Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14404 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 08/07/2020), n.14404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2110/2019 proposto da:

K.F., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Marco Cavicchioli;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 997/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella 24/1/2020 dal Cons. Dott.

MARULLI Marco.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. K.F., cittadino pakistano, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Torino, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ne ha respinto il gravame proposto avverso il diniego in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, avendo il decidente escluso la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nell’area di provenienza del ricorrente (nord del Punjab) attraverso una mera affermazione di principio senza adempiere al dovere della cooperazione istruttoria, in particolare rimandando ai siti delle organizzazioni internazionali non meglio specificati quanto al loro contenuto, utilizzando fonti non attuali e non richiamando i dati forniti dalla Commissione Nazionale; 2) della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria incorrendo parimenti nel vizio lamentato sub 1); 3) dell’omesso esame di un fatto decisivo avendo il decidente denegato il predetto riconoscimento senza considerare i pericoli connessi alla situazione di degrado politico e sociale e alla violenza generalizzata e diffusa nell’area di provenienza del ricorrente; 4) della violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 7, e art. 115 c.p.c., avendo il decidente assunto le proprie determinazioni in forza dell’acquisizione officiosa di elementi di prova non sottoposti al preventivo contraddittorio tra le parti.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo ed il secondo motivo, esaminabili congiuntamente in ragione dell’unitarietà della censura che vi è racchiusa, quando non si debbano più generalmente ritenere privi di conducenza in considerazione delle ragioni economiche sottostanti alla migrazione del ricorrente, non trovano riscontro nella realtà processuale avendo il decidente escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimenti delle misure ora invocate in relazione alla fattispecie del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sull’assunto che il rischio corrispondente “non appare riscontrabile nel caso di specie considerato che il Pakistan non versa in una situazione di conflitto armato generalizzato, disponendo di un apparato di sicurezza statuale che controlla gran parte del territorio nazionale e che, peraltro, il distretto del Punjab, luogo di provenienza del richiedente, appare uno dei più sicuri”; e ciò sulla base di informazioni tratte da accreditati report internazionali (EASO ed Amnesty International) e da altre fonti informative specializzate, le cui citazioni inducono a ritenere compiutamente assolto il richiamato dovere di cooperazione istruttoria.

3. Nè il contrario è argomentabile alla stregua delle specifiche rimostranze fatte valere con il primo motivo di ricorso, vuoi perchè alla loro citazione il decidente ha provveduto non solo indicando nominativamente la fonte, ma anche trascrivendone il contenuto (cfr. pag. 3 della motivazione); vuoi, ancora, perchè il preteso difetto di attualità non è significativamente apprezzabile non indicando il deducente alcuna altra fonte più recente; vuoi, infine, perchè, come già si è osservato altrove, la Commissione nazionale non è l’esclusiva titolare del potere – dovere di acquisire questi dati, rendendosi essi disponibili agli operatori per il tramite della loro diretta consultazione (Cass., Sez. I, 11/11/2019, n. 29056).

4. Il terzo motivo è inammissibile posto che, anche senza considerare che la censura non si allineerebbe in ogni caso con lo statuto giuridico della valutazione comparativa postulata dalla misura richiesta – come ha inteso del resto ribadire il decidente annotando che le ragioni di migrazione attengono non già all’allegata compromissione di diritto fondamentali, ma alla condizione di povertà del richiedente -, nondimeno essa mostra più modestamente di risolversi nella mera denuncia dell’omesso esame di elementi istruttori (che non integra notoriamente il vizio motivazionale secondo la lettura nomofilattica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

5. Il quarto motivo, dato atto che nella sua prospettazione il ricorrente si limita a censurare il fatto, ma si astiene dall’ottemperare al riflesso onere di allegazione, non indicando quali fonti più aggiornate avrebbero potuto essere consultate dal decidente, è infondato dovendo qui confermarsi la convinzione già esternata da questa Corte secondo cui “l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI (“country of origin information”) assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poichè in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali, a condizione che il tribunale renda palese nella motivazione a quali informazioni abbia fatto riferimento, al fine di consentirne l’eventuale critica in sede di impugnazione” (Cass., Sez. I, 11/11/2019, n. 29056).

6. Il ricorso va dunque respinto.

Nulla spese in difetto di costituzione avversaria e doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 1^ sezione civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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