Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14366 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. I, 25/05/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 25/05/2021), n.14366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24650/2015 proposto da:

Impresa D.L.C.L., in persona del titolare e legale

rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocato Luca

Nicoletti, per procura speciale a margine del ricorso e presso il

cui studio in Roma, Via Emanuele Filiberto, 287, elettivamente

domicilia;

– ricorrente –

contro

Comune di Candela, in persona del Sindaco in carica, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Laura Mantegazza, 24, presso lo studio del

Dott. Marco Giardin e rappresentato e difeso dall’Avvocato

Gianfranco Di Mattia, per procura speciale a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 7569/2014,

depositata il 10/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/02/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza in epigrafe indicata, ha pronunciato sull’impugnazione principale proposta dal Comune di Candela avverso il lodo emesso dal Collegio arbitrale in data 20 luglio 2006 con cui è stata decisa la controversia instauratasi tra l’Impresa D.L.C.L. ed il Comune di Candela sul contratto di appalto n. (OMISSIS), concluso tra le parti all’esito di aggiudicazione, avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di completamento degli impianti sportivi dell’ente locale.

L’impresa aveva provveduto ad iscrivere tre riserve, in relazione all’intervenuta consegna parziale dei lavori e della loro sospensione, per la necessità di redigere una perizia di variante, nella dedotta intervenuta alterazione nel cronoprogramma dei lavori tra le parti.

Giusta la riserva n. 1, l’impresa aveva esposto di aver assunto maggiori oneri e danni per la mancata produzione giornaliera, quantificata in Euro 171.130,43, dalla data della consegna, intervenuta il 18 gennaio 2001, all’emissione del secondo Sal del 19 ottobre 2001 per 274 giorni e per il successivo periodo corrente fino alla disposta sospensione dei lavori intervenuta il 26 ottobre 2001, non avendo potuto, in detto periodo, mantenere la produzione giornaliera programmata per l’inadeguatezza del progetto posto a base di gara.

Con la riserva n. 2 l’impresa aveva chiesto i maggiori oneri e danni per spese generali, mancato ammortamento macchinari, lesione dell’utile, retribuzioni corrisposte, per un importo di Euro 114.746,27, in relazione al periodo di fermo lavori dalla sospensione del 26 ottobre 2001 alla ripresa dell’11 marzo 2002.

Con la riserva n. 3, poichè poi dopo la notifica della domanda di arbitrato interveniva una nuova perizia di variante, per Delib. Giunta Comunale 21 maggio 2003, n. 84, l’impresa aveva chiesto la corresponsione di ulteriori oneri e danni per il periodo di sospensione illegittima intervenuta dal 20 giugno 2002 al 26 maggio 2003 per Euro 173.855,41.

3. Il collegio arbitrale con lodo del 20 luglio accoglieva parzialmente le domande avanzate dall’impresa riconoscendo in relazione alle tre riserve, rispettivamente, le somme di Euro 62.318,26, di Euro 104.705,97 e di Euro 156.469,87 oltre rivalutazione ed interessi.

4. Su impugnativa promossa dal Comune di Candela la Corte di appello di Roma ha dichiarato nullo il lodo ex art. 829 c.p.c., comma 2:

a) nella parte in cui aveva accolto il secondo quesito dell’impresa per violazione dell’art. 24, comma 1, del Regolamento recante il Capitolato Generale di appalto dei lavori pubblici n. 155/2000 che stabilisce tra le circostanze che legittimano la p.A. alla sospensione dei lavori anche la necessità di procedere ad una variante in corso d’opera nonchè dell’art. 24, comma 5, Reg. cit. che esclude per la sospensione ogni indennizzo: la sospensione dei lavori era infatti legittima nella necessità di predisporre una perizia di variante per eventi imprevisti e imprevedibili in fase progettuale;

b) nella parte in cui aveva accolto il terzo quesito, rigettando l’eccezione di tardività ed inammissibilità in ordine alla seconda sospensione dei lavori e della relativa richiesta risarcitoria, per violazione della normativa sulla tempestività della proposizione della riserva (D.P.R. n. 554 del 1999, art. 133 e del D.M. n. 145 del 2000, art. 31): poichè la sospensione dei lavori sarebbe dipesa da gravi carenze del progetto originario, la riserva doveva essere formulata all’atto della sospensione dei lavori per poi essere tempestivamente iscritta in occasione del relativo verbale e tanto non era avvenuto.

