Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14396 del 14/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 14/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 14/07/2016), n.14396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14896/2015 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CRISPI

36, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO LOMBARDI, rappresentato

e difeso dall’avvocato FRANCESCO ROMANELLO POMES giusta procura in

calce del ricorso;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DREZIONE PROVINCIALE DI BARI;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI VIA CRISTOFORO COLOMBO ROMA, domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2533/13/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Puglia, depositata il 05/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA;

udito l’Avvocato Romanello Pomes Francesco, difensore del ricorrente,

che si riporta agli scritti del ricorso.

Fatto

IN FATTO

M.V. propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrare (che si costituisce al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 2533/13/2014, depositata in data 5/12/2014, con la quale – in controversia concernente le riunite impugnazioni di un avviso di accertamento, per maggiore IRPEF dovuta in relazione all’anno d’imposta 2006, a seguito di rideterminazione in via sintetica del reddito imponibile, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, commi 4, 5 e 6 e della correlata cartella di pagamento – e’ stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto i riuniti ricorsi del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, con il quale si chiedeva, tenuto conto delle giustificazioni fornire dal M. in ordine all’acquisto, da parte del figlio dello stesso, cointestatario, di un’autovettura di potenza superiore ai 21 Cv, la rideterminazione del reddito in Euro “19.74344”, misura inferiore al reddito originariamente accertato, hanno sostenuto che l’appellato non aveva “prodotto alcuna documentazione idonea a contrastare il residuo importo del reddito accertato”, con conseguente conferma degli “altri valori attribuiti alle auto ed alla residenza”. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, con i primi quattro motivi, tutti implicatiti violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 1, n. 3, art. 24 Cost. e L. n. 212 del 2000, art. 12, che i giudici della C.T.R. non abbiano dato il giusto rilievo alla mancanza di contraddittorio preventivo nell’accertamento in oggetto (ad eccezione dell’invio al contribuente di un questionario), incidente sulla legittimita’ dell’atto impositivo.

2. Le suddette censure sono infondate.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato (Cass. 24823/2015) il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidita’ dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena invalidita’ dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, invalidita’ dell’atto, purche’, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealta’ processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalita’ di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali e’ stato predisposto”.

Le Sezioni Unite hanno evidenziato, appunto, come, nella normativa tributaria nazionale, in relazione ai tributi non armonizzati, non si rinviene alcuna disposizione espressa che sancisca in via generale l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, al di fuori di precise disposizioni che tale contraddittorio prescrivono, peraltro a condizioni e con modalita’ ed effetti differenti, in rapporto a singole ben specifiche ipotesi, quale “D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7 (come modificato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, convertito in L. n. 122 del 2010), in tema di accertamento sintetico”.

Nella specie, e’ pacifico che si verte in ipotesi di accertamento sintetico notificato, in relazione all’anno d’imposta 2006, anteriormente all’entrata in vigore della modifica normativa di cui al D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010.

3. Con gli ulteriori motivi, il ricorrente si duole poi della violazione e/o falsa applicazione, sempre ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 10 e art. 53 Cost., lamentando che i giudici della C.T.R. non abbiano considerato se l’azione dell’Amministrazione finanziaria fosse stata improntata “ai principi di lealta’ e collaborazione” ed alla verifica dell’effettiva capacita’ contributiva del soggetto verificato”.

Tali motivi sono inammissibili, sia per loro assoluta genericita’ sia perche’ non correlati alla specifica statuizione della C.T.R., nella quale si e’, per l’appunto, dato atto che l’Ufficio aveva ridotto l’originaria pretesa fiscale, tenuto conto proprio delle giustificazioni fornite dal contribuente in ordine ad uno dei beni “indice” presi in esame originariamente, e che, in rapporto a tale, ridotta, rideterminazione del reddito, il contribuente non aveva offerto alcun elemento idoneo in prova contraria.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attivita’ difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a ruolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2016

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