Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14378 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. I, 25/05/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 25/05/2021), n.14378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14094/2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via R. Grazioli

Lante n. 16, presso lo studio dell’avvocato Bonaiuti Paolo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Borromeo Antonella,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CRIF S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Savoia n. 80, presso lo

studio dell’avvocato Forza Maria Selvaggia, rappresentata e difesa

dagli avvocati Imperiali Rosario, Imperiali Riccardo, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2288/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

pubblicata il 30/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/03/2021 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – M.A. ricorre per un mezzo, nei confronti di Crif S.p.A., contro la sentenza del 30 ottobre 2017 con cui la Corte d’appello di Bologna ha respinto il suo appello avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto della domanda, proposta ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152, volta all’accertamento della legittimità dell’operato della convenuta nel trattamento dei propri dati personali, con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

2. – Crif S.p.A. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. – L’unico mezzo, che si protrae da pagina 7 a pagina 21 del ricorso, denuncia falsa applicazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152, come modificato del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 10 e 34, ed insufficiente motivazione in punto di inappellabilità della decisione che aveva definito il giudizio di primo grado, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di considerare che la domanda aveva una componente prevalentemente risarcitoria, riconducibile alla previsione degli artt. 2043 e 2050 c.c., con l’ulteriore conseguenza che le domande cumulativamente proposte, in quanto attinenti non solamente alla protezione dei dati personali, ma soprattutto all’aspetto risarcitorio, dovevano necessariamente sottostare all’ordinario regime delle impugnazioni previsto dal nostro ordinamento.

Secondo il ricorrente, dunque, avrebbe in definitiva errato la Corte d’appello nel reputare inappellabile l’impugnazione dinanzi ad essa proposta.

4. – Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..

Per ammissione dello stesso ricorrente, egli ha agito in giudizio proponendo una domanda “ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152” (si veda la pagina 2 del ricorso), domandando il risarcimento del danno cagionato dall’avere la società convenuta, esercente l’attività di banca dati e centrali rischi privata, attribuito ad una società che a lui faceva capo, Valfin S.p.A., un fallimento che aveva invece interessato un’omonima S.r.l., con i danni patrimoniali e non patrimoniali conseguitine.

Il Tribunale, nel contraddittorio con la società, ha respinto la domanda, pronunciando sentenza mediante lettura del dispositivo, in applicazione del rito del lavoro, secondo la previsione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 10.

Trova pertanto l’applicazione il fermo principio secondo cui: “Nel giudizio avente ad oggetto tanto la lesione del diritto alla protezione dei dati personali, cui si applica la disciplina processuale speciale di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011 (che non prevede la ricorribilità in appello), quanto la domanda di risarcimento del danno per la lesione dei diritti alla riservatezza ed all’immagine, cui si applica il rito ordinario, al fine di identificare il mezzo di impugnazione esperibile, in ossequio al principio dell’apparenza, deve farsi riferimento esclusivo a quanto previsto dalla legge per le decisioni emesse secondo il rito in concreto adottato in relazione alla qualificazione dell’azione effettuata dal giudice; pertanto, qualora il tribunale abbia ritenuto di giudicare unitariamente sulle domande, applicando il rito speciale, in quanto i danni risarcibili erano stati prospettati come conseguenza dell’illecita diffusione dei dati personali, il ricorso in appello avverso la decisione del tribunale è inammissibile” (Cass. 22 dicembre 2020, n. 29336; in identica prospettiva, nella situazione speculare, Cass. 23 ottobre 2020, 23390; Cass. 7 ottobre 2010, n. 20811).

Nulla nel ricorso induce a riconsiderare detto orientamento.

7. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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