Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14387 del 14/07/2016

Cassazione civile sez. lav., 14/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 14/07/2016), n.14387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12050-2011 proposto da:

D.M.G. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrente –

contro

ENTE PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO LAZIO E MOLISE C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1173/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 05/11/2010 r.g.n. 1238/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dei

29/04/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato BOCCIA FRANCO RAIMONDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Sulmona aveva respinto il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti nei confronti dell’Ente Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, volto all’accertamento della illegittimita’ della determinazione n. 163/2007, alla sua disapplicazione ed alla condanna dell’Ente alla restituzione delle somme trattenute a far tempo dal giugno 2007, a titolo di indennita’ mensile pensionabile, di cui al D.P.R. n. 69 del 1984, art. 5, percepita dal 1995 al 2001.

2. La Corte di Appello dell’Aquila, con la sentenza in data 5.11.2010, ha respinto l’appello proposto dai ricorrenti indicati in epigrafe e li ha condannati a pagare le spese del giudizio.

3. La Corte territoriale, rilevato che la decisione di primo grado era fondata sulla ritenuta formazione di giudicato su identica questione e anche sulla affermata infondatezza della domanda volta alla declaratoria della illegittimita’ della disposta ripetizione delle somme indebitamente percepite dai lavoratori, ha ritenuto fondata l’eccezione di giudicato, formulata dall’Ente con riferimento alla sentenza n. 24 del 2004, pronunciata dal Tribunale di Sulmona.

4. Ha, sul punto, rilevato che con il ricorso di primo grado, i lavoratori, nell’impugnare la Delib. n. 163 del 2007, che aveva disposto la ripetizione delle somme loro erogate a titolo di indennita’ pensionabile, avevano riproposto la questione della spettanza o meno di detta indennita’, il cui pagamento era stato sospeso con la Delib. n. 7 del 2001 e Delib. n. 14 del 2001, “thema decidendum”, questo, coincidente con quello del giudizio definito dalla sentenza 24/2004, nel quale era stata dedotta la illegittimita’ della Delib. Ente n. 7 del 2001 e Delib. n. 14 del 2001.

5. Ha ritenuto, inoltre, che l’indebito doveva ritenersi sussistente perche’ la Delib. n. 10 del 1995 ed il contratto integrativo del 19.5.2000, che avevano previsto l’attribuzione dell’indennita’ pensionabile di cui al D.P.R. n. 69 del 1984, art. 5 non avevano ottenuto l’approvazione delle Autorita’ di controllo e giurisdizionali; che, a fronte della oggettiva esistenza dell’indebito, l’elemento soggettivo rilevava solo ai fini delle modalita’ del recupero e della decorrenza degli interessi; che, nell’ambito della giurisdizione ordinaria non aveva alcuna rilevanza il dedotto vizio di difetto di potere del soggetto che aveva deliberato il recupero delle somme erogate indebitamente ai lavoratori.

6. Avverso detta sentenza i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso affidato a otto motivi, illustrati da successiva memoria, al quale ha resistito l’Ente Parco D’ Abruzzo Lazio e Molise.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso. 7. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., sul rilievo che la controversia decisa dal Tribunale di Sulmona con la sentenza n. 24/2004 aveva ad oggetto “petitum” e “causa petendi” diversi da quelli oggetto del giudizio definito con la sentenza impugnata.

8. Si deduce, in particolare, che l’oggetto del giudizio definito con la sentenza n. 24/2004 era costituito dalla richiesta di declaratoria di illegittimita’ della Delib. n. 22 del 2001 e Delib. n. 27 del. 2001, che avevano disposto la sospensione del pagamento dell’indennita’ pensionabile, e l’accertamento del diritto ad ottenere il pagamento di detta indennita’ dalla data di sospensione della sua erogazione; che, di contro, il giudizio definito con la sentenza impugnata aveva ad oggetto l’accertamento della illegittimita’ della Delib. n. 163 del 2007, che aveva disposto la restituzione delle somme erogate sino al settembre 2001, l’accertamento della insussistenza del diritto dell’Ente a recuperare dette somme e l’intervenuta prescrizione e la illegittimita’ delle modalita’ di recupero.

9. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto coperta da giudicato anche la domanda proposta da P.N., F.D. e G.R., pur non avendo questi proposto il ricorso introduttivo del giudizio definito con la sentenza 24/2004, e per non avere esaminato le loro domande.

10. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 2033 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3 e art. 2126 c.c., comma 1.