Pronunciando in sede rescissoria, la Corte territoriale ha dichiarato nullo il lodo, ha dichiarato non dovute all’impresa le somme di Euro 104.705,97 e di Euro 156.489,87 già riconosciute nel lodo, e nel resto respinte le impugnazioni.

5. Ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza l’impresa D.L.C.L. con otto motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Comune Candela che propone altresì ricorso incidentale affidato a cinque motivi. Il Comune ha presentato memoria in vista dell’adunanza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente principale (in relazione al capo 5 della sentenza, relativo alla nullità del lodo nella parte in cui ha accolto il secondo quesito dell’impresa D.L.) deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per travalicamento dei limiti posti dall’art. 829 c.p.c., in materia di impugnazione dei lodi arbitrali ed in via subordinata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte di appello si era pronunciata su una domanda, inammissibile, inerente al merito della controversia che coinvolgeva l’interpretazione dei fatti operata dal giudice arbitrale, traendo l’applicabilità del D.M. n. 145 del 2000, art. 24, che esclude i danni per l’appaltatore in caso di sospensioni legittime, ossia dipese dalla necessità di adottare perizie di variante non conseguenti ad errori progettuali, di contro a fatti già accertati dalla Corte di appello.

La sentenza impugnata era comunque nulla per aver dichiarato la nullità del lodo per motivi eccentrici rispetto a quelli tassativamente previsti dal codice di rito, con conseguente falsa applicazione di legge.

2. Con il secondo motivo, formulato in via gradata rispetto al primo, la ricorrente fa valere l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovverosia della causa di adozione della perizia di variante (se riconducibile ad errori progettuali con conseguente illegittimità della sospensione o a fatti imprevisti ed imprevedibili nella fase progettuale con derivata legittimità della sospensione) da cui era derivato il fermo lavori oggetto delle pretese risarcitorie di cui alla riserva n. 2 dell’impresa.

La Corte di appello con motivazione apparente aveva omesso di esaminare il ricorrere dei presupposti per l’applicazione dell’art. 24 del Regolamento di cui al D.M. n. 145 del 2000 e quindi di una variante disposta nei casi di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 25, comma 1, lett. a), b), b-bis) e c), non esaminando i documenti relativi alla prima perizia di variante da cui emergeva che la sospensione era stata disposta per rimediare ad errori progettuali.

3. Con il terzo motivo, in via gradata rispetto ai motivi 1 e 2, si deduce, in relazione al capo 5 della sentenza impugnata sulla nullità del lodo nella parte in cui aveva accolto il secondo quesito dell’impresa, la nullità in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, da assenza di motivazione e, in via gradata, la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte di merito aveva annullato il lodo con motivazione apparente perchè contraddittoria in modo irriducibile e tanto era avvenuto là dove: a) da una parte nello scrutinio del primo quesito formulato agli arbitri dall’impresa, i giudici di appello avevano ritenuto inammissibile la censura del Comune perchè sconfinante in una contestazione nel merito della decisione arbitrale, che aveva apprezzato la progettazione del Comune inadeguata a sostenere la regolare esecuzione dell’opera; b) dall’altra nello scrutinio del secondo quesito dell’impresa, la Corte territoriale aveva travalicato i propri limiti andando ad incidere sulla interpretazione data dal Collegio arbitrale dei fatti ovverosia della natura della sospensione disposta in attesa della perizia di variante e se questa rimediasse o meno ad errori progettuali.

