Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14403 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 15/06/2010), n.14403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9063-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

IMEX ITALIA SRL, M.D. quale legale rappresentante

dell’IMEX ITALIA SRL, elettivamente domiciliati in ROMA VIA TIGRE’ 3

7 presso lo studio dell’avvocato CAFFARELLI FRANCESCO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZI ANTONIO,

giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 106/2005 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 27/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO SERGIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato CAFFARELLI FRANCESCO, che ha

chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Emilia Romagna dep. il 27/01/2005.

La CTR aveva riformato, su appello della società Imex Italia s.r.l., la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna che aveva rigettato il ricorso della medesima avverso l’avviso di accertamento in relazione alla compravendita di un terreno con atto registrato il (OMISSIS) in favore della società Feralda s.r.l. per un valore finale dichiarato di L. 160.000.000.

L’ufficio ritenendo che l’immobile non poteva considerarsi agricolo essendo inserito nel P.R.G. nel comparto (OMISSIS) “Attività estrattiva” aveva aumentato il valore a L. 630.000.000.

La CTR aveva ritenuto che per la qualificazione giuridica di un fondo fosse necessario il completamento degli strumenti urbanistici per cui nel caso in esame il terreno doveva ancora qualificarsi agricolo.

Si dolgono i ricorrenti di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51, 52, 24 e 53, e R.D. n. 1572 del 1931, art. 18.

La contribuente resiste con controricorso con cui deduce, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso per tardività, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. e l’infondatezza dei motivi.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza e la società ha presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero, che non era parte nel giudizio di appello dal quale doveva intendersi tacitamente estromesso perchè iniziato dopo il 01/01/2001, e, pertanto, dopo l’entrata in funzione delle Agenzie delle Entrate(Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006).

E’ poi di preliminare esame la deduzione di l’inammissibilità del ricorso per tardività di cui al controricorso, essendola sentenza stata depositata il 27/01/2005 e il ricorso notificato il 15/03/2006, non risultando una precedente presa in carico da parte dell’ufficiale giudiziario.

Il motivo è infondato.

Ad una attento esame, è possibile leggere, nel timbro cronologico a margine dell’originale ricorso, la stampigliatura, seppur in caratteri minuti e sbiaditi, della data “(OMISSIS)” che corrisponde alla presa in carico da parte dell’ufficiale giudiziario (Corte Cost. nn. 189 del 2000 e 520 del 2002) Orbene, scadendo l’anno per proporre l’impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c. il giorno corrispondente dell’anno successivo, e cioè il (OMISSIS), e aggiungendo i 46 giorni della sospensione feriale, si perviene al (OMISSIS) e, pertanto, in termini.

Infondato è il secondo rilievo per la omessa redazione dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c. in quanto tale norma si applicava (la disposizione è stata abrogata) ai ricorsi relativi alle sentenze depositate dopo il 2/03/2006 e la presente sentenza è stata depositata il 27/01/2005.

Passando all’esame dei motivi del ricorso, fondato è il primo motivo con cui l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51, 52, 24 e 53 e R.D. n. 1572 del 1931, art. 18 per avere la CTR ritenuto necessario il completamento dell’iter amministrativo della variante del PRG e non la sola adozione.

Già in generale, circa il rapporto tra la mera adozione di una variante e l’approvazione definitiva,al fine della individuazione del valore dei relativi fondi, le SS.UU., di questa Corte (2006/25506) hanno ritenuto che, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che ha fornito l’interpretazione autentica del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’edificabilità di un’area, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi; che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene deve essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo; che l’impossibilità di distinguere, ai fini dell’inibizione del potere di accertamento, tra zone già urbanizzate e zone in cui l’edificabilità è condizionata all’adozione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione non impedisce peraltro di tener conto, nella determinazione del valore venale dell’immobile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione. Più in particolare questa Corte (nella sentenza n. 24568 del 2005), occupandosi (in tema di imposta di registro e di INVIM), della qualificazione agricola (con relativa attribuzione di rendita), non più attuale, di un terreno destinato ad attività industriale estrattiva ha stabilito che essa “rende possibile la rettifica del valore dello stesso secondo il valore venale, non coincidendo necessariamente l’attribuzione di rendita con la stima fondiaria, perchè un tale errato presupposto interpretativo non tiene conto (come ha precisato la Corte costituzionale con sentenza n. 285 del 2000) del fatto che il R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, art. 18, esclude comunque le cave dalla stima fondiaria per la determinazione del reddito dominicale, sicchè in tali casi le risultanze catastali non corrispondono alla effettiva e giuridica destinazione del terreno, ancorchè non sia stata denunciata al catasto la variazione. Pertanto, deve ritenersi inapplicabile il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 4, il quale esclude dalla disciplina generale della cd. valutazione automatica tutte le fattispecie che – come i terreni sfruttati come cave – non vi rientrano, a prescindere dalla edificabilità o meno dei terreni stessi”. La Corte, con questa decisione ha, ancora una volta, affermato il principio di effettività, che già essa aveva enunciato, proprio con riferimento ai beni-cava, nelle sentenze nn. 649 del 2001 (“i terreni sfruttati come cave devono essere valutati con il metodo del valore venale – D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 1 – e non mediante utilizzo del metodo di valutazione automatica, in base alla rendita catastale – D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4) e D.P.R. n. 12774 del 2001 (“la eventuale indebita iscrizione delle aree nel catasto terreni non può valere a ravvisare nella rendita fondiaria erroneamente risultante da tale iscrizione l’idoneità ad esprimere la potenzialità reddituale derivante dallo sfruttamento dei terreni stessi per una finalità estrattiva di natura esclusivamente industriale”).

Analoghi principi sono affermati in Cass. n. 20385/2006. La CTR, nel momento in cui ha ritenuto necessario il completamento della procedura amministrativa della variante al Piano Attività Estrattive, senza considerare che fosse preclusa in ogni caso la valutazione automatica non ha fatto corretta di tali principi.

Nè poi rileva circostanza che la concreta autorizzazione all’utilizzo della cava sia avvenuta successivamente alla compravendita, in quanto tale circostanza può influire sul quantum del valore ma non già sul tipo di valutazione.

La causa deve essere pertanto rinviata per un nuovo esame e la CTR si atterrà al presente principio di diritto: “ove un terreno sia inserito in un Piano Attività Estrattive, a prescindere dalla definitiva approvazione e dal rilascio delle singole autorizzazioni allo scavo, che possono solo influire sulla determinazione del valore concreto, non è possibile procedere alla valutazione automatica dovendosi invece accertare il valore venale”.

La CTR di rinvio provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero; accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla CTR dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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