Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14386 del 14/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 14/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 14/07/2016), n.14386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25594/2011 proposto da:

FGA INVESTIMENTI S.P.A., C.F (OMISSIS) (societa’ incorporante di

I.T.C.A. PRODUZIONE S.P.A.) in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 19,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO (STUDIO

TOFFOLETTO DE LUCA TAMAJO) che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ITALICO PERLINI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.D., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

(OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato MARIAFEDERICA DI LIBERO,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8188/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/10/2010 R.G.N. 7349/2009;

udita la rela2ione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato PERLINI MATTEO MARIA per delega Avvocato PERLINI

ITALICO;

udito l’Avvocato DI LIBERO MARIAFEDERICA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilita’, in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 29/10/2010, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia del giudice di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il collocamento in CIGS di C.D., condannando la I.T.C.A. produzione s.p.a., datrice di lavoro, al pagamento in favore del predetto della somma pari alle differenze tra il trattamento percepito e la retribuzione dovuta. La Corte riteneva violato da parte dell’I.T.C.A. l’obbligo datoriale di comunicazione ed esame congiunto dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, sancito dalla L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 e 8, nonche’ delle modalita’ della rotazione prevista nel comma 8, dichiarando conseguentemente l’illegittimita’ del provvedimento di collocazione in CIGS del lavoratore. Evidenziava che nel verbale di accordo del 23/7/2001 erano contenute indicazioni del tutto carenti e totalmente generiche per quanto riguarda i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere alternativi alla rotazione e le modalita’ applicative della stessa rotazione (facendosi riferimento a non meglio precisate “esigenze tecniche produttive e organizzative” e a criteri di rotazione da adottare “compatibilmente” con esse); rilevava che ne era derivata la rimessione alla mera discrezionalita’ datoriale dell’individuazione dei lavoratori coinvolti nella rotazione e della a stessa possibilita’ di non applicare tale meccanismo. Osservava, conseguentemente, che non potevano trovare applicazione nel caso di specie i principi giurisprudenziali alla cui stregua poteva farsi a meno della comunicazione di cui della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, in tema di scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni, nel caso in cui fosse intervenuto un accordo tra datore di lavoro e sindacato idoneo a concordare i criteri di individuazione del personale da porre in cassa integrazione. Rilevava che un tale effetto sanante poteva verificarsi solo nell’ipotesi in cui fosse effettivamente intervenuto un accordo sindacale avente ad oggetto i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere aventi un contenuto, sia pur minimo, di specificita’. Precisava, infine, che la disposizione della L. n. 223 del 1991, art. 1, doveva essere osservata anche a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, atteso che tale ultima normativa non incide con effetto abrogativo o modificativo sulle suddette disposizioni di legge.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione F.G.A. investimenti s.p.a., incorporante ITCA Produzione S.p.A., sulla base di tre motivi. Resiste il C. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 ed 8. Rileva la non genericita’ del criterio delle esigenze tecnico-produttive come modalita’ di selezione del personale, laddove la Corte d’Appello aveva stabilito la mancata individuazione ex ante dei criteri di selezione alternativi alla rotazione, la totale genericita’ del riferimento a non meglio precisate esigenze tecniche, produttive e organizzative, la limitazione dell’applicazione del meccanismo alle posizioni ritenute fungibili.

2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 e 8 e degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) Censura la sentenza impugnata in relazione alla deduzione riguardo alla ritenuta esclusione dell’effetto sanante dell’intervenuto accordo sindacale per mancanza di specificita’. Rileva che la valutazione dell’effetto sanante dell’accordo non poteva prescindere dal suo contenuto, specifico ed esaustivo, nonche’ dall’interpretazione complessiva di esso secondo buona fede e in conformita’ al principio di conservazione.

3. Con il terzo motivo deduce omessa e insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). Rileva che la Corte d’appello aveva liquidato la questione della portata innovativa del D.P.R. n. 218 del 2000, senza valutare e spiegare perche’ la portata innovativa del suddetto D.P.R. non abbia avuto effetti sul procedimento di concessione della CIGS richiesta e ottenuta dalla societa’ ricorrente.

4. Le censure sono infondate.

5. Occorre premettere che controversie analoghe a quella oggetto del presente giudizio, concernenti la medesima procedura di CIGS avviata dalla soc. I.T.C.A. Produzione, sono state gia’ decise da questa Corte con una serie di pronunce, tutte conformi, con le quali sono stati disattesi i motivi svolti dalla societa’ ricorrente, a partire da Cass. n. 7459 del 14 maggio 2012 (si veda, da ultimo, Cass. 8242/2016).

