Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14402 del 14/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 14/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 14/07/2016), n.14402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16338/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

PARTECIPAZIONI TECNOLOGICHE S.P.A. (gia’ INTECS INFORMATICA E

TECNOLOGIA DEL SOFTWARE S.p.A.) in persona dell’Amministratore Unico

e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO

FRANSONI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

FRANCESCO PADOVANI, PASQUALE RUSSO, giusta procura in calce del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7856/35/014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti della Partecipazioni Tecnologiche spa (gia’ Comunicazioni Tecnologiche spa, gia’ Intecs Informatica e Tecnologia del Software spa, che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 7856/35/2014, depositata in data 22/12/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa per sanzioni ed interessi dovuti, in relazione all’anno d’imposta 2006, a fronte del tardivo versamento a titolo IRAP – e’ stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

I giudici della C.T.P. avevano ritenuto che l’istituto del ravvedimento operoso (al quale la contribuente aveva aderito, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 1, lett. B) non poteva trovare applicazione, in ipotesi di violazioni dell’obbligo di versamento IRAP, stante il disposto del D.Lgs. n. 106 del 2005, art. 1, comma 3 e del D.L. n. 206 del 2006, successivo art. 1.

I giudici d’appello, nell’accogliere il gravame della contribuente, la quale ha prospettato, per la prima volta, l’esistenza delle condizioni di oggettiva incertezza sulla portata e l’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, istitutivo dell’IRAP, invocando la disapplicazione delle sanzioni, hanno sostenuto che tale domanda non puo’ ritenersi nuova, non venendo in considerazione un’eccezione in senso stretto bensi’ una mera argomentazione giuridica, ed e’ fondata, sussistendo, nell’anno 2006, una oggettiva situazione di incertezza in merito all’ambito ed alla compatibilita’ con il diritto comunitario della normativa IRAP. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 57, avendo la C.T.R. erroneamente ritenuto che rientrasse nei poteri officiosi del giudice il potere di disapplicazione delle sanzioni.

2. La censura e’ fondata.

Secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, l’accertamento della sussistenza della oggettiva incertezza dell’interpretazione normativa, ai fini della disapplicazione delle sanzioni, puo’ essere operata dal giudice tributario solo in presenza di domanda del contribuente (la quale non puo’, pertanto, essere formulata per la prima volta in sede di appello o in sede di legittimita’, cfr. Cass. nn. 22890/2006; Cass. 25676 del 2008; Cass. 7502/2009; Cass. 8823 e 4031 del 2012; Cass. 24060 del 2014; Cass. 440 e 9335 del 2015).

Nella fattispecie, detta richiesta e’ stata pacificamente formulata, per la prima volta, in appello dalla societa’ contribuente.

Va, quindi, richiamato il consolidato principio, in virtu’ del quale l’inosservanza del divieto di introdurre una domanda nuova in appello (o un’eccezione nuova non rilevabile d’ufficio), ai sensi dell’art. 345 c.p.c. e, per il giudizio tributario, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e, correlativamente, dell’obbligo del giudice di secondo grado di non esaminare nel merito tale domanda e’ rilevabile d’ufficio in sede di legittimita’, poiche’ costituisce una preclusione all’esercizio della giurisdizione, che puo’ essere verificata nel giudizio di cassazione, anche d’ufficio, non rilevando in contrario neppure che l’appellato abbia accettato il contraddittorio sulla domanda anzidetta (Cass. nn. 11202 del 2003, 12417 e 19605 del 2004, 28302 del 2005).

In relazione al potere delle Commissioni tributarie di dichiarare l’inapplicabilita’ delle sanzioni, in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, potere conferito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8 e ribadito, con piu’ generale portata, dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2, e quindi dal D.Lgs. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, la controricorrente ribadisce che la disapplicazione delle sanzioni costituisca un potere-dovere delle Commissioni tributarie, esercitabile (in ogni stato e grado) non solo su istanza di parte ma anche d’ufficio.

L’assunto non e’ meritevole di accoglimento.

Il principio invocato dalla controricorrente, sulla base dell’art. 8 delle norme regolatrici il processo tributario ed alla luce di risalente giurisprudenza di questa Corte, non implica, infatti, che il giudice possa disporre la disapplicazione delle sanzioni d’ufficio, quindi senza richiesta di parte, ma solo che la sussistenza delle condizioni per la disapplicazione, quando domandata dal contribuente nei modi e nei termini processuali appropriati, puo’ essere accertata anche dal giudice di legittimita’.

In tal senso si e’ gia’ pronunciata questa Corte (Cass. n. 25676 del 2008), la quale, superando il remoto orientamento contrario citato dalla contribuente (Cass. 4053/2001), ha statuito che la disapplicazione da parte del giudice delle sanzioni per violazioni di norme tributarie, qualora abbia accertato che le stesse sono state commesse in presenza ed in connessione con una situazione di oggettiva incertezza nell’interpretazione normativa, e’ possibile, anche in sede di legittimita’, solo se domandata dal contribuente nei modi e nei termini processuali appropriati (cfr. anche Cass. 24060/2014 ed altre pronunce sopra citate).

Il richiamo, operato dalla controricorrente, alla recente pronuncia di questa Corte n. 8935/2014 (come adesiva all’orientamento passato, espresso da Cass. 4053/2001, sul potere del giudice di merito di disapplicare le sanzioni, ove la richiesta sia stata formulata per la prima volta in appello) non e’ decisivo, trattandosi di un mero “obiter”, in una pronuncia di rigetto del ricorso per cassazione per inammissibilita’, anche a causa del difetto di autosufficienza.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvedera’ alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2016

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