4. Con il quarto motivo, in relazione al capo 6 della sentenza impugnata (sulla nullità del lodo nella parte in cui ha accolto il terzo quesito formulato dall’impresa D.L., rigettando l’eccezione di tardività ed inammissibilità della riserva), la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (D.P.R. n. 554 del 1999, art. 133 e del D.M. n. 145 del 2000, art. 31), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte di appello, in adesione alla prospettata violazione del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 133 e del D.M. n. 145 del 2000, art. 31, aveva ritenuto intempestiva la riserva relativa alla sospensione lavori protrattasi dal 20 giugno 2002 ed il 26 maggio 2003 in quanto non iscritta nel verbale di sospensione e tanto perchè, nell’assunta gravità delle carenze di progetto, non avrebbe trovato spiegazione la mancata formulazione della riserva salva, soltanto, la quantificazione del danno per la quale poteva aversi differimento dell’iscrizione ad un momento successivo.

Il ragionamento svolto dalla Corte di merito, secondo il quale vi sarebbe un onere di iscrizione destinato a prescindere dalla percezione effettiva del danno economico, doveva intendersi in violazione delle norme di diritto pure invocate.

La riserva della impresa D.L. era stata tempestivamente apposta nel verbale di ripresa dei lavori alla cessazione del fatto lesivo, momento nel quale era emersa la concreta idoneità del fatto a produrre pregiudizi o esborsi per l’appaltatore.

5. In via gradata, rispetto al quarto motivo, con il quinto motivo la ricorrente fa valere la nullità della sentenza impugnata (nullità del lodo nella parte in cui ha accolto il terzo quesito formulato dall’impresa), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per travalicamento dei limiti di cui all’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4 e comma 2 (nella versione vigente ante D.Lgs. n. 40 del 2006, in materia di impugnazione dei lodi arbitrali).

In via gradata, poi, all’interno del medesimo motivo e rispetto alla già indicata formulazione, si fa valere la violazione dell’art. 829 comma 1, n. 4 e comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La valutazione sulla tempestività della riserva era stata svolta dagli arbitri in base all’esame di fatti e documenti di causa e sulla loro idoneità a produrre pregiudizi ed esborsi conseguenti alla sospensione dei lavori; l’impugnazione, pertanto, relativa al merito, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile. In ogni caso si era realizzata una violazione dell’art. 829 c.p.c., comma 2, per avere la Corte di appello dichiarato una nullità per motivi eccentrici rispetto a quelli tassativamente previsti dal codice di rito.

6. Con il sesto motivo, formulato in via gradata rispetto ai motivi nn. 4 e 5, si denuncia la nullità della sentenza impugnata (nella parte in cui ha pronunciato la nullità del lodo là dove ha accolto il terzo quesito formulato dall’impresa D.L. rigettando l’eccezione di tardività ed inammissibilità) per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per assenza di motivazione.

In via gradata nei medesimi termini, si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La motivazione adottata dalla Corte di appello era contraddittoria al punto da segnarne la totale omissione. Nella valutazione del motivo di appello sollevato dal Comune di Candela, in ordine al primo quesito formulato agli arbitri, la Corte territoriale aveva ritenuto la tempestività della riserva dell’impresa che era stata iscritta alla formale ripresa dei lavori in data 11 marzo 2002, momento che era stato individuato come successivo alla insorgenza o cessazione del fatto che aveva determinato il pregiudizio.

7. Con il settimo motivo, formulato in relazione al capo 7 della sentenza impugnata (sulla nullità del lodo nella parte in cui aveva accolto il terzo quesito formulato dall’impresa D.L.), si deduce dalla ricorrente la violazione o falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.M. n. 145 del 2000, art. 24, comma 1, in ordine alla qualificazione della sospensione dei lavori, oggetto del secondo quesito sottoposto al Collegio arbitrale sui maggiori danni conseguenti alla sospensione dei lavori dal 20 giugno 2002 al 26 maggio 2003.

La Corte di appello aveva ritenuto la sospensione giustificata dalla carenza di progettazione e necessaria poi la perizia di variante in quanto eventi previsti dalla legge a tal fine, là dove invece la carenza progettuale e la necessità di perizia di variante costituiscono ragione di fermo dei lavori determinando, invece, una sospensione illegittima, causa di ristoro di maggiori oneri e danni dell’appaltatore.

La necessità di approvare una perizia di variante non deve essere collegabile infatti ad alcuna forma di negligenza o imperizia della stazione appaltante nella predisposizione e verifica del progetto.