11. I ricorrenti lamentano omessa, insufficiente ed apparente motivazione sulla sussistenza dell’indebito, assumendo che la Corte territoriale si sarebbe limitata a motivare succintamente sul dolo, ai soli fini della decorrenza degli interessi, sulla legittimita’ dei provvedimenti in forza dei quali era stata disposta l’erogazione della indennita’, ed avrebbe omesso di pronunciare sulla dedotta insussistenza del diritto dell’Ente a ripetere l’indennita’ pensionabile, erogata tra il 1995 ed il 2001. Deducono, ribadendo quanto gia’ esposto nel primo motivo, che il giudizio di merito aveva ad oggetto l’accertamento dell’illegittimita’ della Delib. n. 163 del 2007, che aveva disposto la ripetizione delle somme erogate a titolo di indennita’ pensionabile, e non della Delib. n. 10 del 1995 che aveva previsto erogazione della indennita’.

12. Con il Quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione in ordine all’affidamento riposto da essi ricorrenti nelle delibere adottate dall’ente.

13. Con il quinto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte avrebbe omesso di motivare sul fatto che l’erogazione era avvenuta in virtu’ di una transazione.

14. Con il sesto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2948 c.c., lamentando che la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciare sull’eccezione di prescrizione formulata nel ricorso di primo grado.

15. Con il settimo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 omessa motivazione su un punto decisivo della controversia sulla dedotta carenza di potere della Delib. n. 163 del 2007.

16. Con l’ottavo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, omessa motivazione e violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

17. I ricorrenti deducono che la Corte territoriale avrebbe omesso di statuire sulla censura formulata nei confronti della decisione di primo grado che aveva condannato essi appellanti al pagamento delle spese del giudizio e che, senza motivazione, aveva condannato essi appellanti al pagamento delle spese del giudizio di appello, in violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 non avendo considerato il legittimo affidamento dei ricorrenti nella condotta dell’Ente Parco.

Esame dei motivi.

18. Le censure articolate nel primo, nel secondo e nel terzo, motivo, per essere correlate alla questione del giudicato e della dedotta irripetibilita’ delle somme trattenute dall’Ente, vanno scrutinati congiuntamente. Essi presentano, ad un tempo, profili di inammissibilita’ e di infondatezza.

19. Le censure correlate alla violazione dell’art. 2909 e dell’art. 112 c.p.c (primo, secondo e terzo motivo), per mancato esame del merito delle domande proposte da tutti gli odierni ricorrenti sono inammissibili, tenuto conto della pluralita’ delle “rationes decidendi” che supportano la decisione 20. Infatti e’ “ius receptum”, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per il quale l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralita’ di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per se’ solo, idoneo a supportare il relativo dictum, per poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutti gli ordini di ragioni cennati, posto che la mancata critica di uno di questi o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli comporterebbero che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua “ratio” non, o mal, censurato e priverebbero l’impugnazione dell’idoneita’ al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (“ex multis”, Cass. 24540/2009, 4424/2001, 4349/2001).

21. Come evidenziato nel punto 5 di questa sentenza, la Corte territoriale, pur ritenendo fondata l’eccezione di giudicato, formulata dall’Ente con riguardo alla sentenza n. 24 del 2004 del Tribunale di Sulmona, nel merito, ha ritenuto la sussistenza di indebito ripetibile, in relazione alle somme percepite dai lavoratori a titolo di indennita’ pensionabile.

22. La Corte territoriale, in particolare, ha preso in esame la domanda concernente la dedotta irripetibilita’ delle somme erogate a titolo di indennita’ pensionabile, ritenendola infondata sul rilievo, adeguatamente motivato, che l’indebito si era realizzato per la mancata approvazione da parte degli organi di controllo della Delib. n. 10 del 1995 e del CCI del 19.5.2000, che avevano attribuito l’indennita’ pensionabile e che, pertanto, non sussisteva la corrispondente obbligazione del suo pagamento da parte dell’Ente.

23. La Corte territoriale ha anche bene spiegato che l’assenza di dolo non escludeva la sussistenza di indebito ripetibile, potendo esso rilevare, al piu’ ai fini della determinazione delle modalita’ di recupero e della decorrenza degli interessi.

24. Rispetto alla suddetta autonoma ragione non vi e’ censura alcuna sicche’ la sentenza deve essere mantenuta ferma in relazione a tale “ratio”.

