Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1440 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/01/2020, (ud. 25/09/2019, dep. 22/01/2020), n.1440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16952-2018 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2907/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 30/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado resa nella controversia instaurata da G.P., collaboratrice scolastica, nei confronti del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, ha dichiarato l’illegittimità dei contratti a termine rinnovatisi per oltre 36 mesi intercorsi tra le parti e ha condannato il Ministero al risarcimento dei danni nella misura di sei mensilità della retribuzione lorda spettante a lavoratore della medesima qualifica dell’appellante, oltre al riconoscimento delle differenze stipendiali maturate in relazione al servizio prestato con rapporto a tempo determinato;

– rilevava la Corte territoriale che l’appellante fu assunta come collaboratrice scolastica a tempo determinato per cinque annualità fino al termine delle attività didattiche (31 agosto), oltre che per altri anni fino al 30 giugno;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sulla base di tre motivi;

– la dipendente non ha svolto attività difensiva;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo il Ministero denuncia sotto plurimi profili violazione e falsa applicazione di legge, rilevando che il risarcimento dei danni è previsto esclusivamente in relazione a reiterazione contrattuale in organico di diritto, mentre in organico di fatto l’eventuale risarcimento sarà configurabile solo per danni ulteriori conseguenti a uso improprio o distorto del potere di organizzazione scolastica, con onere di allegazione gravante sul lavoratore;

– con il secondo motivo contesta che sia stata fornita la prova di condotta illecita da parte dell’amministrazione;

– con il terzo motivo contesta l’affermazione secondo la quale la reiterazione della contrattazione a termine nel comparto scuola costituisce violazione della disciplina comunitaria, soprattutto nel caso di supplenze in organico di fatto;

– che i motivi, unitariamente considerati, sono manifestamente infondati;

– che questa Corte ha avuto modo di rilevare (Cass. Dal n. 22552 al n. 22557 del 18.10.2016, Cass. 7/4/2017 n. 9042 e numerose altre conformi), che, per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999, è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico (31 agosto), sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

– allo stesso modo questa Corte ha evidenziato che nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, può farsi riferimento, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, alla fattispecie omogenea di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, della quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”;

– alla luce degli esposti principi si rivela corretta la decisione della Corte che ha disposto in ordine al risarcimento dei danni in ragione dell’accertata assunzione della G. come collaboratrice scolastica a tempo determinato per cinque annualità fino al termine delle attività didattiche, con superamento, quindi della soglia dei 36 mesi di assunzione in organico di diritto;

– in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato, senza liquidazione delle spese in mancanza di svolgimento di attività difensiva ad opera dell’intimata;

– non ricorrono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis (Cass. n. 1778 del 29/01/2016 “Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo”).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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