Ancora con il settimo motivo, in via gradata rispetto al n. 6, si fa valere dal ricorrente – quanto al capo n. 6 della sentenza impugnata relativo alla nullità del lodo nella parte in cui ha accolto il terzo quesito formulato dall’impresa D.L. – la nullità della sentenza per assenza di motivazione ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e, in via gradata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La motivazione doveva ritenersi assolutamente illogica non essendovi nesso tra la premessa, e cioè che l’errore progettuale è evento che legittima l’adozione di una perizia di variante e quindi il fermo dei lavori, e la conclusione secondo la quale vi sarebbe stata violazione da parte degli arbitri della normativa sulla sospensione.

8. In via preliminare nessun rilievo ha nei suoi contenuti la “Memoria conclusiva”, inserita in atti e priva di data di deposito, là dove si “precisa” che il ricorrente, D.L.C.L., ha agito “non in proprio ma esclusivamente quale legale rappresentante di una impresa che come risulta da visura camerale allegata, è stata cancellata in data 29/1/2013, per cessazione di ogni attività dal 31/12/2010, quindi prima della notifica del ricorso”.

La natura di ditta individuale dell’impresa, ad individuazione della quale nell’intestazione del ricorso per cassazione è indicato il codice fiscale della persona fisica del suo titolare, ne consente la piena identificazione con il suo rappresentante; la ditta non ha soggettività giuridica distinta ma si identifica con il titolare sotto l’aspetto sia sostanziale che processuale sicchè il rapporto processuale dedotto in lite resta insensibile alle sorti avute dalla prima.

Ciò posto, dei motivi del ricorso principale va accolto il primo con assorbimento del secondo e terzo subordinati, nella loro formulazione, al non accoglimento del primo – nella parte in cui si denuncia la nullità dell’impugnata sentenza per avere la Corte di appello, nel pronunciare sulla nullità del lodo nella parte in cui aveva accolto il secondo quesito dell’impresa, travalicato i limiti posti al giudizio dall’art. 829 c.p.c., comma 2.

Ragioni d’indole sostanziale e processuale depongono in tal senso.

Come costantemente da questa Corte affermato in applicazione della normativa sull’impugnazione del lodo ante riforma del 2006, la denuncia di nullità del lodo arbitrale, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 2, per inosservanza delle regole di diritto “in iudicando” è ammissibile solo se circoscritta entro i medesimi confini della violazione di legge opponibile con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. n. 5633 del 08/06/1999; Cass. n. 21802 del 11/10/2006; Cass. n. 16559 del 31/07/2020).

Tanto vale nel rilievo che il giudizio di impugnazione arbitrale si compone di due fasi, la prima rescindente, finalizzata all’accertamento di eventuali nullità del lodo, per errori “in procedendo” nonchè per inosservanza delle regole di diritto nei limiti previsti dal medesimo art. 829 c.p.c. e che si conclude con l’annullamento del medesimo, e la seconda rescissoria, che fa seguito all’annullamento e nel corso della quale soltanto il giudice ordinario procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte e comunque nei limiti del “petitum” e delle “causae petendi” dedotte dinanzi agli arbitri, con la conseguenza che non sono consentite nè domande nuove rispetto a quelle proposte agli arbitri, nè censure diverse da quelle tipiche individuate dall’art. 829 c.p.c. (vd. ex multis: Cass. n. 20880 del 08/10/2010; Cass. n. 12199 del 17/07/2012).

In applicazione delle indicate regole viene innanzitutto in considerazione il rilievo che la corretta deduzione dell’error in iudicando ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in sede di giudizio di legittimità e, quindi, nel rapporto tra giudizio arbitrale ed accertamento rescissorio di nullità rimesso alla Corte di appello sul giudizio arbitrale, comporta il carattere invariato dell’accertamento del fatto, fermo il quale, nei suoi termini oggettivi, può rilevarsi l’erronea applicazione della regola di diritto.

In tema di ricorso per cassazione, la deduzione del vizio di violazione di legge, consistente nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione), postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicchè è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito (Cass. 13/03/2018 n. 6035).

