Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14411 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 08/07/2020), n.14411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4629/2019 proposto da:

E.G. elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso

dall’avvocato Alessandro Praticò;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1892/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

24/1/2020 dal Cons. Dott. MARULLI Marco.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. G.E., cittadino nigeriano, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Torino, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha dichiarato inammissibile il gravame da lui proposto per tardività (nella specie notificata l’ordinanza del Tribunale il 12.2.2018, l’appello era stato notificato il 16.3.2018, oltre il termine previsto dall’art. 702-quater c.p.c.) e ne chiede la cassazione sul rilievo che la statuizione così adottata violerebbe l’art. 153 c.p.c., non avendo il decidente motivato l’inammissibilità alla luce delle circostanze concrete del caso di specie come imposto dalla giurisprudenza CEDU in relazione all’art. 6 della Convenzione.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. La Corte d’Appello nel decretare la vista inammissibilità del gravame per inosservanza del termine di cui all’art. 702-quater, si è data cura di osservare, ricusando l’argomento inteso a conseguire la tutela prevista in caso di errore scusabile, che “a nulla rileva il fatto che l’appellante adduca, quale motivazione della propria richiesta di remissione in termini, di aver conferito la procura al suo attuale difensore soltanto in data 15.3.2018, pensando che l’ordinanza di primo grado fosse stata notificata intorno a metà febbraio 2018 e che il difensore di primo grado automaticamente presentasse appello, trattandosi di circostanza che, al più, potrebbe rilevare solo nel rapporto professionale intercorso tra l’appellante ed il suo precedente difensore”. E ciò perchè “la rimessione in termini, disciplinata dall’art. 153 c.p.c., non può essere riferita ad un evento esterno al processo, impeditivo della costituzione di una parte, quale la circostanza dell’infedeltà del suo legale che non abbia dato esecuzione al mandato difensivo, giacchè attinente esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte sostanziale ed il professionista incaricato ai sensi dell’art. 83 c.p.c., che può assumere rilevanza soltanto ai fini di un’azione di responsabilità promossa contro quest’ultimo, e non già, quindi, spiegare effetti restitutori al fine del compimento di attività precluse”.

3. L’ineccepibilità in diritto dell’assunto così enunciato (Cass., Sez. I, 17/11/2016, n. 23430) non contrasta, peraltro, con l’invocato richiamo alla giurisprudenza CEDU sull’art. 6 della Convenzione, giacchè, come si è ancora ricordato nella Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 15 settembre 2016 – Ricorso n. 32610/07 – Causa Trevisanato c. Italia, “il “diritto a un tribunale”, di cui il diritto di accesso regolato dall’art. 6, par. 1, Convenzione, costituisce un aspetto, “non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, in particolare per quanto riguarda le condizioni di ammissibilità di un ricorso, in quanto esso richiede per la sua stessa natura una regolamentazione da parte dello Stato, che gode a questo proposito di un certo margine di apprezzamento (Garcia Manibardo c. Spagna, sopra citata, p. 36, e Mortier c. Francia, n. 42195/98, p. 33, 31 luglio 2001)”, fermo restando in ogni caso che “le restrizioni applicate non devono limitare l’accesso aperto all’individuo in una maniera o a un punto tali che il diritto risulti pregiudicato nella sua stessa sostanza” e che “esse si conciliano con l’art. 6 p. 1 solo se perseguono uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (si veda la sentenza Guerin c. Francia del 29 luglio 1998, Recueil 1998-V, p. 37)”.

4. Va, perciò, considerato, pur nell’ottica convenzionale attivata dal ricorrente, che l’inammissibilità che consegue alla inosservanza del termine consumatasi nella specie non costituisce, a stretto rigore, una sanzione sproporzionata rispetto alle finalità di salvaguardare elementari esigenze di sicurezza giuridica e, al tempo stesso, di buona amministrazione della giustizia, mostrandosi, anzi, la previsione di un termine e la decadenza che ne comporta la sua inosservanza, laddove prefigurano una disciplina del processo organizzato secondo regole certe e prestabilite, strettamente correlate proprio alla loro salvaguardia.

Nè ciò è suscettibile del temperamento, auspicato dal ricorrente, alla luce della disciplina dell’errore scusabile, secondo un’interpretazione estensiva dell’istituto che consentirebbe di ricomprendervi accadimenti obiettivamente estranei al processo. Ed invero il fatto che per la proposizione dell’appello sia previsto un termine non è circostanza rispetto alla quale possa invocarsi un principio di scusabilità, trattandosi di regola, che oltre ad essere preordinata allo scopo di assicurare certezza ai diritti e buona amministrazione della giustizia, avrebbe dovuto essere conosciuta dal legale del tempo, onde la sua inosservanza non è frutto di errore scusabile ma di mera negligenza professionale.

5. il ricorso va, dunque, respinto.

6. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria e doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della I sezione civile il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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