Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14418 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 14418 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 29854-2006 proposto da:
CIBODDO MARIA ISIDONIA (c.f. CBDMSD69E59I452W),

Data pubblicazione: 07/06/2013

CIBODDO GIOVANNI BATTISTA (C.F. CBDBTS70H10I452F),
COLUMBIANO MARIA MADDALENA (C.F.
2013
494

CLMMMD32P61A453C), nella qualità di eredi di
CIBODDO GEROLAMO, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA LOMBARDIA 23/C, presso l’avvocato GUIDI

ENRICO, che li rappresenta e difende unitamente

1

all’avvocato CORDELLA MARIO, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrenti z

contro

FALLIMENTO DELLA ARCHEO SUD S.R.L.;

sul ricorso 33400-2006 proposto da:
FALLIMENTO DELLA ARCHEO SUD S.R.L., in persona del
Curatore avv. UGO INDRI, elettivamente domiciliato
in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso l’avvocato
PASTORE FRANCO, che lo rappresenta e difende,
giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

CIBODDO MARIA ISIDONIA (c.f. CBDMSD69E59I452W),
CIBODDO GIOVANNI BATTISTA (C.F. CBDBTS70H10I452F),
COLUMBIANO MARIA MADDALENA (C.F.
CLMMMD32P61A453C), nella qualità di eredi di

– intimato –

CIBODDO GEROLAMO, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA LOMBARDIA 23/C, presso l’avvocato GUIDI
ENRICO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CORDELLA MARIO, giusta procura a
margine del ricorso principale;
– controricorrenti al ricorso incidentale –

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avverso la sentenza n. 1153/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 21/03/2013 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito

il

P.M.,

in

persona

del

Sostituto

Procuratore Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO
che ha concluso per il rigetto di entrambi
ricorsi.

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato CORDELLA che

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Svolgimento del processo
Il Fallimento della s.r.l. Archeo Sud agiva in giudizio
nei confronti degli eredi di Ciboddo Gerolamo, Ciboddo
Maria Isidonia, Ciboddo Giovanni Battista e Columbano

Maria Maddalena, chiedendo la restituzione della somma di
lire 30.000.000, quale caparra versata al momento della
stipulazione del contratto del 28/1/87, risolto dalla
sentenza del Tribunale di Roma 5800/96,– e la
corresponsione della somma di lire 366.410.000, quale
valore delle opere utilmente eseguite dal Fallimento,
nella lottizzazione dei Ciboddo, oltre interessi.
Gli eredi Ciboddo contestavano la domanda e chiedevano in
riconvenzionale che gli eventuali crediti accertandi a
favore del Fallimento fossero compensati con il maggiore
controcredito a favore di essi convenuti, per il
risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale,
come riconosciuti giudizialmente.
Il Tribunale, con sentenza 23374/04, statuiva che il
contratto del 28/1/87 configurava contratto complesso di
vendita mista ad appalto; che la caparra versata andava
restituita al Fallimento, essendosi risolto il contratto;
che il credito di restituzione andava liquidato come
“valore venale dell’opus” nonché con riferimento alla
pronuncia di risoluzione, nella quale trovava fonte
l’obbligo restitutorio; che tale credito, accertato dal
4

C.T.U. in lire 366.410.000 nel giudizio di cui alla
sentenza del Tribunale di Roma 5800/96, doveva essere
ridotto in via equitativa del 30%, con interessi dalla
messa in mora(racc. a. r. ricevuta dai Ciboddo il

15/2/01); che era ammissibile e fondata l’eccezione
riconvenzionale dei convenuti, in particolare, per il
rimborso delle spese legali dei pregressi giudizi, in
euro 45.475,00, per il maggior costo delle opere eseguite
dai committenti per evitare la decadenza dalla
lottizzazione approvata, nella misura di euro 296.820,00;
che quindi i controcrediti erano più che sufficienti a
compensare il credito del Fallimento accertato in euro
147.958,19, anche considerato provato che i Ciboddo erano
dovuti ricorrere a finanziamenti bancari, sostenendone i
relativi interessi passivi.
La sentenza veniva impugnata dal Fallimento; gli
appellati si costituivano ed eccepivano l’inammissibilità
e l’infondatezza del gravame.
La Corte d’appello, con pronuncia 3/2-2/3/2006, in
parziale riforma della sentenza appellata, ha dichiarato
inammissibile l’eccezione di compensazione sollevata dai
Ciboddo e ha determinato il credito del Fallimento in
euro 204.728,68, con gli interessi legali dal 15 febbraio
2001, compensando integralmente tra le parti le spese.