La Corte di appello con l’impugnata sentenza non ha fatto corretta applicazione dell’indicato principio là dove ha ritenuto l’adozione della variante di progetto causa di legittima sospensione dei lavori e tanto nella stretta rispondenza della prima a causa tipizzata.

Così facendo infatti la Corte territoriale ha finito per operare una inammissibile incursione nel fatto che ha diversamente accertato rispetto ai giudici arbitrali, là dove ha individuato la mera adozione della perizia di variante legittimante la sospensione dei lavori.

Gli arbitri muovendo da una diversa ricostruzione fattuale hanno invece ritenuto l’illegittimità della sospensione dei lavori là dove, dopo aver scrutinato le ragioni dell’adozione della perizia di variante ed averle ricondotte ad originarie carenze di progetto, hanno inteso l’utilizzo dell’indicato strumento come espressivo di negligenza della stazione appaltante.

Nella diversità del fatto accertato che resta come tale violativo, nei termini di cui all’art. 829 c.p.c., comma 2, dell’accertamento rimesso alla Corte db appello nella fase rescindente sul giudizio arbitrale, in accoglimento del motivo di ricorso la sentenza impugnata va cassata.

La Corte di appello di Roma, in diversa composizione, in sede di rinvio provvederà a riallineare alla fattispecie di legge il fatto come accertato nel giudizio arbitrale (in cui alla riconducibilità dell’adozione della perizia di variante si è accompagnato un ulteriore accertamento di merito sulle ragioni che hanno determinato l’amministrazione all’adozione della variante) per poi procedere a nuovo giudizio, in fase rescindente, sulla legittimità, o meno, dell’osservato strumento urbanistico e quindi, all’esito, sulla sua incidenza nello svolgimento dell’appalto.

9. Va data quindi trattazione, quanto alle ulteriori censure, al quarto, quinto, sesto motivo di ricorso con il quale la ricorrente deduce, tra l’altro, violazione di legge, nullità della sentenza per travalicamento dei limiti posti in materia di lodi arbitrali, assenza di motivazione per avere la Corte di merito malinteso le norme sulla iscrizione della riserva, sul ristoro maggiori oneri e danni patiti nel periodo della seconda sospensione dei lavori disposta dal Comune di Candela tra il 20 giugno 2002 ed il 26 maggio 2003.

La Corte di appello infatti ha motivato sulla circostanza che la sospensione era stata richiesta dalla stessa appaltatrice nella gravità della carenza progettuale, evidenza, questa, che avrebbe sostenuto la conoscenza in capo all’impresa della mancanza relativa al progetto sin dalla sospensione, momento in cui, pertanto, doveva intervenire, ai fini della sua tempestività, l’iscrizione della riserva.

I motivi sono infondati.

Quanto viene in valutazione, per le proposte censure, non è un accertamento di merito sul fatto integrativo della tempestività-intempestività della riserva che, apprezzato dagli arbitri, è stato poi inammissibilmente rivalutato dalla Corte di appello in sede di giudizio rescissorio, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 2, ma l’applicazione del principio di diritto che governa, nell’affermazione avutane nella giurisprudenza di legittimità, la disciplina della tempestività della riserva e della legittimità-illegittimità della sospensione dei lavori che, per la prima, l’impresa appaltatrice faccia valere.

Come da questa Corte in più occasioni chiarito, in tema di appalto di opera pubblica, l’appaltatore che pretenda un maggiore compenso o rimborso, rispetto al prezzo contrattualmente pattuito, a causa dei pregiudizi o dei maggiori esborsi conseguenti alla sospensione dei lavori disposta o protratta dall’Amministrazione, ha l’onere di iscrivere la relativa riserva nel momento in cui emerga, secondo una valutazione riservata al giudice del merito, la concreta idoneità del fatto a produrre i suddetti pregiudizi o esborsi.

Al riguardo, si deve, pertanto, distinguere il momento nel quale il danno sia presumibilmente configurabile da quello in cui esso sia precisamente quantificabile, sorgendo l’onere di iscrivere la riserva fin dal primo di tali momenti e potendo, invece, la specifica quantificazione operarsi nelle successive registrazioni.

