Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14375 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 15/06/2010), n.14375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.P., elettivamente domiciliata in Roma in Via Crescenzio

n. 91, presso l’avv. LUCISANO Claudio che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASALBORGONE, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avv. FOGAGNOLO Maurizio e dall’avv. Guido

Francesco Romanelli, presso il quale è elettivamente domiciliato in

Roma in Via Cosseria n. 5 int. 1;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 6/21/04, depositata il 1 ottobre 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 3

febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

Udito l’avv. Claudio Lucisano per la ricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

primo e per l’accoglimento dei restanti motivi del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E.P. impugnò l’avviso di liquidazione dell’ICI per gli anni dal 1994 al 2000 emesso dal Comune di Casalborgone formulando numerose doglianze.

La Commissione tributaria provinciale di Torino accoglieva il ricorso, dichiarando la nullità della notifica dell’atto impositivo, e conseguentemente la nullità dello stesso avviso, per la mancata indicazione nella relata del messo comunale della qualità del soggetto cui era stato consegnato l’atto, ed escludendo che il vizio fosse stato sanato con l’impugnazione dell’avviso da parte della contribuente, non trovando applicazione la norma dell’art. 156 cod. proc. civ., comma 3, fuori dall’ambito processuale. Riteneva perciò assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso.

La Commissione tributaria regionale del Piemonte, adita in appello dal Comune di Casalborgone, accoglieva il gravame. Nell’originale dell’avviso di liquidazione notificato alla contribuente, depositato dal Comune in ossequio ad ordinanza istruttoria, riscontrava infatti che l’atto era stato notificato “a mani di B.G. qualificatosi marito con relativa sottoscrizione del medesimo in originale”, il che faceva desumere che il messo comunale era incorso in un mero errore materiale nella redazione delle relate, che non poteva pertanto inficiare la validità e l’efficacia della notificazione.

Quanto agli “altri motivi contenuti nella memoria costitutiva” della contribuente appellata “e già oggetto di ricorso introduttivo – concludeva la sentenza di secondo grado -, vengono superati dall’ampia giurisprudenza delle Commissioni Provinciali e Regionale che hanno avuto modo di decidere in materia e per i quali questa sezione non ritiene di dissertare ulteriormente”.

Nei confronti della decisione la contribuente propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.

Il Comune di Casalborgone resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente censura la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, per aver dato rilievo, in ordine alla omessa indicazione della qualifica del consegnatario dell’atto nella relazione di notificazione dell’avviso di liquidazione, all’originale dell’atto e non alla copia consegnata, nonchè per la mancata indicazione, nella relata di notificazione di quest’ultima, del luogo della notificazione; infine, la contribuente si duole dell’improprio utilizzo dei poteri istruttori da parte del giudice d’appello.

Il motivo è infondato, in quanto, come già affermato da questa Corte, ai fini della validità della notifica, in caso di contrasto tra i dati risultanti dalla copia di relata allegata all’originale e i dati risultanti dalla copia consegnata al destinatario, occorre far riferimento alle risultanze ricavatali dalla copia in possesso del destinatario, che prevalgono, ed ove in questa manchi qualche elemento essenziale, la sua presenza nella relata allegata all’originale non è idonea ad escludere la nullità della notifica.

Tuttavia, se la persona fisica del destinatario è conformemente attestata nelle due relate, come nella specie, e la specifica qualità di esso, che lo legittima a ricevere l’atto, sia attestata solo nella relata apposta all’originale, da ciò non consegue alcuna nullità, non essendo contestata l’identità della persona nè la sua titolarità della specifica qualità (Cass. n. 3767 del 2004).

In ordine alla nullità per mancata indicazione, nella relata di notificazione della copia dell’avviso consegnata, del luogo della notificazione, lo specifico rilievo, evidentemente prospettato con l’atto introduttivo, non risulta riproposto nelle deduzioni di secondo grado richiamate come motivi di appello incidentale dalla contribuente, sicchè sulla statuizione di primo grado, di nullità della notificazione dell’avviso per la sola mancata indicazione della qualifica del consegnatario, deve ritenersi formato il giudicato interno.

Quanto al censurato esercizio del potere istruttorio da parte del Collegio d’appello, si osserva che nel processo tributario, “l’esercizio del potere di acquisizione di documenti necessari per la decisione, attribuito alle commissioni tributarie dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 3, costituisce una facoltà discrezionale del giudice e non può sopperire al mancato assolvimento dell’onere probatorio delle parti. Tuttavia, qualora la situazione probatoria è tale da impedire la pronuncia di una sentenza ragionevolmente motivata senza l’acquisizione d’ufficio di un documento (nella specie, il processo verbale di constatazione), è illegittimo il rifiuto della commissione tributaria di esercitare tale potere istruttorio” (Cass. n. 7678 del 2002).

Con il secondo motivo censura la sentenza, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, per avere, una volta ritenuto valido ed efficace l’atto impositivo, rigettato le numerose doglianze di essa contribuente, “contenute nella memoria costitutiva (in appello) e già oggetto di ricorso introduttivo” (così la pronuncia impugnata), sul rilievo che esse “vengono superati dall’ampia giurisprudenza delle commissioni”, sicchè “non (si) ritiene di dissertare ulteriormente”. Ed individua perciò nella pronuncia difetto assoluto di motivazione ovvero motivazione apparente.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha più’ volte affermato che “ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito omette di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (ex multis, Cass. n. 890 del 2006). La sentenza impugnata, come si evince dal testo trascritto supra, incorre nel vizio denunciato, essendo priva di ogni indicazione sia pur vagamente configurabile come ratio decidendi, e del pari di ogni, rinvio ad altre pronunce in ordine a specifiche questioni.

Con il terzo motivo si critica la sentenza per la mancata pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del gravame per l’assenza dell’attestazione di conformità tra il ricorso in appello spedito a mezzo posta e quello successivamente depositato dall’appellante.

Il motivo è infondato, ove si consideri che nel processo tributario “il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 3 – richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 53 -, che disciplina il deposito nella segreteria della Commissione tributaria adita della copia del ricorso notificato mediante consegna o spedizione a mezzo del servizio postale, va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra il documento depositato ed il documento notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertata d’ufficio dal giudice in caso di detta mancanza” (Cass. n. 17180 del 2004, n. 4758 del 2008).

Con il quarto motivo la ricorrente chiede la cassazione della sentenza per omessa pronuncia sulla richiesta di riforma della pronuncia di primo grado per vizi rilevabili d’ufficio: per non avere il giudice di primo grado considerato, ancorchè tardive, la costituzione in giudizio dell’ente locale, depositata 19 giorni liberi prima, e la successiva memoria illustrativa, depositata 4 giorni liberi prima; per aver agito il difensore dell’ente locale senza mandato alle liti; per la mancanza della delibera che legittimasse l’ente locale alla resistenza nel primo grado di giudizio.

Il motivo è fondato, non essendosi pronunciato il giudice d’appello sulle dette questioni, pur essendone stato ritualmente investito.

In conclusione, vanno accolti il secondo ed il quarto motivo del ricorso, e vanno rigettati il primo ed il terzo motivo; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Piemonte, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il quarto motivo del ricorso, rigetta il primo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

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