Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1439 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 21/01/2011), n.1439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

Z.W., elett.te dom.to in Roma, alla via Marianna

Dionigi 29, presso lo studio dell’Avv. Simona Barberio, rapp.to e

difeso dall’avv. FURLANI ALESSANDRO, giusta procura in atti;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale dell’Emilia e Romagna n. 87/2008/18 depositata l’1/12/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 10/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso aderendo alla

relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da Z.W. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Ferrara n. 120/5/2006 che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso il silenzio rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso Irap versata negli anni 1998 – 2003.

Il ricorso proposto si articola in due motivi. Resiste con controricorso il contribuente.

Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 10/11/2010 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La disponibilità da parte dello Z., consulente informatico, di uno studio professionale costituirebbe presupposto sufficiente per l’affermazione della sussistenza di un’autonoma organizzazione.

La censura è infondata. In tema di IRAP, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l'”id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Sent. 3678 del 16/02/2007).

Esente da censure è la decisione impugnata che, nel valutare la posizione del contribuente, si è attenuta a tali principi.

Con secondo motivo la ricorrente assume la insufficiente motivazione sulla circostanza che l’attività fosse svolta presso un appartamento appositamente locato. La censura è infondata non ravvisandosi nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dello Z., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dello Z., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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