Con la conseguenza che là dove la sospensione possa ritenersi illegittima sin dall’inizio, l’appaltatore deve inserire la sua riserva nello stesso verbale di sospensione e dovrà poi iscrivere regolare riserva o domanda nel registro di contabilità, quando egli successivamente lo sottoscriva, ripetendo quindi la riserva stessa nel verbale di ripresa e nel registro di contabilità successivamente firmato.

Per converso, sia nel caso in cui la sospensione dei lavori non presenti immediata rilevanza onerosa, giacchè l’idoneità del fatto a produrre il conseguente pregiudizio o esborso emerga soltanto all’atto della cessazione della sospensione medesima, sia nel caso in cui quest’ultima, originariamente legittima, diventi solo successivamente illegittima, la relativa riserva non potrà che essere apposta nel verbale di ripresa dei lavori o, in mancanza di tale verbale (la cui compilazione è rimessa all’iniziativa dell’appaltante), nel registro di contabilità successivamente firmato, ovvero, in caso di ulteriore mancanza anche di quest’ultimo registro, essa deve essere tempestivamente comunicata all’Amministrazione mediante apposito atto scritto (Cass. 17630/2007; 15693/2008, come richiamate in Cass. n. 11647 del 2016).

Ne discende che, nell’ipotesi di sospensione dei lavori, deve ritenersi tempestiva la formulazione di riserva nel verbale di ripresa, o in un qualsiasi atto successivo al verbale che dispone la sospensione delle opere, quando questa, legittima inizialmente, sia divenuta illegittima per la sua eccessiva protrazione, con il conseguente collegamento del danno a tale illegittimo protrarsi, poichè, in siffatta ipotesi, la rilevanza causale del fatto illegittimo dell’appaltante rispetto ai maggiori oneri derivati all’appaltatore è accertabile solo al momento della ripresa dei lavori salva la facoltà dell’appaltatore – una volta formulata tempestivamente la riserva di precisare l’entità del pregiudizio subito nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale.

La Corte di appello, nel richiamato quadro applicativo, ha ritenuto intempestiva la riserva in quanto non iscritta nel verbale di sospensione lavori ma ciò ha fatto non in violazione della normativa sulle riserve, ispirata nella interpretazione di questa Corte, al principio della conoscenza della illegittimità della sospensione, ma proprio in applicazione di quest’ultimo là dove ha concluso per l’intempestività in ragione delle gravi carenze del progetto originario e della circostanza che tale seconda sospensione venne richiesta dalla medesima impresa appaltatrice.

In tal modo la Corte di merito ha coniugato l’onere di tempestiva iscrizione della riserva e la concreta conoscenza della causa di sospensione in capo all’appaltatore senza incorrere in inammissibili accertamenti, impropriamente sovrapposti a quelli condotti dai giudici privati, di cui il motivo peraltro neppure dà puntualmente conto nel denunciare l’inammissibile valutazione del fatto diversamente condotto nella fase rescindente del giudizio della corte di appello.

La motivazione, poi, per gli indicati pure stringati passaggi sussiste e non integra quel vizio strutturale che dà luogo alla nullità della sentenza neppure sotto il profilo di una contraddittorietà tale da non consentire di individuare, della prima, la ratio decidendi.

La vicenda della sospensione lavori con ripresa all’11 marzo 2002, infatti, dedotta in ricorso a sostegno di una non vincibile contraddittorietà del decisum, è diversa e come tale nel suo differente esito non vale ad inficiare di nullità la motivazione qui impugnata.

10. Il settimo motivo relativo al trattamento riservato alla seconda sospensione è inammissibile perchè aggredisce una ratio decidendi articolata dalla Corte di merito solo ad abundantiam dopo aver statuito sulla preclusione da intempestività della riserva ed è, come tale, inammissibile.

