Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14419 del 08/07/2020
Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 08/07/2020), n.14419
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3289/2019 proposto da:
U.G., elettivamente domiciliato in Roma Vicolo Della
Garbatella, 2 presso lo studio dell’avvocato Russo Francesco Antonio
che lo rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3107/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 15/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/01/2020 dal cons. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
1) La Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame proposto da U.G., cittadino del Bangladesh richiedente asilo, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, e di quella umanitaria.
Il ricorrente aveva riferito di avere lasciato il proprio paese dopo aver abbandonato il lavoro perchè picchiato dalla polizia, che, nel corso di una manifestazione, lo aveva scambiato per un oppositore politico, e di temere le minacce degli usurai che avevano prestato ai familiari il denaro necessario a fargli intraprendere il viaggio.
La corte distrettuale ha rilevato che dalla stessa narrazione dell’appellante emergeva come questi fosse un migrante economico, posto che nei suoi confronti non pendeva alcuna indagine per presunta appartenenza al partito politico di opposizione, che egli non temeva di essere arrestato in caso di rimpatrio e che i suoi timori nascevano solo da possibili comportamenti degli usurai, le cui minacce e violenze erano però state raccontate in termini totalmente generici e sostanzialmente inattendibili, tanto più che non era stata presentata alcuna denuncia nei loro confronti. Ha inoltre rilevato che la situazione generale del Bangladesh presenta problemi politici ed economici ma non è fuori controllo, ed ha escluso che fossero stati allegati profili di vulnerabilità del richiedente tali da giustificare il rilascio di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, non essendo a tal fine sufficiente che questi avesse trovato lavoro in Italia.
Contro la sentenza, pubblicata il 15.11.2018, U.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1) Il ricorrente, con entrambi i motivi (che denunciano, rispettivamente, nullità della sentenza per violazione di-non indicate-norme di diritto e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio) lamenta di non essere stato ritenuto credibile; imputa alla corte d’appello un contegno non conforme al principio di imparzialità, per non essersi limitata a giudicare il fatto e le allegazioni documentali, ma aver espresso un pregiudizio e aver posto a base della decisione un sospetto, rilevando che, in assenza di acquisizione di elementi atti a smentirle, le sue dichiarazioni dovevano essere ritenute attendibili anche in forza del principio del “favor rei”.
2) I motivi vanno dichiarati inammissibili.
Essi, infatti, prescindono del tutto dalla motivazione che sorregge la decisione – basata proprio sulle dichiarazioni del ricorrente, ritenute inattendibili solo in parte -, sono privi della specificazione dei fatti e dei documenti che la corte d’appello avrebbe omesso di esaminare e appaiono, in definitiva, connotati da un così elevato grado di genericità e astrattezza (specie nella parte in cui adombrano il difetto di imparzialità del giudice a quo) da risultare inintellegibili.
La mancata predisposizione di difese da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
Così deciso il Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020