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La

Corte

del

merito,

premessa

l’ammissibilità

dell’appello, ha rilevato che il Tribunale aveva
accertato compiutamente il credito dei Ciboddo e
Columbano, accertamento ammissibile solo con

l’insinuazione al passivo ex art. 93 e ss. 1.f.; ha
ritenuto fondata la censura del Fallimento quanto alla
decurtazione del credito per il deperimento delle opere,
non risultando interventi diretti a rifacimenti né opere
o manutenzioni straordinarie, né riduzione di valore
delle opere realizzate; ha ritenuto tale credito avente
natura di valuta, per riguardare il costo delle opere
eseguite ed accertate dal C.T.U. con riferimento ai
prezzi contrattuali.
Avverso detta pronuncia ricorrono Ciboddo Maria Isidonia,
Ciboddo Giovanni Battista e Columbano Maria Maddalena,
sulla base di sette motivi.
Il Fallimento si difende con controricorso, ed avanza
ricorso incidentale affidato a due motivi.
I ricorrenti hanno depositato memoria avverso ricorso
incidentale.
I ricorrenti hanno depositato la memoria ex art.378
c.p.c., nonché note d’udienza.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo*

i ricorrenti denunciano

violazione e falsa applicazione degli artt.99, 112, 342 e
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163 c.p.c., nonché 2909 c.c., per avere la Corte del
merito ritenuto ammissibile l’appello, con la motivazione
che sono chiaramente indicati i fatti di causa e le
censure esposte”, mentre l’atto d’appello non conteneva

alcuna analisi dettagliata e approfondita né specifica
censura alle argomentazioni addotte dal Tribunale,
limitandosi gli appellanti a segnalare che il Tribunale
aveva omesso di considerare i punti fatti valere dal
Fallimento.
1.2.- Col secondo mezzo, i ricorrenti denunciano vizio di
insufficiente ed erronea motivazione sul punto decisivo
indicato sub n.1) della inammissibilità dell’appello,
aggiungendosi che l’atto di impugnazione del Fallimento
era privo della espositiva in fatto, si limitava a
critiche soggettive ed era privo dei motivi specifici.
1.3.- Col terzo motivo, i ricorrenti denunciano vizio di
violazione e falsa applicazione degli artt.99, 111, 112,
190 bis c.p.c., 324, 327, 329, 340, 345, 346, 31 e 35
c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.
Secondo i ricorrenti, la Corte d’appello, nel rilevare
l’inammissibilità della compensazione, ha deciso ultra o
extra petita ed ha violato il giudicato sul punto dell’
ammissibilità della compensazione, che si era formato
sulla sentenza del Tribunale, in assenza di specifici
motivi d’appello.
7

1.4.- Col quarto motivo, i ricorrenti censurano la
sentenza del Giudice del merito, per violazione e falsa
applicazione degli artt. 99, 35, 112, 156, 183, 3 ° e 4 °
comma, 359 c.p.c., 56, 93 e 94 1.f., 1241 c.c., e vizio

di motivazione, sul punto della ammissibilità
dell’eccezione di compensazione ed interpretazione ed
applicazione delle norme citate.
I Ciboddo-Columbano avanti al Tribunale avevano sollevato
l’eccezione di compensazione dei loro maggiori crediti
con i crediti azionati dal Fallimento, ed il Tribunale si
era pronunciato limitatamente a tale eccezione,
conoscendo incidentalmente le voci di danno, al solo fine
di paralizzare la domanda attorea; la Corte del merito ha
trasformato l’eccezione in domanda, ha rilevato
l’eccezione di inammissibilità non proposta ed ha violato
il giudicato formatosi sull’ammissibilità dell’eccezione
di compensazione.
1.5.- Col quinto mezzo, i ricorrenti denunciano sotto il
profilo del vizio di motivazione i punti esposti sub nn.
3 e 4.
1.6.- Col sesto motivo, i ricorrenti denunciano il vizio
ex art.360 n.3 c.p.c. in relazione agli artt.56 1.f. e
1241 c.c., nonché la falsa applicazione dell’art. 52
1.f., per non avere la Corte d’appello ritenuto
ammissibile la compensazione del credito verso il
8

Fallimento,

fatta

valere

in

via

di

eccezione

riconvenzionale.
1.7.- Con il settimo mezzo, i ricorrenti denunciano vizio
di violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 100,

