Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14380 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 08/02/2010, dep. 15/06/2010), n.14380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello

Stato e domiciliata presso i suoi uffici in Roma Via dei Portoghesi

12;

– ricorrente –

contro

F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 27/17/05 della Commissione tributaria

regionale di Genova, emessa il 24 marzo 2005, depositata il 28

aprile 2005, R.G. 626/04;

udita la relazione della causa svolta all’udienza dell’8 febbraio

2010 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l’Avvocato Fabrizio Urbani Neri per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il contribuente, F.A., esercente l’attività di agente di commercio, ha impugnato il diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 1998 al 2001.

Il ricorso è stato respinto dalla CTP genovese.

La CTR ha invece accolto l’appello del F. rilevando che la norma di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, non fa alcuna distinzione ai fini dell’IRAP tra attività commerciale e professionale o di lavoro autonomo ma distingue solo fra attività con o senza autonoma organizzazione. Dovendosi intendere per autonoma organizzazione la disponibilità di una struttura organizzata in grado non solo di ampliare l’attività ma potenzialmente anche di sostituire il contribuente nella sua attività. Nella specie la C.T.R. ha riscontrato che il F. esercita l’attività di agente di commercio in modo del tutto personale senza avvalersi di dipendenti o di collaboratori, con attrezzature di scarsa rilevanza.

Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrare affidandosi a due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e degli artt. 2082 e 2083 c.c., contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia; b) violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3.

Non svolge difese il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si lamenta che la C.T.R. non abbia fatto alcuna distinzione fra attività commerciale e attività professionale violando le norme indicate in quanto l’attività dell’imprenditore è per definizione attività organizzata e rendendo un giudizio intrinsecamente viziato di contraddittorietà non potendosi ritenere che un soggetto sia imprenditore e nel contempo negare che la sua attività si svolga in forma organizzata.

Con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente lamenta che i giudici di appello abbiano operato una confusione tra i concetti di organizzazione e di autonoma organizzazione laddove hanno inteso verificare l’esistenza di una struttura organizzativa di carattere autonomo. Ciò costituisce secondo la ricorrente un palese errore in quanto parlare di organizzazione come struttura autonoma rispetto alla persona fisica del contribuente significa valutare un elemento esterno estraneo) al contribuente, mentre chiaramente l’autonoma organizzazione nel senso inteso dal legislatore corrisponde a una caratteristica dell’attività stessa del contribuente, intesa come l’attività personale di quest’ultimo.

I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi entrambi alla definizione di autonoma organizzazione, sono infondati. La tesi è in palese contrasto con la giurisprudenza costituzionale citata e con l’indirizzo consolidato di questa Corte secondo cui, in tema di IRAP, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, postula che l’attività abituale ed autonoma del contribuente si avvalga di un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la sua capacità produttiva; non è invece necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, nè assume alcun rilievo, ai fini dell’esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o perchè la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità (Cass, civ. sez. 5^, n. 5011 del 5 marzo 2007). In altri termini, in tema di IRAP, anche alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev’essere intesa in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. Essa è riscontrabile ogni qual volta il professionista si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, o impieghi nell’organizzazione beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività, costituendo indice di tale eccedenza, fra l’altro, l’avvenuta deduzione dei relativi costi ai fini dell’IRPEF o dell’IVA, ed incombendo al contribuente che agisce per il rimborso dell’imposta indebitamente versata l’onere di provare l’assenza delle predette condizioni (Cass. civ. n. 3673 del 16 febbraio 2007).

Il ricorso va pertanto respinto.

Nessuna statuizione va emessa quanto alle spese processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

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