Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14393 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1885-2019 proposto da:

M.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO

MAGNO 94 STUDIO MORBINATI & LONGO, presso lo studio

dell’avvocato MAURO LONGO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3914/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata l’11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

M.B. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che in sede di rinvio da Cass. n. 3950/2017 – che aveva cassato la sentenza della CTR n. 1415/06/15, per mancanza di motivazione sulla compensazione delle spese, in ordine alla sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni che potevano legittimare la deroga al principio di soccombenza – ha respinto l’appello della contribuente, compensando le spese anche del giudizio di cassazione.

L’originaria controversia verteva su impugnazione di cartella di pagamento, emessa per mancato versamento di somme, e la CTP aveva dichiarato cessata la materia del contendere, compensando le spese del giudizio; la CTR, cui aveva interposto appello la contribuente in relazione alla compensazione delle spese, ha confermato la decisione, respingendo l’appello.

La CTR, con la sentenza impugnata, ha ribadito la correttezza della statuizione sulla compensazione delle spese, essendo stata dichiarata la cessazione della materia del contendere a seguito di una iniziativa della contribuente che “ha presentato un’istanza per la chiusura della lite fiscale in essere, previo pagamento di una somma proporzionale al valore della lite stessa”, ritenendo, sulla scorta delle ragioni della estinzione del giudizio – basate sulla valutazione di opportunità del contribuente di chiudere con il condono ogni pendenza con il Fisco- detta compensazione, “risolvendosi la questione ad un mero difetto formale della motivazione della sentenza di secondo grado”.

L’Agenzia delle entrate si costituisce ex art. 370 comma 1 c.p.c.. La ricorrente deposita memoria, riportandosi integralmente a quanto dedotto in ricorso.

Considerato che:

1.Col primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 394 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, per non essersi la CTR pronunciata sul thema decidendum delineato dalla S.C., estendendo arbitrariamente la sua valutazione a circostanze estranee a detto ambito di cognizione.

Il motivo è infondato, non sussistendo la dedotta violazione di legge, essendosi la CTR adeguata al principio di diritto di cui alla sentenza di rinvio, che aveva rilevato la carenza di motivazione sulla sussistenza delle ragioni legittimanti la deroga al principio di soccombenza, ex art. 92 c.p.c., comma 2, non trattandosi di un caso di compensazione ope legis. La CTR, infatti, con la sentenza oggetto della presente impugnazione, ha motivato sul punto, ritenendo “equa la compensazione fra le parti delle spese del giudizio”, sul presupposto che la lite era cessata per iniziativa della parte, che aveva aderito alla disposizione agevolativa di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16.

Nel caso in esame, ciò che viene lamentato, ex art. 360 c.p.c., n. 3, è il preteso errore in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nel ritenere che la cessazione della materia del contendere fosse dipesa non già da un provvedimento in autotutela dell’Agenzia bensì da una iniziativa del contribuente, che ha deciso di mettere fine alla controversia aderendo al condono.

Ciò ancorchè la CTR abbia deciso sulla base di un diverso presupposto di fatto (proposizione da parte del contribuente dell’istanza di chiusura liti L. n. 289 del 2002 ex art. 16), che però non è stato sul punto oggetto di contestazione, avendo il ricorrente proposto il motivo esclusivamente sotto il profilo della violazione di legge.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo è inammissibile. Esso riguarda una valutazione (consistente nella diversa prospettazione dei fatti di causa) che non impinge in un errore di diritto e che non trova riscontro nella sentenza, ma si fonda su una diversa percezione del materiale del giudizio, costituente oggetto di un differente rimedio.

L’errore di percezione nel quale sarebbe in ipotesi incorsa la CTR avrebbe dovuto essere proposto, ammissibilmente, come errore revocatorio, e non come violazione di norma di diritto, come inammissibilmente fatto.

E’ la revocazione, infatti, il rimedio esperibile laddove si riscontri un contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio (cfr. ex plurimis, Cass. civ. sentt. nn. 26890 del 22/10/2019; 13915 del 2005 e 2425 del 2006, v. anche Cass. civ. SS.UU. sent. n. 9882 del 2001).

3.11 ricorso va pertanto respinto.

4. Nulla sulle spese, essendosi l’Agenzia costituita ex art. 370 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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