112, 115, 342 c.p.c. ,2697 e 1226 c.c.
La prova del deterioramento delle opere eseguite è stata
accertata dal Tribunale, e risulta alla stregua della
C.T.U., né sul punto vi era stata impugnazione; inoltre,
il Fallimento difettava di interesse ad appellare,
essendo irrilevante l’abbattimento del 30% a fronte del
superiore controcredito.
2.1- Col primo motivo del ricorso incidentale, il
Fallimento denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art.112 c.p.c., avendo richiesto la condanna della
controparte al pagamento del saldo, mentre la sentenza
impugnata si limita all’accertamento richiesto.
2.2.- Col

secondo mezzo,

il

Fallimento denuncia

violazione e falsa applicazione dell’art.1458 c.c. in
relazione agli artt.1499 e 1224 c.c., chiedendo il
riconoscimento degli interessi dal giorno dell’esborso,
trattandosi di credito di valore, e trattandosi di
interessi compensativi.
3.1.- I due ricorsi principale ed incidentale vanno
riuniti ex art. 335 c.p.c.

9

Il primo ed il secondo motivo, 1522.21 in quanto strettamente
collegati, vanno trattati congiuntamente, e, ritenuta
l’infondatezza della denuncia della violazione e falsa
applicazione dell’art.324 c.p.c., sono nel resto da

ritenersi inammissibili.
Va infatti rilevato che, come ritenuto nella recente
pronuncia delle Sezioni Unite, 8077/2012, quando col
ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che
comporti la nullità del procedimento o della sentenza
impugnata, ed in particolare un vizio afferente alla
nullità dell’atto introduttivo del giudizio per
indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle
ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità
non deve limitare la propria cognizione all’esame della
sufficienza e logicità della motivazione con cui il
giudice di merito ha vagliato la questione, ma è
investito del potere di esaminare direttamente gli atti
ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la
censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità
alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed
oggi quindi, in particolare, in conformità alle
prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6,
e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4).
Da ciò consegue l’inammissibilità della denuncia di
violazione di norme sostanziali o di vizi di motivazione,
10

nel caso in cui la parte denunci vizi di attività del
giudice.
Quanto alla denuncia di violazione e falsa applicazione
della norma processuale dell’art.342 c.p.c., la stessa è

infondata, atteso che, trattandosi di impugnazione intesa
a far valere sostanzialmente l’omessa considerazione dei
punti esposti dal Fallimento, come gli stessi ricorrenti
riconoscono, tale doglianza era idonea ad investire il
Giudice del gravame della rivalutazione della materia del
contendere.
3.2.-

I

motivi

terzo,

quarto,

quinto

e

sesto,

strettamente connessi, vanno valutati congiuntamente e
sono da ritenersi fondati nei limiti e per le ragioni di
seguito esposti.
A riguardo, va rilevato che la Corte del merito:
l) ha richiamato la pronuncia delle Sezioni unite
21499/2004, che si è espressa nel senso di ritenere che,
promosso dal Curatore giudizio per il recupero di un
credito contrattuale del fallito, è inammissibile- o
improcedibile, se formulata prima della dichiarazione di
fallimento e riassunta nei confronti del Curatore- la
domanda riconvenzionale per far valere un controcredito
verso il Fallimento, derivante dallo stesso rapporto, che
deve invece essere fatta valere come domanda di
ammissione al passivo;
11

2)

ha

applicato

detto

principio

all’eccezione

riconvenzionale di compensazione, sollevata dai CiboddoColumbano, ritenendo a riguardo che il Tribunale aveva
proceduto all’accertamento pieno del controcredito,

Dalla schematica ricostruzione dell’

ammissibile solo in sede fallimentare.
argomentazione

addotta dalla Corte d’appello, appaiono evidenti le
violazioni e false applicazioni così operate: ed infatti,
il principio espresso dalle Sezioni unite nelle pronunce
21499/2004 e 21500/2004 (seguito dalle successive
pronunce delle sezioni semplici, 453/05, 17749/09,
73/2012) vale per le domande riconvenzionali e non poteva
essere applicato nel diverso caso dell’eccezione
riconvenzionale, sollevata nel caso ( sul principio, vedi
tra le ultime, le pronunce 64/2012, 15562/2011,
287/2009); la distinzione tra domanda ed eccezione
riconvenzionale, nella specie, di compensazione, va
condotta alla stregua del petitum richiesto( nel primo
caso, la parte intende ottenere la pronuncia, idonea al
passaggio in giudicato, a sé favorevole di accertamento o
di condanna in relazione all’importo in tesi spettante
alla medesima parte una volta operata la compensazione;
nel secondo caso, la parte intende solo paralizzare la
domanda di condanna della controparte, e quindi che nulla
spetta a questa o che le spetta la somma decurtata del
12