Qualora la decisione di merito solo in apparenza si fondi su di una pluralità di ragioni e tanto nel carattere preliminare di quella che, tra le altre scrutinate, in via principale sia stata ritenuta così sancendo l’inammissibilità della censura, il ricorso per cassazione che denunci separatamente tutte le indicate ragioni incorre in un esito di inammissibilità da carenza di interesse là dove nella ritenuta, nel giudizio di legittimità, infondatezza della prima, le ulteriori argomentazioni, anche se autonomamente aggredite, siano state formulate dal giudice di merito soltanto ad abuntatiam senza segnalare distinte ed equiordinate ragioni di rigetto, la cui necessità di contestazione insorge nel giudizio di legittimità nell’altrimenti procurato passaggio in giudicato della decisione.

11. Il Comune di Candela propone ricorso incidentale.

11.1. Con il primo motivo l’Amministrazione territoriale deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto (D.M. n. 145 del 2000, contenente il Capitolato generale degli appalti; D.M. n. 135 del 2003; D.P.R. n. 554 del 1999, art. 133, contenente il “Regolamento di attuazione” della L. n. 109 del 1994) in cui era incorsa la Corte di appello nella parte in cui aveva rigettato l’eccezione di tardività ed inammissibilità della riserva n. 1, oltre che l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in particolare denunciando il mancato accoglimento dell’eccezione di tardività delle riserve.

L’impresa, appaltatrice dell’opera pubblica, non aveva formulato tempestivamente, ritualmente ed in modo specifico, la riserva sul riconoscimento dei maggiori costi sopportati nel corso dell’esecuzione dell’opera pubblica.

Il pregiudizio si era rivelato all’impresa appaltatrice nel momento in cui aveva preso visione degli elaborati progettuali rispetto ai quali con dichiarazione confessoria stragiudiziale ex art. 2735 c.c., aveva affermato di aver condotto l’esame nel riconoscimento della loro completezza, accentandoli senza riserva alcuna.

Il motivo è inammissibile perchè manca di confrontarsi con l’impugnata sentenza nella parte in cui (pg. 5 n. 1 della motivazione) la Corte di merito qualifica l’eccezione del Comune di decadenza dell’impresa dal diritto di far valere la riserva come nuova perchè proposta per la prima volta davanti al giudice.

Nulla deduce sul punto l’Amministrazione comunale in sede di ricorso incidentale; il motivo è pertanto inammissibile perchè privo di autosufficienza non riesce a dare conto della tempestiva deduzione dell’eccezione, qui riproposta, dinanzi ai giudici territoriali.

11.2. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale nella dedotta nullità del lodo ex art. 829 c.p.c., comma 2, nel testo ante riforma del 2006, nella parte in cui aveva accolto il primo quesito formulato dall’impresa rigettando l’eccepita tardività ed inammissibilità della riserva n. 1, fa valere la violazione e falsa di norme di diritto in cui era incorsa la Corte di appello nel ritenere tempestive le riserve dell’impresa (R.D. n. 350 del 1895, art. 54; D.M. n. 145 del 2000; D.M. n. 135 del 2003; Regolamento di attuazione della L. n. 109 del 1994 di cui al D.P.R. n. 554 del 1999) e l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio integrato dal mancato accoglimento dell’eccezione di tardività delle riserve.

L’impresa aveva avuto cognizione del pregiudizio dopo aver preso conoscenza del progetto, tanto più poi se questo presentava gravi lacune; l’appaltatore è tenuto a controllare nei limiti della diligenza richiestagli congruità e completezza del progetto. La dichiarazione resa in sede di ammissione alla gara di appalto di avere esaminato gli atti avrebbe integrato confessione stragiudiziale vincolante ex art. 2735 c.c..

Il motivo è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 4, perchè reitera, incorrendo in tal modo in genericità (Cass. n. 22478 del 24/09/2018), le contestazioni a cui la Corte di appello ha fornito risposta in sentenza con l’apprezzare la tempestività delle riserve dell’impresa nel rilievo che la semplice consegna dei lavori non avrebbe reso evidenziabile il fatto produttore del danno e che la dichiarazione resa in sede di gara sulla conoscenza del progetto dal titolare dell’impresa non poteva realizzare una “anticipata previsione della inadeguatezza in concreto di tali elaborati a garantire la concreta e tempestiva esecuzione dei lavori”.