5.2. D’altra parte, gia’ in precedenza le Sezioni Unite della Corte avevano escluso la fondatezza di interpretazioni riduttive della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, sottolineando, con la sentenza n. 302 del 2000, che, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attivita’ lavorativa e’ illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7 e della L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5. E correttamente nel caso in disamina la Corte territoriale ha evidenziato l’assoluta mancanza di specificita’ della comunicazione, in ragione dell’assoluta genericita’ di criteri riportati nella comunicazione mediante mero riferimento a non meglio indicate esigenze tecniche produttive e organizzative”.

6. Neppure e’ fondata la critica con la quale si assume l’effetto sanante dell’intervenuto accordo sindacale, muovendo dal rilievo secondo cui i criteri sarebbero stati adeguatamente specificati in tale atto e i verbali di esame congiunto avrebbero il valore di atti amministrativi che certificano la regolarita’ della procedura.

6.1. Premesso che il motivo difetta dell’allegazione dell’intero accordo (essendo stato trascritto unicamente un comunicato sindacale inidoneo a significare il tenore del medesimo), indispensabile ai fini della valutazione in ordine alla efficacia sanante rispetto alle carenze della comunicazione originaria, va rimarcato che la tesi per cui l’accordo sindacale conterrebbe un’adeguata specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in cassa integrazione e spiegherebbe adeguatamente le ragioni della impossibilita’ del ricorso alla rotazione si risolve nella prospettazione di una questione di merito, la cui valutazione, al pari di quella concernente la comunicazione di avvio della procedura, spetta in via esclusiva al giudice di merito e puo’ essere censurata in cassazione solo negli stretti limiti del giudizio di legittimita’ (Cass. 29 maggio 2014, n. 12096; Cass. 6 maggio 2014, n. 9705): nel caso in esame travalicati, in riferimento ad una decisione immune da incoerenze o contraddizioni logiche.

6.2. Invero, la possibilita’ di un effetto sanante di un accordo sindacale sui criteri di scelta, laddove l’accordo li indichi in modo puntuale e specifico, e’ stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell’ipotesi in cui la comunicazione e’ strettamente funzionale a mettere in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la controparte adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali. Ne’ puo’ essere ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in concreto gia’ operate (v., funditus, Cass. n. 26587/2011 cit.; in generale sull’esclusione del carattere sanante dell’accordo cfr., ex multis, Cass. 11 marzo 2015, n. 4886, anche per richiamo di: Cass. 12 dicembre 2011, n. 26587; Cass. 9 giugno 2009, n. 13240; Cass. 1 luglio 2009, n. 15393).

7. Quanto al motivo di ricorso attinente al D.P.R. n. 218 del 2000, che – secondo parte ricorrente – avrebbe delegificato la materia della Cassa integrazione guadagni sicche’ il predetto decreto presidenziale costituirebbe ormai l’unico regolamento della materia con la conseguente sostituzione, per abrogazione esplicita o implicita per incompatibilita’, di tutte le altre disposizioni anche di fonte legale, deve ribadirsi il costate orientamento di questa Corte secondo cui tale disciplina regolamentare non ha alcuna efficacia abrogativa della L. n. 223 del 1991 e, quindi, degli oneri di comunicazione di cui all’art. 1.

7.1. Piu’ specificamente, il D.P.R. n. 218 del 2000, non incide in alcun modo sulle disposizioni di cui al combinato disposto della L. n. 164 del 1975, art. 5 e della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, riguardante l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, nonche’ le modalita’ di rotazione. Il D.P.R. tende a semplificare la fase propriamente amministrativa, di rilevanza pubblica, del procedimento di concessione della integrazione salariale, senza in alcun punto ridurre i diritti dei lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali ad essi funzionali (si vedano, Cass. n. 28464/2008 e le successive conformi Cass. n. 4053 del 18 febbraio 2011; Cass. n. 26587 del 12 dicembre 2011; Cass. n. 18628 del 5 agosto 2013; Cass. n. 3817 del 18 febbraio 2014; Cass. n. 11192 del 21 maggio 2014; Cass. n. 3817 del 18 febbraio 2014).

8. Il ricorso proposto dalla societa’ deve, pertanto, essere rigettato.

9. Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, devono essere poste a carico della parte soccombente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore del C. delle spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2016

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