Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14412 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/06/2011, (ud. 16/03/2011, dep. 30/06/2011), n.14412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9144-2007 proposto da:

ASSOCIAZIONE TEATRO DI ROMA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 35, presso lo studio

dell’avvocato APUZZO TIZIANA, rappresentata e difesa dall’avvocato DE

NOTARISTEFANI DI VASTOGIRARDI ANTONIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.S.;

– intimato –

sul ricorso 12408-2007 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ANGELOZZI GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

ASSOCIAZIONE TEATRO DI ROMA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 35, presso lo studio

dell’avvocato APUZZO TIZIANA, rappresentata e difesa dall’avvocato DE

NOTARISTEFANI DI VASTOGIRARDI ANTONIO, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 7851/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/01/2007 r.g.n. 8732/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato ANGELOZZI GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

assorbimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/11/06 – 11/1/07 la Corte d’Appello di Roma rigettò l’appello proposto dall’Associazione Teatro di Roma avverso la sentenza n. 6214 del 24/2/03 del giudice del lavoro dei Tribunale di Roma con la quale era stato dichiarato che a decorrere dal 17/7/95 era intercorso tra P.S. e l’impresa teatrale un contratto di lavoro a tempo indeterminato per effetto dell’accertata nullità del termine apposto al primo dei contratti che avevano avuto per oggetto l’assunzione del medesimo in qualità di elettricista. A fondamento della decisione la Corte capitolina spiegò che difettavano nella fattispecie le condizioni di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett e) che avrebbero potuto giustificare il ricorso alla tipologia del contratto a termine, che la stagionalità dell’attività, dedotta come causale dell’assunzione, rappresentava una circostanza nuova non prospettata in primo grado e, in ogni caso, la prima delle assunzioni, a decorrere dalla quale era stata affermata l’insorgenza del diverso rapporto di lavoro a tempo indeterminato, era avvenuta con riferimento a singoli spettacoli. Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Associazione Teatro di Roma, affidando l’impugnazione a tre motivi di censura.

Resiste con controricorso il P., il quale propone, altresì, ricorso incidentale condizionato attraverso due motivi di censura al quale la controparte si oppone con controricorso. Entrambe le parti depositano memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

1. Col primo motivo l’Associazione teatrale ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 416, 420 e 437 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) adducendo che la stagionalità dell’attività, dedotta come causale dell’assunzione della controparte, non rappresentava, come affermato dal giudice d’appello, una circostanza nuova non prospettata in primo grado, posto che la stessa costituiva, in realtà, una mera difesa e non un’eccezione, per cui non era soggetta alle preclusioni del rito. Di conseguenza, viene posto il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte suprema che il divieto di cui all’art. 437 c.p.c. non concerne le mere difese e quindi non preclude la possibilità, nel silenzio dell’attore in ordine alla esistenza dei presupposti di applicabilità del D.P.R. n. 1525 del 1963, di dedurre in appello la legittimità del contratto di lavoro a termine ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lettera A dopo averla dedotta in primo grado ex art. 1, lett. E”.

2. Col secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., nonchè la motivazione omessa o comunque insufficiente su di un punto decisivo della controversia.

Si sostiene, in pratica, che anche se non era stata espressamente richiamata la L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. a) era stato, però, evocato il concetto della stagionalità dell’attività oggetto di contratto, anche tramite il riferimento alle attività collegate esclusivamente alla realizzazione di singoli spettacoli o serie di spettacoli connessi alla stagione teatrale, per cui il giudice avrebbe dovuto tener conto del contenuto dell’eccezione e non della mancata indicazione di una norma giuridica.

A conclusione del motivo si formula il seguente quesito: “Dica la Corte suprema che, nell’interpretare le eccezioni sollevate, il giudice del merito deve tenere conto del loro contenuto sostanziale, e non della mancata indicazione delle norme giuridiche sulle quali esse possono trovare fondamento”.

3. Col terzo motivo ci si lamenta della violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, commi 2, lett. A e art. 6 nonchè del relativo allegato del D.P.R. n. 1525 del 1963, art. 1 (art. 360 c.p.c., n. 3) e si chiede di accertare quanto segue:

“Dica la Corte suprema che nel settore teatrale, L. n. 230 del 1962, ex art. 1, lett. A e D.P.R. n. 1525 del 1963 è possibile la stipula di contratti di lavoro a termine con il personale non menzionato dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. e sempre che tale personale venga addetto a singoli spettacoli o ad una serie di spettacoli consecutivi di durata prestabilita, anche se tale durata non coincida con la stagione di calendario ed abbracci un più limitato lasso di tempo.” Da parte sua il P., nel proporre ricorso incidentale condizionato, formula due motivi coi quali si duole della omessa pronunzia sull’eccezione di nullità del ricorso d’appello per difetto di sottoscrizione dell’atto notificato (nome solo dattiloscritto del difensore) e per omessa autentica della firma apposta in calce al mandato, chiedendo, nel contempo, che in caso di rinvio vengano esaminati i contratti successivi al primo.

Osserva la Corte che la disamina dei motivi del ricorso principale non può prescindere da quella del contenuto dei contratti a termine stipulati dal P. con l’Associazione Teatro di Roma nel periodo oggetto di causa, atteso che le questioni poste dalla difesa di quest’ultima con riferimento alla stagionalità dell’attività teatrale e alle attività collegate esclusivamente alla realizzazione di singoli spettacoli o serie di spettacoli connessi alla stagione teatrale che avrebbero costituito il vero oggetto dei contratti, in relazione ai quali erano avvenute le assunzioni a termine dell’odierno controricorrente, presuppongono una valutazione diretta del contenuto dei contratti sul quale la ricorrente medesima incentra le sue eccezioni ed i suoi motivi di censura.

Tuttavia, tale onere di produzione documentale, imposto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, a pena di improcedibilità, non risulta essere stato soddisfatto nella fattispecie.

Invero, come hanno avuto modo di statuire le sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/3/2010) “in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione dei fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso.” Ne consegue che l’impossibilità di effettuare la disamina dei motivi di censura che presuppongono la conoscenza compiuta dei contenuti contrattuali conduce a ritenere che rimane insuperata l’autonoma “ratio decidendi” sulla quale in ultima analisi si fonda la sentenza impugnata, vale a dire la ritenuta illiceità dell’apposizione del termine al primo dei contratti, riferito a singoli spettacoli e non ad una intera attività stagionale, illiceità comportante di per sè la trasformazione del rapporto, sin da allora, in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il ricorso principale va, quindi, rigettato.

Conseguentemente, rimangono assorbite le ragioni di doglianza proposte solo in via condizionata col ricorso incidentale.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente principale e vanno liquidate come da dispositivo con loro attribuzione al difensore antistatario avv. Giovanni Angelozzi.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.

Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio nella misura di Euro 3000,00 per onorario e di Euro 39,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e spese generali ai sensi di legge con distrazione all’avv. Giovanni Angelozzi antistatario.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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