La denunciata omissione del fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, prospetta poi una inammissibile rivalutazione meritale senza neppure individuare del fatto, come accadimento storico-naturalistico, gli estremi.

11.3. Con il terzo motivo il Comune di Candela fa valere la violazione in cui era incorsa l’impugnata sentenza là dove aveva erroneamente accolto la richiesta di maggiori danni avanzata dall’impresa per la sospensione lavori dal 18 gennaio 2001 al 26 ottobre 2001, per violazione e falsa applicazione del R.D. n. 350 del 1895, art. 54, del Capitolato generale degli appalti di cui al D.M. n. 145 del 2000, D.M. n. 135 del 2003 e dell’art. 133 del Regolamento di attuazione della L. n. 109 del 1994, D.P.R. n. 554 del 1999.

Il ricorrente incidentale fa poi valere l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte di merito accolto l’infondatezza della pretesa dell’impresa nella tardività delle riserve ed il difetto di motivazione.

La Corte aveva trascurato che l’impresa non aveva fornito alcuna prova sulla quantificazione dei danni; il Collegio arbitrale non aveva ammesso le istanze di prova.

Il motivo è inammissibile per genericità determinata dal mancato raccordo tra le violazioni dedotte e la sentenza impugnata nella parte in cui aveva accolto la pretesa dell’appaltatrice così non consentendo a questa Corte di condurre il proprio sindacato di legittimità.

Sull’omissione decisiva ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, valga il rilievo di inammissibilità più sopra indicato sub n. 11.2.

Il difetto di motivazione è poi figura neppure più deducibile in sede di legittimità nella formulazione del vigente art. 360, comma 1, n. 5 cit. (Cass. n. 22598 del 25/09/2018; Cass. n. 23940 del 12/10/2017).

11.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce che il Collegio arbitrale, con assunto infondato ed illegittimo per contrasto con la normativa sugli appalti delle opere pubbliche, aveva respinto l’eccezione di inammissibilità per decadenza dalla seconda riserva asserendo che questa era stata apposta nel momento in cui si sarebbe rivelata all’appaltatore la reale esistenza del pregiudizio sofferto. Il Collegio arbitrale aveva respinto l’eccezione di inammissibilità per decadenza della riserva con il richiamare i medesimi infondati argomenti sostenuti in ordine alla prima riserva.

Il motivo è inammissibile perchè di diretta rivalutazione del fatto non mediata dalla motivazione della sentenza impugnata con cui il primo manca di confrontarsi.

11.5. Con il quinto motivo il ricorrente incidentale denuncia in relazione alla nullità del lodo fatta valere davanti alla Corte di appello ex art. 829 c.p.c., n. 9, per mancato rispetto del contraddittorio, la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 350 del 1895, art. 54, del Capitolato generale degli appalti di cui al D.M. n. 145 del 2000, D.M. n. 135 del 2003 e dell’art. 133 del Regolamento di attuazione della L. n. 109 del 1994, D.P.R. n. 554 del 1999; l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in particolare il mancato accoglimento della infondatezza della pretesa dell’impresa per violazione del principio del contraddittorio; difetto di motivazione.

La Corte di merito aveva mancato di rilevare l’argomentazione addotta dall’Amministrazione in materia, ritenendo che quest’ultima non avesse chiarito la portata del principio del contraddittorio la cui violazione aveva dedotto. Gli arbitri omettendo la fase istruttoria e quindi persino la c.t.u. e le prove per testi richieste dall’impresa avevano negato al Comune di Candela il diritto di difesa e di azione ed avevano precluso il “legittimo esito del giudizio e il regolare svolgimento del processo”.

Il motivo è inammissibile per genericità mancando di dedurre in termini di effettività quanto alla dedotta violazione del contraddittorio (Cass. n. 22341 del 26/09/2017; Cass. n. 26087 del 15/10/2019).

12. Conclusivamente quanto al ricorso principale, accolto il primo motivo, assorbiti il secondo ed il terzo e rigettati i restanti, la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

La Corte dichiara inammissibili i motivi del ricorso incidentale.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo, rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Dichiara inammissibili i motivi del ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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