luoghi e,
per altro verso, si duole della mancata rinnovazione della
CTU, di modo che la critica finisce per investire le conclusioni cui il CTU è pervenuto.
4. – Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza.
PER. QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla
rifusione delle spese di lite che liquida nella somma complessiva di euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 4 dicembre
2013.

dall’appellante principale, odierna ricorrente, e l’ha esclusa

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