Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1438 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 16/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16102/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

N.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO

MARCHIONNI, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2469/35/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 28/10/2014, depositata il 17/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. e dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

La CTR della Toscana, con sentenza n. 2469/35/14, depositata il 17 dicembre 2014, non notificata, accolse l’appello proposto dal sig. N.E. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Pistoia, avverso la decisione della CTP di Pistoia, che aveva invece rigettato il ricorso proposto dal sig. N.E. avverso il provvedimento di diniego di condono della L. n. 289 del 2002, ex art. 12, emesso dall’ufficio, poichè, pur avendo il contribuente aderito al condono nel 2003, il condono non si era perfezionato in assenza dell’integrale versamento delle somme dovute.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il contribuente resiste con controricorso.

Con il primo motivo l’Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 12 e del D.L. n. 138 del 2011, art. 2, comma 5 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, osservando come, – pur avendo la stessa pronuncia impugnata dato atto che il contribuente, dopo aver aderito nel 2003 al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12, per ruoli afferenti ad imposte e tasse non versate per gli anni 1983 e 1984, non aveva poi versato l’intero importo dovuto – erroneamente abbia poi nei fatti ritenuto ugualmente perfezionato il condono medesimo.

Il motivo è manifestamente fondato, alla stregua del consolidato indirizzo espresso da questa Corte, secondo cui “in tema di condono fiscale, la L. n. 289 del 2002, art. 12, applicabile esclusivamente con riferimento a cartelle esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR, nel disciplinare una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servigio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle spese eventualmente sostenute dal concessionario, non prevede alcuna attestazione di regolarità del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto versato e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui al citato art. 12, non si determina alcuna incertezza in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la lite fiscale. L’efficacia della sanatoria, è, pertanto condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’omesso o anche soltanto il ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente” (Cass. sez. 6-5, ord. 2 marzo 2015, n. 4151, confermativa di orientamento già più volte espresso dalle ulteriori pronunce richiamate dalla ricorrente Agenzia delle Entrate; tra le altre successive conformi si vedano ancora Cass. sez. 5, 11 agosto 2016, n. 16970; Cass. sez. 5, 13 gennaio 2016, n. 379).

A ciò consegue, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, che non possa trovare applicazione nella fattispecie in esame il disposto del D.L. n. 138 del 2011, art. 2, comma 5 bis, convertito, con modificazioni, in L. n. 148 del 2011, secondo cui “L’Agenzia delle Entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia, al fine di recuperare all’entrata del bilancio dello Stato le somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, anche dopo l’iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento, provvedono all’avvio, entro e non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di una ricognizione di tali contribuenti. Nei successivi trenta giorni, le società del gruppo Equitalia e quelle di Riscossione Sicilia provvedono, altresì, ad avviare nei confronti di ciascuno dei contribuenti di cui al periodo precedente ogni azione coattiva necessaria al fine dell’integrale recupero delle somme dovute e non corrisposte, maggiorate degli interessi maturati, anche mediante l’invio di un’intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla predetta scadenza, inderogabilmente entro il termine ultimo del 31 dicembre 2011”. L’esigenza della ricognizione prevista dalla citata norma ai fini del recupero di quanto non versato in sede di condono trova la sua ratio giustificativa nell’essersi comunque il condono perfezionatosi, ciò che avviene, come si è detto, nelle sole ipotesi di cd. condono premiale, atteso che alcuna incertezza sul quantum dovuto può invece verificarsi qualora, come incontestato nella fattispecie in esame, il mancato perfezionamento del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12, per omesso versamento della seconda rata comporti l’obbligo di pagamento dell’intero importo della somma iscritta a ruolo.

Del pari fondato è il secondo motivo, con il quale l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2937 c.c., u.c., art. 2946 c.c. e del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha comunque ritenuto prescritti i crediti tributari per decorso del termine decennale di prescrizione ordinaria.

L’adesione al condono da parte del contribuente, integra, infatti, comportamento del debitore che manifesta la volontà inequivocabile del medesimo di non intendere avvalersi della causa estintiva del diritto altrui (in generale, sui presupposti della c.d. rinuncia tacita alla prescrizione, cfr. Cass. sez. 3, 29 novembre 2012, n. 21248; specificamente, nel senso che la proposizione da parte del debitore dell’istanza di definizione dei carichi di ruolo pregressi, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12, assuma valore di comportamento concludente ed oggettivamente incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione già maturata dei crediti tributari, cfr. Cass. sez. 3, 16 giugno 2016, n. 12407).

Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con rigetto dell’originario ricorso del contribuente. Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, cedendo a carico di parte controricorrente, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna il controricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2300,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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