Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14377 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/07/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21096-2014 proposto da:

CASSA NAZIONALE DIPREVIDENZA E ASSISTENZAA FAVORE DEI DOTTORI

COMMERCIALISTI (CNPADC), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso

lo studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANAPO 20,

presso lo studio dell’avvocato CARLA RIZZO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FABRIZIO DOMENICO MASTRANGELI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10501/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/03/2014 R.G.N. 24/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/02/2020 dal Consigliere Dott. CALAFIORE DANIELA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato SILVIA LUCANTONI per delega verbale Avvocato ANGELO

PANDOLFO; udito l’Avvocato CARLA RIZZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre sostanziali motivi, avverso la sentenza n. 10501/2013 della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede, con la quale si era ritenuto che alla Cassa non spettasse un potere autonomo, qualora fosse mancata una conforme decisione del relativo Ordine professionale, di verificare i requisiti di legittimità dell’esercizio della professione, ai fini del riconoscimento dei corrispondenti anni di iscrizione, requisiti che nel caso di specie, secondo la predetta Cassa, non sarebbero sussistiti a causa dell’esercizio da parte del ricorrente B.A., dal 1994 al 1999, del ruolo di amministratore unico e socio di maggioranza della società Alta moda s.r.l..

2. La sentenza, in ragione di quanto sopra, aveva altresì accolto la domanda del B. volta ad ottenere la pensione di vecchiaia, attraverso la fruizione anche di quegli anni di iscrizione.

3. Il dottor B. ha resistito con controricorso.

4. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un primo motivo, indicato come secondo in successione ad una rappresentazione delle ragioni di ammissibilità del ricorso, la ricorrente afferma, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 21 del 1986, art. 22, per essere stata ad essa negata la possibilità di verificare le situazioni di incompatibilità nell’esercizio della professione ostative al perdurare, nei corrispondenti periodi, dell’iscrizione in ambito previdenziale, poteri in realtà impliciti nell’attribuzione, di cui all’art. 22 cit., della competenza ad accertare l’effettivo, da intendersi anche come legittimo, esercizio dell’attività propria del dottore commercialista.

2. Con il secondo motivo (rubricato come IV) si sostiene che l’interpretazione adottata dalla Corte territoriale creerebbe la violazione del principio di uguaglianza e quindi dell’art. 3 Cost., in quanto tratterebbe in modo identico la situazione di chi sia regolarmente iscritto alla Cassa e di chi, per illegittimità attinenti all’iscrizione all’Ordine, non dovrebbe esserlo.

Con il terzo (rubricato come V) ed ultimo motivo è addotta la violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, art. 1, commi 1 e 3, in quanto l’erogazione della prestazione previdenziale a favore di un soggetto che non ne avrebbe diritto per illegittima iscrizione all’Albo determinerebbe un indebito pregiudizio per le finanze dell’ente privatizzato.

2. Va disattesa l’eccezione di inammissibilità ex art. 380 bis c.p.c., n. 1, sollevata dal contro ricorrente. La questione giuridica prospettata, infatti, ha formato oggetto di esame, con esito favorevole per la parte ricorrente, da parte delle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione in epoca successiva al momento di proposizione del ricorso stesso, per cui non può ritenersi che i motivi proposti avessero formato oggetto di orientamenti consolidati.

3. Il motivi vanno trattati congiuntamente in quanto connessi e sono fondati.

4. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito, con principi qui condivisi, che “la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti è titolare del potere di accertare, sia all’atto dell’iscrizione ad essa, sia periodicamente, e comunque prima dell’erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, ed a tale limitato fine, che l’esercizio della corrispondente professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità di cui al D.P.R. n. 1067 del 1953, art. 3, (ora D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 4), ancorchè quest’ultima non sia stata accertata dal Consiglio dell’Ordine competente. In particolare, detto autonomo potere di accertamento sussiste nel momento della verifica dei presupposti per l’erogazione del trattamento previdenziale, al quale si associa naturalmente la cessazione dell’iscrizione all’Ordine, non potendosi ravvisare ostacolo alcuno nella carenza di una procedura specifica per l’esercizio di esso, risultando le garanzie procedimentali suscettibili di essere in ogni caso assicurate dall’osservanza delle norme generali di cuì alla L. n. 241 del 1990” (Cass., S.U., 1 febbraio 2017, n. 2612; conforme, in precedenza, Cass. 13 novembre 2013, n. 25526).

5. A tale soluzione le Sezioni Unite sono giunte componendo il contrasto ìnsorto in ordine all’individuazione dei poteri della Cassa Previdenza dei Commercialisti (CNPADC) circa l’accertamento della legittimità dello svolgimento dell’attività professionale.

