Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14402 del 09/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/06/2017, (ud. 28/04/2017, dep.09/06/2017),  n. 14402

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9579-2013 proposto da:

PANTURIST ALBERGHI TURISTICI MODERNI PANDOLFI SRL, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEI PRATI FISCALI 221, presso lo studio

dell’avvocato PIETRO ALESSANDRINI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE DIPARTIMENTO RISORSE ECONOMICHE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 142/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 28/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO che ha

chiesto l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che la Panturist Alberghi Turistici Moderni s.r.l. propone ricorso, affidato due motivi, per la cassazione della sentenza n. 142/10/2012, depositata il 28/8/2012, della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che ha accolto l’appello proposto dal Comune di Roma avverso la decisione di primo grado con cui è stato disposto l’annullamento dell’avviso di accertamento, notificato il 3/1/2006 (insieme ad altro relativo all’anno 2001), per il recupero della maggiore imposta comunale sugli immobili (ICI), anno 2000, oltre interessi e sanzioni, emesso a seguito dell’attribuzione, da parte dell’Ufficio competente, della rendita catastale, risultata superiore al valore di libro applicato dalla società, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3,;

che il Giudice di appello osservava, in particolare, che “le rendite attribuite alla società sono state determinate in base alla istanza presentata dalla stessa… il 30/01/96 e messa in atti dal 15/10/01 e notificata con provvedimento n. 97096/2001”, per cui la nuova rendita catastale era efficace ed applicabile dal momento in cui si era verificata la “variazione materiale che ha portato alla modifica”;

che l’intimata Roma Capitale, già Comune di Roma, non ha svolto attività difensiva; che il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, art. 1 quater, conv. nella L. n. 26 del 2005, giacchè la sentenza della CTR, con motivazione apodittica, che non consente di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudicante, omette di esaminare la eccezione di decadenza del Comune dalla potestà impositiva, relativamente all’ICI per l’anno 2000, essendo stato notificato il relativo avviso di accertamento in data 3/1/2006, mentre il termine in questione, nonostante la proroga ex lege, andava a scadere il 31 dicembre 2004;

che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 3 e L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, motivazione errata e/o apparente, in quanto l’efficacia della modifica della rendita catastale decorre dalla notifica al titolare intestatario dell’immobile, non essendo quindi legittima una rettifica dell’ICI per l’anno 2000, ed errato risulta il richiamo, contenuto nella impugnata sentenza, alla procedura DOCFA, così come errato è il richiamo, contenuto nell’atto di accertamento, alla L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3, laddove si esclude l’applicazione di sanzioni ed interessi;

che la prima cesura è sotto vari profili inammissibile, perchè il ricorrente che deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve specificare, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione, mentre la società contribuente, nel formulare il motivo di ricorso, non vi ha riportato le parti dell’atto di costituzione in appello necessarie a dimostrare la proposizione, come già avvenuto nell’atto introduttivo del giudizio, della questione, rimasta assorbita dall’accoglimento dell’impugnazione dell’atto impositivo per ritenuta inefficacia della rendita attribuita dall’Ufficio, e perchè l’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra in ogni caso un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c., non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, siffatte censure presupponendo che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa (Cass. n. 329/2016; n. 11801/2013; n. 7878/2012);

che va anche disattesa la censura proposta con il secondo motivo di ricorso in quanto la controversia origina dalla notifica dell’avviso di accertamento ICI, da parte del Comune di Roma, e vede la contribuente contestare l’attribuzione della rendita, recepita dall’atto impositivo impugnato, sotto il solo profilo della sua inefficacia per le annualità anteriori alla notifica della rendita medesima, pur essendo essa attribuita o modificata dopo il 1° gennaio 2000;

che la questione va dunque risolta alla luce del principio affermato da questa Corte, a partire dalla sentenza n. 3160/2011 delle Sezioni Unite, secondo cui “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, nel prevedere che, a decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, ma non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso”;

che, secondo quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite nella sopra indicata sentenza, “il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili, previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, vale sino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata, mentre, dal momento in cui fa la richiesta, il proprietario, pur applicando ormai in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè può essere tenuto a pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi), o avere diritto di pagare una somma minore, potendo, quindi, chiedere il relativo rimborso nei termini di legge”;

che, nel solco della sopra ricordata pronuncia, questa Corte ha ulteriormente precisato che, per gli atti comunque attributivi e modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati la necessità della notificazione, ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, costituisce condizione di efficacia degli stessi solo a decorrere dal primo gennaio 2000, mentre per gli atti comportanti attribuzione di rendita adottati entro il 31 dicembre 1999, il Comune può legittimamente richiedere l’imposta dovuta in base al classamento, che ha effetto dalla data di adozione e non da quella di notificazione (Cass. n. 5621/2014; n. 10953/2011; n. 16031/2009);

che, nel caso di specie, è pacifico che la rendita catastale, sulla base della quale è stata riliquidata l’ICI per l’anno 2000, è stata “messa in atti dal 15/10/2001”, com’è ricavabile dalle visure catastali, e notificata il 12/4/2002, per cui la sentenza impugnata appare conforme ai sopra richiamati principi perchè non trascura la rilevanza del momento di attribuzione della rendita catastale e della notificazione alla contribuente del relativo atto da parte dell’Agenzia del territorio, sicchè è corretta la liquidazione della maggiore imposta da parte del Comune anche in relazione alle annualità d’imposta anteriori all’attribuzione della rendita in questione;

che non v’ è luogo a pronuncia sulle spese non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2017

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