Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14373 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 15/06/2010), n.14373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.M., elettivamente domiciliata in Torino, in via XX Settembre

n. 62, presso l’avv. GENTILLI GIORGIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASALBORGONE, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avv. CAPIROSSI MASSIMO ed elettivamente

domiciliato in Roma al Lungotevere dei Mellini n. 44, presso l’avv.

Salvatore Mileto;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 25/32/03, depositata il 30 ottobre 2003;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

Uditi l’avv. Salvatore Mileto per la ricorrente ed il P.M., in

persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale

Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del primo e del sesto

motivo del ricorso e per l’accoglimento dei restanti.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E.M. impugnò l’atto con il quale il Comune di Casalborgone le richiedeva il pagamento, per L. 163.000, della t.a.r.s.u. dell’anno 2000, dopo aver provveduto al pagamento del tributo, ed impugnò assieme ad esso la delibera della Giunta comunale, il ruolo, e la comunicazione di iscrizione a ruolo, considerata equipollente alla cartella esattoriale, e perciò compresa nell’elenco degli atti impugnabili di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19. Chiese in via preliminare di dichiarare l’inesistenza dell’iscrizione a ruolo, ed in via principale di annullarla per carenza di potere del soggetto sottoscrittore.

Il Comune si costituì chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso in quanto l’atto, una semplice comunicazione, non iscritta a ruolo, non era impugnabile.

In primo grado il ricorso era dichiarato inammissibile perchè l’atto impugnato, non avente le caratteristiche nè di avviso di liquidazione nè di cartella esattoriale e neppure di ruolo, non era compreso nell’elenco, da ritenersi tassativo, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

La Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello della E., ritenendo non impugnabile l’atto contestato: non essendo questo di per sè destinato a produrre alcun effetto giuridico, il contribuente non aveva alcun interesse a proporre ricorso avverso di esso.

Nei confronti della decisione la contribuente propone ricorso per cassazione articolato in sette motivi.

Il Comune di Casalborgone resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente censura la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, per la mancata integrazione del contraddittorio al concessionario per la riscossione, trattandosi di causa inscindibile.

Il motivo è infondato, in quanto “il fatto che il contribuente venga a conoscenza del ruolo, formato dall’ente locale, soltanto tramite la notificazione dello stesso ad opera del concessionario della riscossione, non determina nel processo tributario, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, comma 1, una situazione di litisconsorzio necessario, nè sostanziale nè processuale, tra l’ente impositore ed il concessionario stesso, atteso che quest’ultimo (a parte l’esercizio dei poteri propri, volti alla riscossione delle imposte iscritte nel ruolo), nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente il ruolo, dispiega una mera funzione di notifica, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo così corre (salva l’ipotesi di errore materiale) formato dall’ente e, pertanto, non è passivamente legittimato a rispondere di vizi propri del ruolo, come trasfuso nella cartella” (Cass. n. 933 del 2009, n. 10580 del 2007).

Con il secondo motivo censura la sentenza, per violazione di legge e vizio di motivazione, per aver considerato non autonomamente impugnabile il ruolo, atto di natura impositiva e come tale impugnabile secondo la previsione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, lett. d), prima parte.

Con il terzo motivo, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, deduce che l’atto, qualificato “comunicazione di iscrizione a ruolo” – e non notificazione di iscrizione a ruolo, per essere stato “recapitato per posta ordinaria e non tramite notifica” -, è comunque atto autonomamente impugnabile, in base al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 32, comma 1, lett. a).

Con il quarto motivo critica la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, per aver affermato come nella specie il contribuente non avesse interesse ad impugnare l’atto in quanto destinato di per sè a non produrre alcun effetto giuridico, evidenziando le ragioni di interesse a promuovere azione a tutela della propria situazione giuridica.

Con il quinto motivo lamenta la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, lett. c), e art. 10, nonchè vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata affermato che la comunicazione impugnata indicava espressamente che “contro di essa non è ammesso ricorso giurisdizionale”, negando così “l’esistenza di un organo giurisdizionale da adire per la tutela della propria situazione giuridicamente rilevante”, e per aver fatto proprie le considerazioni dell’ente impositore secondo cui, una volta effettuato spontaneamente il pagamento, non vi sarebbe alcuna cartella esattoriale, e quindi la possibilità di tutelarsi in sede giurisdizionale, se non presentando istanza di rimborso ed impugnando il provvedimento, tacito o espresso, di rifiuto.

Col sesto motivo lamenta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, che in primo grado la procura ad litem dell’ente impositore sia stata rilasciata nei confronti di ” G.R.”, e non di E.M., attuale ricorrente. La circostanza che con unica delibera la Giunta comunale abbia autorizzato il Sindaco a resistere in diciotto procedimenti nei confronti di altrettanti contribuenti non toglierebbe che mentre l’atto di giunta è atto generale, la procura ad litem risulterebbe essere un atto specifico. Non essendosi espresso il giudice d’appello sul punto, la sentenza dovrebbe essere cassata per omessa pronuncia.

Con il settimo motivo censura per ultra petizione il regolamento delle spese tanto in primo che in secondo grado.

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi, sono fondati.

Le sezioni unite di questa Corte hanno affermato – in un giudizio analogo, nel quale era parte il Comune qui controricorrente – che nel processo tributario sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorchè tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell’atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile (Cass. sez. unite, 24 luglio 2007, n. 16293).

Nell’ambito di questa impostazione di diritto, che l’ente impostore non può riedificare a suo piacimento dichiarando “non impugnabili” atti che impugnabili sono, spetta al giudice di merito sceverare con congrua motivazione gli atti impositivi dagli atti che impositivi non sono, esaminando gli aspetti sostanziali dell’atto, che possono non trovare compiuta corrispondenza nei suoi aspetti formali.

Nella presente controversia è sufficiente rilevare come la sentenza impugnata sottolinei che “la comunicazione” impugnata contiene la determinazione della esatta somma dovuta dal contribuente, indicando che “in mancanza del suo pagamento seguirà l’iscrizione a ruolo” e che per chiarimenti, “richieste di sgravio o di rimborso il contribuente può rivolgersi all’ente impositore”, elementi dai quali è ragionevole dedurre che ci si trovi di fronte alla comunicazione di una pretesa impositiva, di guisa che l’atto si atteggia come una vera e propria liquidazione dell’imposta, che incide sulla posizione patrimoniale del contribuente.

L’accoglimento dei detti motivi comporta l’assorbimento dell’esame del quinto e del settimo motivo.

Il sesto motivo, concernente l’erronea indicazione del contribuente ricorrente in primo grado nei confronti del quale l’ente impositore avrebbe conferito la procura ad litem, è invece infondato, atteso che non risulta che il rilievo sia stato riproposto in appello con specifico riferimento alla contribuente appellante E.M. nè che sia stato dibattuto nel merito.

In conclusione, vanno accolti il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, assorbito l’esame del quinto e del settimo motivo, e vanno rigettati il primo ed il settimo motivo; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Piemonte, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, assorbiti il quinto ed il settimo, rigetta il primo ed il sesto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

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