6. Un primo orientamento riteneva rimesso esclusivamente al Consiglio dell’Ordine di appartenenza del professionista tale potere di accertamento, evidenziandosi che le norme riguardanti il procedimento di cancellazione dall’albo dei commercialisti (D.P.R. n. 1067 del 1953, art. 34, oggi abrogato, ma riprodotto dal D.Lgs. n. 139 del 2005, artt. 12 e 37), nel disciplinare il potere ed il procedimento di cancellazione dall’Albo, prevedono particolari garanzie a favore dell’interessato (diritto di essere sentito e possibilità di proporre ricorso al Consiglio Nazionale di categoria). Nel caso di verifica operata dalla Cassa di Previdenza, in ordine alla legittimità dell’esercizio della professione ed al vaglio dell’esistenza di una causa di incompatibilità con lo svolgimento della professione con consequenziale annullamento dei corrispondenti periodi contributivi, tali garanzie verrebbero meno.

Neppure il potere di accertamento risulterebbe fondato nel regolamento emanato dalla Cassa nel 1994, in quanto esso riguarda soltanto “l’accertamento della sussistenza del requisito dell’esercizio della professione” (arg. L. n. 21 del 1986, ex art. 22), rimanendo estraneo ogni potere di indagine e decisione circa l’esistenza di cause di incompatibilità, potere, questo, attribuito in via esclusiva al Consiglio dell’Ordine.

Manca, inoltre, una disposizione analoga a quelle previste per la Cassa Forense (L. n. 319 del 1975, art. 2, comma 3) e per la Cassa Geometri (L. n. 733 del 1982, art. 22, comma 4) in forza delle quali a questi ultimi Enti previdenziali è testualmente riconosciuto il potere di accertare eventuali situazioni di incompatibilità ai fini del trattamento pensionistico. (Cass. sez. lav., 15 giugno 2009, n. 13853; Cass. sez. lav., 13 aprile 1996, n. 3493; Cass. sez. lav., 12 luglio 1988, n. 4572).

7. Secondo l’indirizzo giurisprudenziale contrario, la potestà esclusiva del Consiglio dell’ordine in merito alla cancellazione per incompatibilità riguarda solo l’aspetto afferente l’esercizio della professione, mentre quella attribuita alla Cassa previdenza è finalizzata a verificare uno dei presupposti per il riconoscimento di un trattamento pensionistico e, segnatamente, quello riguardante l’avvenuto esercizio legittimo della professione. Ove si ritenesse che il potere di cancellazione fosse di esclusiva attribuzione dei Consigli dell’Ordine, nei casi in cui sia già venuta meno l’iscrizione all’Ordine medesimo, sarebbe preclusa la possibilità di verificare il legittimo e continuativo esercizio della professione, requisito, questo che costituisce titolo non solo per l’iscrizione all’Albo ma anche alla Cassa previdenza.

8. Si ritiene, peraltro, che il potere della Cassa di verifica dell’esercizio della professione” di cui alla L. n. 21 del 1986, art. 22, comma 3, deve ritenersi esteso anche al potere di verifica del legittimo esercizio della professione medesima anche sotto l’aspetto della valutazione dell’esistenza o meno di cause di incompatibilità. Altrimenti, si snaturerebbe la portata del precedente L. n. 21 del 1986, art. 20, che dispone che la Cassa ha facoltà di esigere dall’iscritto e dagli aventi diritto a pensione indiretta, all’atto della domanda di pensione o delle revisioni, la documentazione necessaria a comprovare la corrispondenza tra le comunicazioni inviate alla Cassa medesima e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume d’affari, limitatamente agli ultimi quindici anni. La Cassa può altresì inviare questionari con richiesta di conoscere elementi rilevanti quanto all’iscrizione e alla contribuzione. In caso di mancata risposta nel termine di novanta giorni, viene sospesa la corresponsione della pensione fino alla comunicazione della risposta”.

9. Tale potere deve essere inteso come ampio potere di verifica della legittimità dell’iscrizione alla Cassa, compresa l’assenza di cause di incompatibilità ed ulteriore riscontro dell’esistenza del potere della Cassa di verificare la legittimità dell’esercizio della professione di commercialista è stato anche individuato nella più volte citata L. n. 21 del 1986, art. 22, comma 3, che consente l’accertamento dei presupposti “periodicamente e comunque prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali ed assistenziali”.

10. Tale orientamento, preferito dalle citate Sezioni Unite, risponde anche ad una interpretazione costituzionalmente orientata e si è rilevato che, come affermato da Corte Costituzionale n. 420/1988, l’art. 38 Cost., comma 2, non può estendere la propria funzione di garanzia anche nei confronti di attività svolte in violazione di legge e, specificamente, delle norme poste a tutela dell’interesse generale alla continuità ed all’obiettività di una professione. (Cass. sez. lav., 25 gennaio 1988, n. 618; Cass. sez. lav., 4 aprile 2003, n. 5344; Cass. sez. lav., 13 novembre 2013, n. 25526; Cass. sez. lav., 12 novembre 2014, n. 24140).

11. La Corte territoriale non si è attenuta a tali principi e ciò comporta la cassazione della pronuncia impugnata.

12. Il ricorso va, dunque, accolto e va disposto rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione affinchè riesamini le circostanze delle domande di causa alla luce di quanto, nei termini di cui sopra, qui stabilito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione cui demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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