Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14403 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 08/07/2020), n.14403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2984-19 proposto da:

G.R., rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Tacchi Venturi,

elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Verona, via

Stella n. 19;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO:

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia depositata il

17 luglio 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/1/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 2033/18, pubblicata il 17 luglio 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da G.R., cittadino proveniente dal Ghana, il quale ha riferito di aver abbandonato il suo paese:, perchè dopo le elezioni del 2008 il padre ed altri individui avevano appiccato il fuoco nel luogo in cui si trovavano le schede elettorali; per ritorsione era stato ucciso il fratello del ricorrente mentre quest’ultimo, pur non avendo subito minacce dirette, aveva egualmente deciso di darsi alla fuga.

La Corte territoriale, in particolare, ha rilevato, da un lato, che il richiedente ha sempre ammesso di non aver mai svolto attività politica e di non aver subito minacce dirette, nè di essere mai stato oggetto di ritorsioni, dall’altro il carattere risalente dell’episodio narrato, concludendo dunque che non sussistevano concreti elementi per ritenere che fosse configurabile un rischio concreto ed attuale per la persona del richiedente.

La Corte territoriale ha inoltre ritenuto che nella regione di provenienza del richiedente non fosse ravvisabile una situazione di violenza indiscriminata, secondo quanto richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha respinto la richiesta di protezione umanitaria, non essendo stato allegato alcun elemento idoneo a definire la presumibile durata della esposizione a rischio.

Avverso detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi, il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo, secondo e terzo motivo di ricorso, che in quanto connessi vanno unitariamente esaminati, censurano la statuizione che ha escluso la protezione umanitaria, denunciando la violazione della disciplina in materia di protezione umanitaria, l’omesso esame di un fatto decisivo e la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente.

I motivi, che, in quanto connessi vanno unitariamente esaminati sono fondati.

La Corte territoriale si è infatti limitata ad affermare, in modo del tutto generico ed apodittico, la insussistenza dei presupposti della protezione umanitaria, in conseguenza della mancata allegazione, da parte del richiedente, di alcun elemento idoneo a definire “la presumibile durata di una esposizione a rischio”.

Non risulta dunque presa in esame la concreta condizione personale del richiedente, nè effettuata alcuna valutazione comparativa della sua specifica situazione con riferimento al ritorno nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. 4455/2018), omettendo altresi di considerare lo svolgimento di attività lavorativa ed il grado di inserimento sociale del richiedente nel nostro paese.

Il quarto motivo denuncia violazione di legge in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

Il motivo è inammissibile per genericità, poichè esso si limita a contrapporre all’apprezzamento di merito della Corte territoriale una diversa valutazione della situazione della regione di provenienza del richiedente, senza peraltro specificamente indicare gli elementi e le fonti da cui desumere la sussistenza di una situazione di conflitto armato o violenza indiscriminata, richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato, mediante il ricorso a fonti internazionali attendibili citate in motivazione (Report by the UN Secretary General 1 Gennaio – 30 giugno 2017), secondo quanto richiesto dal recente indirizzo di questa Corte (Cass. 11312/2019), che la zona di provenienza dell’immigrato(nord-ovest del Ghana) non risultava interessata da una situazione di violenza diffusa riconducibile a quella di cui all’art. 14, lett. c), non risultando quella situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)). In conclusione, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso, respinto il quarto.

La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte, accoglie i primi tre motivi di ricorso, respinge il quarto. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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