Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14407 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 08/07/2020), n.14407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3820/2019 proposto da:

B.M. elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio

dell’avvocato Laura Barberio rappresentato e difeso dall’avvocato

Maurizio Veglio;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1202/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 25/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/1/2020 dal Cons. Dott. Marulli Marco.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.M., cittadino bengalese, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Torino, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ne ha respinto il gravame avverso il diniego in primo grado della protezione umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo della violazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, avendo il decidente denegato il riconoscimento della predetta misura senza procedere alla valutazione comparativa tra le conseguenze del rimpatrio e le prospettive di vita del ricorrente in Italia.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il motivo svolto a sostegno del ricorso è inammissibile poichè estraneo alla ratio decidendi a cui si è motivatamente riportato il decidente del grado.

La Corte d’Appello, senza per vero incorrere nell’errore denunciato, ma anzi mostrando di attenersi agli insegnamenti già enunciati altrove da questa Corte, circa la necessità che il giudizio in punto di riconoscimento della protezione umanitaria sia frutto di una valutazione comparativa tra integrazione sociale raggiunta in Italia e la situazione del ricorrente con riferimento al Paese d’origine, ha denegato il riconoscimento reclamato sul presupposto che, avuto riguardo alla vicenda personale corrente (fuggito dal suo paese per sottrarsi alle conseguenze di una sua relazione amorosa con la figlia del proprio datore di lavoro, appartenente ad una casta superiore alla sua), non era ravvisabile in capo a costui la sussistenza di “situazioni personali dalle quali emergano inequivocabilmente una serie di controindicazioni al rimpatrio”.

3. In tal modo il giudicante ha inteso evidenziare che, in difetto di un’allegazione specifica sul punto, volta a rappresentare che il rimpatrio avrebbe comportato una compromissione dei diritti fondamentali del ricorrente costitutivi dello statuto della sua dignità personale, il giudizio comparativo non poteva sortire che un esito sfavorevole per il ricorrente, sicchè la censura che questi declina con il motivo si rivela eccentrica rispetto al decisum e si risolve a ben vedere nella mera sollecitazione a rinnovare il sindacato meritale.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria e doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 1^ sezione civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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