Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14395 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 12/03/2010, dep. 15/06/2010), n.14395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17832-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

FIORDOLIVA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ASCREA 18, presso lo

studio dell’avvocato DELL’ACQUA GAETANO, che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 40/2006 della COMM. RIB. EG. di ROMA,

depositata il 04/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/03/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI ALESSIA, che ha

chiesto l’accoglimento; udito per il resistente l’Avvocato

DELL’ACQUA GAETANO, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo che ha concluso per linanunissibilità.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 40/15/06 del 4/5/2006 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate di Albano Laziale nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Roma di accoglimento delle riunite opposizioni spiegate dalla contribuente società Fiordoliva s.r.l. in liq. nei confronti di avvisi di accertamento emessi a titolo di IR.P.E.F. ed I.L.O.R. per l’anno d’imposta 1995.

Avverso la suindicata decisione del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso la società Fiordoliva s.r.l. in liq..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Si duole che il giudice dell’appello abbia erroneamente ritenuto plausibili le giustificazioni della contribuente in relazione all’omessa esibizione delle scritture contabili, asseritamente oggetto di furto.

Con il 2^ motivo la ricorrente denunzia contraddittorietà ed insufficienza della motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la “CTR si è limitata a genericamente affermare quanto contestato nel presente ricorso, senza punto darsi cura di verificare l’assetto normativo ed ordinamentale che regge la fattispecie” in questione.

Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v. Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), il quesito recato dal ricorso risulta formulato in termini generici e privi di riferimento alla fattispecie concreta, tali da non consentire, in base alla sua sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che esso debba richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso il ricorso non reca invero la “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati – delle “ragioni” del denunziato vizio di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza, laddove viene fatto riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., al “p.v.c.”, all'”avviso di accertamento”, alla “cartella esattoriale”, ai “ricorsi”, alle “indagini penali”, ai “numerosi finanziamenti ai soci a titolo infruttifero”, ai “rilievi formalizzati nei fogli 100, 101 e 102 del p.v.c”, alle “fatture passive relative ad operazioni inesistenti”, ai “rilievi contenuti nei fogli 104 ss. del p.v.c.”, alla “perizia del consulente tecnico d’Ufficio”) senza che i medesimi risultino invero debitamente riprodotti nel ricorso.

All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.800,00, di cui Euro 3.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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