Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14397 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 12/03/2010, dep. 15/06/2010), n.14397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7742-2009 proposto da:

M.G.N.M. in proprio, elettivamente domiciliato

in ROMA PIAZZA PRATI STROZZI 30 presso lo studio dell’avvocato

MOLFESE GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 4324/2009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 23/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/03/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’inammissibilità.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Il sig. M.G.N.M. propone ricorso ex art. 391 bis c.p.c. in relazione all’ordinanza Cass., 23//2009, n. 4324 di rigetto del ricorso per cassazione proposto avverso la decisione della C.T.R. del Lazio del 10/7/2006.

L’intimato Ministero dell’economia e delle finanze non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo, articolato in 7 quesiti, il ricorrente denunzia di “non voler accettare la grave ingiustizia che la Corte di Cassazione nell’ordinanza ha prima dedotto e poi confermata la circostanza che non è ammissibile l’invocazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (art. 111 Cost.) se non per violazione di legge. Stabilisce l’art. 111 Cost., comma 6 che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati e stabilisce l’art. 132 c.p.c. l’obbligo della motivazione.

La sentenza della Commissione Tributaria Centrale manca nel modo più assoluto di presa in esame e di motivazione sul punto decisivo della controversia domanda reiterata sempre in tutti i gradi del giudizio:

primo grado, secondo grado. Commissione Tributaria Centrale, Corte di Cassazione. La veridicità di tale asserzione può essere controllata dalla Corte ex actis. La violazione di legge costituita dalla totale omissione di motivazione, concretizza la violazione di legge voluta dal l’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il motivo è sotto plurimi profili inammissibile.

Come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere od ad affermare; non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (v. Cass., 22/6/2007, n. 14608; Cass., 28/6/2005, n. 13915; Cass., 15/5/2002, n. 7064).

L’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, denunciabile con ricorso per cassazione, entro i limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass.. 20/2/2006, n. 3652).

Orbene, nel caso non risulta invero denunziato alcuno dei presupposti di cui all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4.

Va sotto altro profilo posto in rilievo che l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, è applicabile anche al ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c avverso i provvedimenti della Corte di Cassazione pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006, con la conseguenza che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c. (v. Cass., Sez. Un., 30/10/2008. n. 26022).

Al riguardo, si noti, vale sottolineare che la necessità del quesito di diritto si spiega in ragione della circostanza che l’errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 si sostanzia pur sempre in un error in procedendo del giudice, riverberante non già sotto il profilo della valutazione – per il quale trova applicazione l’art. 112 c.p.c. (in ordine alla necessità del quesito v. al riguardo, da ultimo, Cass., 26/1/2010, n. 1405; Cass., 26/10/2009, n. 22578;

Cass., 23/2/2009, n. 4329. Cantra v, peraltro Cass., 10/9/2009, n. 19558)- bensì dell’erronea percezione dei fatti di causa quali emergenti, nella loro ontologica realtà, dagli atti di giudizio (in termini cfr. quanto da questa Corte affermato, da ultimo, nell’ordinanza emessa sub R.G. 2519 del 2009).

Orbene, i quesiti recati dal ricorso risultano invero formulati in modo difforme dallo schema come sopra delineato, dai medesimi emergendo il riferimento piuttosto ad un supposto errar in indicando.

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020: Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche ) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

All’inammissibilità del motivo consegue il rigetto del ricorso.

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del presente procedimento, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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