Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14373 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 14373 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 5970-2009 proposto da:
HOTEL ZUNICA SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
BENOZZO GOZZOLI 60, presso lo studio dell’avvocato
MONTONE REMO, che lo rappresenta e difende giusta
delega a margine;
– ricorrente –

2013

contro

1185

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 07/06/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 123/2007 della COMM.TRIB.REG.
di L’AQUILA, depositata il 17/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;

chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato MONTONE che ha

R.G. 5970/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale dell’ Abruzzo, con sentenza n. 123/3/2007, depositata il
17.1.2008, respingeva l’appello proposto dell’ Hotel Zunica s.r.l. avverso la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di Teramo n. 50/03/06 che aveva rideterminato le sanzioni, nei
confronti del soggetto d’imposta, ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, in complessivi € 23.066,02, essendo
stata accertata la presenza di un lavoratore irregolarmente occupato e non registrato nel libro

attestava la frequenza del lavoratore ad una scuola alberghiera fino al 6/6/2004.
Proponeva ricorso per cassazione la società deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c., avendo la CTR confermato la sanzione irrogata in assenza di un effettivo accertamento
dell’omessa iscrizione del lavoratore nel libro matricola;
b) omessa, insufficiente contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, n. cinque, c.p.c., circa
la mancata iscrizione del lavoratore nel libro matricola al momento dell’accesso ispettivo;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, D.lgs 472/1997, in relazione all’art. 360, n.
tre, c.p.c.„ avendo il giudice di merito escluso l’applicazione alle sanzioni tributarie del principio
del “favor rei”;
d) omessa, insufficiente contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, n. cinque, c.p.c.,
circa la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro del dipendente
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 4.4. 2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione

matricola dal 7.6.2004 al 26.8.2004, epoca dell’ispezione INPS, in base a certificazione che

1. Il ricorso è infondato.
I primi due motivi di ricorso, in quanto logicamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
La presenza del lavoratore sul luogo di lavoro deve trovare adeguato riscontro nel libro matricola,
aggiornato prima dell’immissione del lavoratore nell’esercizio delle proprie mansioni,
obbligatoriamente conservato sul posto di lavoro ed esibito a richiesta degli ispettori (art. 20 e 21
d.p.r. 1124/1965)
In mancanza di tempestiva esibizione del libro matricola, è onere del datore di lavoro fornire una
prova alternativa quale, ad esempio, la lettera di assunzione recante data certa o la comunicazione

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/

all’Inail purché già inoltrata all’ente previdenziale al momento dell’accesso, o il contratto di lavoro,
con data certa.
Nella fattispecie il libro matricola è stato esibito solo successivamente alla visita ispettiva
emergendo l’iscrizione del dipendente nella stessa data dell’ispezione.
Nessuno degli ulteriori adempimenti risulta posto in essere dal datore di lavoro e va, quindi,
confermata la valutazione di merito della CTR che ha ritenuto l’irregolarità della iscrizione del
lavoratore nello stesso giorno dell’ispezione, risultante dal libro matricola esibito successivamente

