Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14390 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17941-2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE

MEDAGLIE D’ORO 42, presso lo studio dell’avvocato GIULIO

MASTROIANNI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO CIOFFI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI FROSINONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7071/10/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 5/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

A.F. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento emesso D.P.R. n. 600 del 1973 ex artt. 38 e 42, per Irpef anno 2007, ha accolto l’appello dell’Ufficio, in riforma della sentenza di primo grado (che aveva ritenuto sufficiente la disponibilità di una somma di denaro a superare la presunzione di maggior reddito accertato, sulla base di esborsi per finanziamenti a quattro società di cui il contribuente era socio, all’acquisto di un fabbricato, al possesso di immobile e autovettura, a spese per contratti di locazioni e premi assicurativi). La CTR, richiamando i principi della giurisprudenza (Cass. 6813/2009), ha ritenuto non provato il nesso fra la disponibilità economica proveniente da disinvestimenti e la spesa per incrementi patrimoniali.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Il motivo è inammissibile.

Costituisce consolidato orientamento di questa Corte, il principio secondo cui i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, (da ultimo ed ex multis Cass. n. 29093/2018, n. 23834/2019).

Il ricorrente per cassazione, pertanto, ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sè tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 3289 del 2014; Cass. n. 16147 del 2017). A tale onere processuale il ricorrente non ha ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015).

Nella fattispecie il ricorrente si è limitato a riportare il testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, vigente ratione temporis e l’errata applicazione che ne avrebbe fatto la CTR ponendo a carico del contribuente l’ulteriore onere della prova relativa al “nesso tra disponibilità economica proveniente da disinvestimenti e le spese da incrementi patrimoniali” ritenendo tale onere non esigibile a carico del contribuente.

La CTR ha per converso applicato correttamente i principi in materia, ribaditi da successiva giurisprudenza (Cass. n. 25104 del 26/11/2014 n. 14885 del 16/07/2015n. 22944 del 10/11/2015n. 1332 del 26/01/2016), che ha ripetutamente statuito, con decisione qui condivisa, che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 4.500,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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