controcredito),

mentre non incide la “compiutezza”

dell’accertamento,

non

richiesto

dalla parte

con

efficacia di giudicato, e che in ogni caso, non potrebbe
che essere “pieno” nel giudizio ordinario di cognizione,

anche se incidentale, non configurandosi a riguardo la
sommarietà della cognizione, propria di altri tipi di
procedimenti.
E chiaramente nel caso i Ciboddo-Columbano avevano fatto
valere i propri controcrediti per paralizzare la domanda
del Fallimento, senza intendere partecipare al concorso,
ed in tal senso si era pronunciato il Tribunale, non
emettendo alcuna statuizione, di accertamento o di
condanna, in relazione ai controcrediti dei Ciboddo, ma
pronunciandosi per l’integrale compensazione dei crediti
del Fallimento e quindi, se si vuole più correttamente,
per il non accoglimento della domanda del Fallimento.
Ciò posto, si deve concludere per l’ammissibilità
dell’eccezione di compensazione, ai sensi dell’art. 56
1.f., come interpretato dalla giurisprudenza.
Ed infatti, come ritenuto, tra le ultime, nella pronuncia
10025/2010( e conforme la successiva 18915/2010), la
disposizione contenuta nell’art. 56 1.f. rappresenta una
deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovino
ad essere al contempo creditori e debitori del fallito,
non rilevando il momento in cui l’effetto compensativo si
13

produce e ferma restando l’esigenza dell’anteriorità del
fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle
obbligazioni contrapposte; le stesse esigenze poste a
base della citata norma giustificano l’ammissibilità

anche della compensazione giudiziale nel fallimento, per
la cui operatività è necessario che i requisiti dell’art.
1243 cod. civ. ricorrano da ambedue i lati e sussistano
al momento della pronuncia, quando la compensazione viene
eccepita.
3.3.-

Il

settimo motivo è

inammissibile,

attesa

l’irrilevanza dell’abbattimento del 30%, a fronte del
credito accertato, di entità di gran lunga superiore a
quello del Fallimento.
4.1.- Il primo motivo del ricorso incidentale è da
ritenersi assorbito dall’accoglimento dei motivi del
ricorso principale; il secondo motivo è inammissibile, in
quanto generico,non avendo il Fallimento precisato a
quale data ha fatto riferimento il C.T.U., se alla data
dell’esborso o della liquidazione dallo stesso operata.
5.1.- Conclusivamente, accolto il ricorso nei limiti di
cui in motivazione, va cassata la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e,non occorrendo ulteriori
accertamenti di merito, la causa può essere decisa nel
merito, ex art.384, 2 ° comma,ultima parte c.p.c.
considerato che il controcredito, per quanto già
14

accertato dal Tribunale, in complessivi euro 342.295,00,
..

è in ogni caso superiore all’importo dovuto al
Fallimento, anche non decurtato del 30%, come accertato
,

dalla Corte del merito, pari ad euro 204.728,68, oltre

interessi legali dal 15/2/2001, operata la compensazione,
va rigettata la domanda di condanna del Fallimento.
Atteso l’esito complessivo della lite, va condannato il
Fallimento alla rifusione alla controparte delle spese
dell’intero giudizio, negli importi come precisati in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso
principale nei sensi di cui in motivazione, dichiara
inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza
impugnata in relazione alle censure accolte e,decidendo
nel merito, rigetta la domanda di condanna del
Fallimento.
Condanna il Fallimento alle spese del giudizio, liquidate
per il giudizio di I grado, in euro per 2.300,00 per
diritti, euro 7.000,00 per onorari ed euro 250,00 per
spese, oltre spese generali ed accessori di legge; per il
..

giudizio di II grado, in euro 1.838,00 per diritti, euro
8.000,00 per onorari ed euro 250,00 per spese, oltre
spese generali ed accessori di legge; per il presente

.

15

giudizio di legittimità, in euro 11.000,00, oltre euro
200,00 per esborsi; oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 21 marzo 2013

Il Presidente

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