In relazione al terzo motivo di ricorso, l’art. 3, comma 3 d.lgs 472/1997, pur limitando
l’applicazione della disposizione più favorevole alle sole ipotesi di ” sanzioni di entità diversa”,
trova astratta applicazione anche alla fattispecie in esame.
La sanzione, nel pregresso regime si applicava a far data del 1 gennaio dell’anno di constatazione
dell’infrazione, sia pure con il temperamento della prova contraria che deve essere fornita dal datore
di lavoro ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 144/2005, mentre in forza della
normativa citata, l’avverbio ” effettivamente”, nel descrivere la fattispecie prevede il ritorno allo
schema probatorio proprio dell’accertamento tributario con onere da parte dell’ufficio di localizzare
temporalmente il dies a quo.
Peraltro questa Corte ha rilevato come la disposizione del cui alla L. n. 248 del 2006, art. 36 bis, n.
7, lett. a) ancorché inserita in un testo che sembra riguardare il contrasto al lavoro nero nel solo
settore edilizio, modifica tuttavia in via generale il D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, mutando
radicalmente il sistema sanzionatorio, disancorandolo dalla presunzione legale prevista dal cit. art.
3, e maggiorandolo soltanto in relazione a ciascuna giornata di lavoro effettivo (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 26873 del 21/12/2009)
La commissione regionale ha, tuttavia, rigettato l’appello della in base a due diversi ordini di
considerazioni:1) esclusione dell’applicazione alle sanzioni tributarie del principio del favor rei,
ritenuto applicabile solamente in sede penale; 2) maggiore affiittività del nuovo regime
sanzionatorio rispetto al precedente.
Trattasi di motivazione alternativa che si fonda su due autonome rationes decidendi, con distinte
argomentazioni sufficienti a sorreggere la decisione del giudice di merito, il quale, dopo aver
aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di
sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea.
In tal caso vi è con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di
inammissibilità del ricorso. (Cass. 7.11.2005 n. 21490, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6045 del
12/03/2010), mentre le censure formulate dall’agenzia riguardano solo la seconda.
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all’ispezione.

In ordine alla seconda “rationes” il ricorrente non ha sollevato alcuna censura; il ricorso per
cassazione non introduce una terza istanza di giudizio con la quale si può far valere la mera
ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a
critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi
dedotti.
Nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra loro del tutto
distinte ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, il ricorso, per

contrario, l’eventuale suo accoglimento non toccherebbe le ragioni non censurate e la decisione
impugnata resterebbe ferma in base ad esse. (Cass. 5 giugno 2007 n. 21490, 7 novembre 2005 n.
21490).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in ipotesi di questo genere, l’omessa impugnazione di
tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle
singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche
fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non
impugnate, all’annullamento della decisione stessa.
L’ultimo motivo è anche inammissibile per mancanza di autosufficienza, in quanto era onere del
ricorrente trascrivere nel ricorso il contenuto del verbale e dei suoi allegati non potendo questa
Corte, cui è precluso l’esame degli atti, in relazione al vizio di motivazione lamentato, valutare il
valore probatorio di un documento senza la sua lettura.
Comunque il motivo è infondato.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo
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qualificarsi come ammissibile, deve rivolgersi contro ciascuna di queste, in quanto, in caso

compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.

dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale
affermazione, (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
Nella fattispecie i giudici di merito hanno fondato la decisione, oltre che sulle dichiarazioni dei
lavoratori anche su elementi di carattere fattuale e logico
I motivi di ricorso sottopongono, inammissibilmente, all’esame di questo giudice di legittimità
mere questioni fattuali, in ordine alle quali nella sentenza impugnata non si riscontra nessuna
carenza propriamente motivazionale.
Nel caso di specie la CTR ha motivato la decisione ritenendo implicitamente inattendibili le
dichiarazioni rese dalle parti, sicuramente non vincolanti per l’ufficio accertatore attribuendo
credibilità al certificato di un istituto scolastico alberghiero attestante la presenza del lavoratore sino
a giugno dello stesso anno, fissando l’inizio del rapporto di lavoro con la fine degli impegni
scolastici, con una valutazione di merito, peraltro favorevole al datore di lavoro che non ha offerto
alcuna valida prova dell’addotto successivo inizio del rapporto di lavoro.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il

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Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del

:)NENTE
Al SENSI DEL L)
N. 131 TA3. ALI- 13. – N. 5
~SUA TRIBUTARIA

recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Quindi legittimamente il giudice di merito può ritenere insufficiente a integrare la prova contraria
prevista dalla legge le risultanze del verbale dell’Inps, sia da solo che per la mancanza di ulteriori
elementi probatori a conforto non essendo fornito di completa efficacia probatoria.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
PQM
Rigetta il ricorso.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 4.4.2013

giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità

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