Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14397 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14233-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.A., titolare della ditta Onoranze Funebri di

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 77, presso lo

studio dell’avvocato GERARDO RUSSILLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato BRUNO RUSSO DE LUCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9197/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARLA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 02/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Campania, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso la sentenza della CTP di Benevento, che aveva accolto il ricorso del contribuente R.A., titolare di una ditta di servizi funebri, avverso un avviso di accertamento IRPEF, IRAP ed IVA 2009.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la motivazione della sentenza impugnata era apparente, perplessa e contraddittoria, siccome del tutto avulsa e dissociata rispetto alle risultanze processuali, essendo stato erroneamente ritenuto non utilizzabile, nella specie, il metodo analitico induttivo, essendo stato ritenuto insufficiente, a tal fine, l’elemento dell’antieconomicità dell’attività svolta, pur trattandosi di famiglia monoreddito; i parametri di calcolo utilizzati dall’Agenza delle entrate erano stati ritenuti inidonei dalla CTR sulla base di generiche affermazioni di principio; al contrario l’Agenzia delle entrate aveva determinato il prezzo medio dei servizi funerari resi dalla ditta, di cui il contribuente era titolare, sulla base dei dati contabili della ditta medesima; tali prezzi erano stati inoltre indirettamente confermati dall’esame dei prezzi praticati da imprese operanti nel settore;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, anche in combinato disposto con l’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, ai sensi della normativa sopra citata, l’ufficio poteva procedere alla rettifica della dichiarazione del contribuente mediante accertamento analitico-induttivo, utilizzabile in presenza di scritture contabili regolarmente tenute sul piano formale, ritenute inficiate da incompletezze, inesattezza ed infedeltà, valutate sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, consistite nell’antieconomicità dell’attività svolta, trattandosi di famiglia monoreddito, illegittimamente ritenuta dalla CTR presunzione inidonea, di per sè sola, a legittimare l’accertamento analitico induttivo;

che il contribuente ha resistito con controricorso ed ha altresì presentato memoria;

che il primo motivo di ricorso è infondato;

che invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 16599 del 2016; Cass. n. 33487 del 2018)), una motivazione può qualificarsi apparente, perplessa e contraddittoria allorchè essa, pur essendo graficamente e materialmente esistente, come parte del provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, in quanto si esplica in argomentazioni obiettivamente inidonee a far percepire l’iter logico seguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, si da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento dal medesimo seguito; inoltre la motivazione, per poter essere qualificata perplessa ed incomprensibile, deve situarsi al di sotto del c.d. “minimo costituzionale”, inteso quale contenuto minimo che deve avere la motivazione, quale componente essenziale ed indefettibile di ogni provvedimento giurisdizionale;

che, nella specie, nessuna delle gravi carenze sopra descritte è ravvisabile nella motivazione della sentenza impugnata, avendo la CTR respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate svolgendo considerazioni, le quali, pur potendo essere non condivisibili, tuttavia sussistono, avendo in sostanza ritenuto che non sussistessero gli indizi gravi, precisi e concordanti idonei a sostenere l’impugnato accertamento, in quanto il contribuente operava in un ristretto ambito territoriale, caratterizzato da una forte concorrenza; in quanto non era significativa la difformità fra l’ammontare delle fatture emesse, tenuto conto della diversa tipologia e qualità dei servizi offerti; neppure poteva ritenersi rilevante l’irregolarità costituita dal fatto che le fatture fossero prive di dettagli; era stato infine ritenuto irrilevante la contestazione relativa alle cremazioni effettuate;

che è al contrario fondato il secondo motivo di ricorso;

che, invero la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 30803 del 2017; Cass. n. 8484 del 2009; Cass. n. 27552 del 2018; Cass. n. 8923 del 2018; Cass. n. 18695 del 2018) è concorde nel ritenere che, in tema di accertamento del reddito d’impresa, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, l’esistenza di attività non dichiarate ovvero l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè siano gravi, precise e concordanti; ed il convincimento del giudice può fondarsi anche su di una sola presunzione semplice, purchè grave e precisa, venendo il requisito della concordanza in rilievo solo in caso di concorso fra più circostanze presuntive;

che, nella specie, ricorre il denunciato vizio motivazionale, non essendo condivisibile l’assunto della CTR, secondo cui la rilevata antieconomicità dell’attività svolta, unita alla circostanza che la famiglia del contribuente era monoreddito, non costituiva un indizio grave e preciso, idoneo a consentire l’induttiva rideterminazione del reddito del contribuente, solo perchè trattavasi di un indizio unico; invero, come in precedenza rilevato, anche un unico indizio, costituito nella specie dall’antieconomicità del comportamento del contribuente, può far luogo ad un accertamento analitico induttivo;

che, pertanto, la sentenza impugnata va cassata e gli atti rinviati alla CTR della Campania in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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