Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14407 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. III, 30/06/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 30/06/2011), n.14407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11851-2009 proposto da:

F.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G.B. DE ROSSI 32, presso lo studio dell’avvocato VOLO

GRAZIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SISTOPAOLI ANNA giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NAZIONALE ORDINE GIORNALISTI (OMISSIS), nella persona

del Presidente, dott. D.B.L., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato

PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GARANCINI GIANFRANCO giusta procura a margine del

controricorso;

CONSIGLIO REGIONALE ORDINI GIORNALISTI LOMBARDIA (OMISSIS), in

persona del Presidente, Dott.ssa G.L., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 42, presso lo studio dell’avvocato

GIORGIANNI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DANOVI REMO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

PROCURA GENERALE REPUBBLICA C/O CORTE D’APPELLO MILANO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO, Prima

Sezione Civile, emessa il 17/12/2009, depositata il 17/02/2009;

R.G.N. 1020/2008.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’ALESSANDRO;

udito l’Avvocato SISTOPAOLI ANNA;

udito l’Avvocato GARANCINI GIANFRANCO; udito l’Avvocato GIORGIANNI

FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.R. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che ha rigettato il gravame proposto contro la sentenza del Tribunale, che aveva respinto il reclamo proposto, ai sensi della L. n. 69 del 1963, art. 63 avverso la decisione del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, con la quale, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello e in riforma della pronuncia di primo grado del Consiglio Regionale, gli era stata inflitta a sanzione della radiazione dall’Ordine per avere collaborato con il SISMI, ricevendone compensi.

Resistono con separati controricorsi sia il Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, sia il Consiglio Nazionale, che hanno pure depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il F. lamenta la violazione della L. 3 febbraio 1963, n. 69, art. 48 unitamente al vizio di motivazione, assumendo che il Consiglio Nazionale non avrebbe potuto esercitare il potere disciplinare nei suoi confronti, avendo egli precedentemente rassegnato le dimissioni dall’Ordine e non essendo quindi più iscritto all’Albo dal 20 marzo 2007, a seguito di presa d’atto del Consiglio Regionale.

1.1.- La censura riferita all’art. 360 c.p.c., n. 5 è inammissibile, in difetto della chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume viziata.

1.2.- La censura di violazione di legge, trasfusa in un idoneo quesito di diritto, è invece sostanzialmente fondata.

Secondo la L. 3 febbraio 1963, n. 69, cit. art. 48 il potere disciplinare è esercitato dal Consiglio regionale o interregionale nei confronti degli “iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro”.

E’ pacifico in punto di fatto che, nelle more del procedimento, il F. ha fatto venir meno la sua iscrizione nell’albo dei giornalisti, a seguito di dimissioni rassegnate il 1 marzo 2007, di cui il Consiglio Regionale ha preso atto il 20 marzo successivo.

Assume la Corte di appello di Milano che tale norma impedirebbe l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di chi non era iscritto 11851/09 all’albo ai momento dell’inizio del procedimento, ma non anche nei confronti di chi, originariamente iscritto all’albo, abbia successivamente fatto venir meno, a seguito di cancellazione volontaria, tale requisito.

Detta tesi non può essere condivisa, non essendo dubbio che la cancellazione dall’Albo comporti il radicale venir meno del potere disciplinare da parte dell’organo.

Nè d’altro canto potrebbe ritenersi che sia illegittima, e quindi da disapplicare, la presa d’atto delle dimissioni, effettuata dal Consiglio Regionale della Lombardia, in mancanza di una norma la quale espressamente preveda – come nel caso della R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 37 riguardo agli avvocati – l’impossibilità di disporre la cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare.

Questa Corte è consapevole dei fatto che ben diverse sono le conseguenze della radiazione e della cancellazione volontaria e di come quindi l’iscritto sia sostanzialmente reso arbitro della prosecuzione del procedimento disciplinare e della irrogazione stessa della sanzione.

Tale evidente vuoto normativo non può peraltro condurre ad una diversa interpretazione della normativa, tenuto conto delle caratteristiche de potere disciplinare che, seppure ispirato a prevalenti interessi pubblicistici, è comunque, per sua natura, esercitabile solo sul presupposto della perdurante iscrizione all’Ordine al momento della irrogazione della sanzione disciplinare.

D’altro canto il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 37 conferma tale assunto, in quanto esso – pur dettando una regola più rigorosa in ragione delle specificità della professione forense – non consente l’irrogazione della sanzione disciplinare nei confronti dell’avvocato che non sia più iscritto all’albo bensì – con una disciplina che evidentemente non può estendersi alle altre categorie professionali – fa espresso divieto di disporre la cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare, a riprova del fatto che la perdurante iscrizione all’albo è condizione per l’irrogazione della sanzione.

2.- Restano assorbite le altre due censure, con cui il F. si duole della mancata sospensione del procedimento e dell’irrogazione della sanzione massima.

3.- La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata e – decidendo questa Corte nei merito – va annullata la sanzione perchè il procedimento disciplinare doveva essere dichiarato estinto.

4.- La novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo, nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la sanzione in quanto essa non poteva essere irrogata per estinzione del procedimento disciplinare; spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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