25. Le censure (terzo motivo) che imputano alla corte violazione dell’art. 2033 c.c. e art. 2126 c.c., comma 1, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3 sono inammissibili perche’ i ricorrenti richiamano la Delib. n. 10 del 1995, il CCI del 19.5.2000 e la sentenza della Corte dei Conti n. 90/1998, atti di cui non specificano la sede di produzione, riportandone brani che non consentono di ricostruirne il contenuto e di verificare la rilevanza di detti atti con riferimento alla dedotta violazione delle norme di legge che si assumono violate. Sotto il profilo in esame, le argomentazioni spese nel terzo motivo, in violazione di quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., comma, n. 4 non consentono di cogliere le ragioni per le quali le norme di legge sono state violate dalla Corte territoriale (“ex multis” Cass. 5024/2002, 3010/2012; Ord. 187/2014).

26. Il quarto motivo, con il quale si addebita alla Corte territoriale insufficiente motivazione, in ordine all’affidamento riposto da essi ricorrenti nelle delibere adottate dall’ Ente, e’ inammissibile perche’ non risulta specificato se la Delib. Ente 14 aprile 1992, n. 129, la Delib. n. 10 del 1995 ed il CCI del 12.5.2000, la sentenza della Corte dei Conti 668/2004, il contenuto dei quali non e’ riportato in ricorso e nemmeno e’ indicata la sede di produzione di detti atti siano stati sottoposti all’attenzione della Corte territoriale.

27. Esso e’, comunque, infondato, perche’, come gia’ evidenziato nei punti 23 e 24 di questa sentenza, la Corte territoriale ha preso in esame ed ha adeguatamente motivato le ragioni per le quali era irrilevante l’assenza del dolo, ai fini dell’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite a titolo di indennita’ pensionabile.

28. Il quinto ed il sesto motivo, con i quali i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare sul fatto che l’erogazione era avvenuta in virtu’ di una transazione (quinto motivo), e sull’eccezione di prescrizione formulata nel ricorso di primo grado (sesto motivo) sono inammissibili.

29. Ancora una volta, nel ricorso non risulta specificato se e in quale atto processuale dette questioni siano state sottoposte all’attenzione della Corte territoriale.

In particolare, quanto all’eccezione di prescrizione, va rilevato che nel ricorso non risulta specificato se l’eccezione sia stata riproposta nell’atto di gravame, che, come sopra evidenziato, non risulta riportato nel ricorso, sia pure nei passi salienti e significativi, e nemmeno ne risulta specificata la sede di produzione.

30. Il settimo motivo, con il quale si denuncia omessa motivazione su sulla dedotta carenza di potere della Delib. n. 163 del 2007, e’ infondato, in quanto, come evidenziato nel punto 5 di questa sentenza, la Corte territoriale ha dato conto delle ragioni di ritenuta infondatezza dell’eccezione, spiegando in maniera adeguata e sufficiente che la delibera, assunta come adottata in violazione delle norme sulla competenza, era stata ratificata dall’Ente e che i vizi degli atti non rilevano nell’ambito della giurisdizione ordinaria, destinata alla tutela dei rapporti e non allo scrutinio degli atti che ai primi danno origine.

31. L’ottavo motivo e’ inammissibile nella parte in cui e’ dedotta omessa motivazione in relazione alla censura formulata nei confronti della statuizione di primo grado, che aveva condannato essi ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio.

32. A prescindere dal rilievo che la censura avrebbe dovuto essere dedotta ai sensi dell’art. 112 c.p.c., va rilevato che la mancata riproduzione del contenuto dell’atto di appello, al pari della mancata specificazione della sede della sua produzione, non consentono di verificare se la questione sia stata effettivamente sottoposta all’ attenzione della Corte territoriale.

33. Il motivo e’ infondato nella parte in cui e’ dedotta la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per non avere la Corte territoriale dichiarato la compensazione delle spese del giudizio di gravame, a fronte del legittimo affidamento riposto da essi ricorrenti negli atti e nei comportamenti dell’Ente.

34. L’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo applicabile ratione temporis alla vicenda dedotta in giudizio (il ricorso di primo grado e’ stato proposto il 9.11.2007) riserva al prudente apprezzamento del giudice la scelta di compensare le spese del giudizio in deroga alla regola generale prevista dall’art. 91 c.p.c..

35. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti alla refusione delle spese del giudizio di legittimita’, in favore del controricorrente, spese liquidate in complessivi Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2016

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