Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14365 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/07/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 08/07/2020), n.14365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22864-2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,

EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;

– ricorrenti –

contro

F.V.P., in proprio e quale titolare della Ditta

P.EFFE. di P.F. elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA LAZZARUOLO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO FAVALE;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 634/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 21/03/2014 R.G.N. 4979/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato prescritto il diritto dell’INPS di riscuotere nei confronti di F.V.P. la c.d. tassa di ingresso di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 4 per n. 40 lavoratori posti in mobilità tra il 22 maggio 2004 il 7 settembre 2004.

2. La Corte territoriale confermava la natura di contribuzione previdenziale di tale tassa, già ritenuta dal giudice del prime cure, nonchè la conseguente applicabilità del termine di prescrizione quinquennale previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3.

3. Per la cassazione della sentenza l’Inps ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui F.V.P. ha resistito con controricorso.

Equitalia Sud S.P.A. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. l’Inps deduce la violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 5, comma 4 e della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 9. Sostiene che la cosiddetta tassa di ingresso non possa essere equiparata alla contribuzione previdenziale e che pertanto debba essere assoggettata alla prescrizione ordinaria decennale.

5. Il ricorso non è fondato, dovendosi dare seguito alla soluzione già adottata da questa Corte con la sentenza n. 2121 del 29.1.2018, che ha ritenuto la natura di contributo previdenziale degli importi in questione ai fini dell’assoggettabilità alla prescrizione quinquennale.

6. Si è ivi rilevato che le somme in oggetto sono qualificate come “contributi” alla stessa L. n. 223, art. 3, comma 3 e che nella rubrica della L. n. 223 del 1991, art. 5 si parla di oneri (in generale) a carico del datore, per ricomprendervi il rispetto di ulteriori requisiti (di natura formale, procedurale e sostanziale) e non per distinguere le somme in questione dai contributi.

7. Inoltre, il D.M. n. 142 del 1993, art. 4, comma 6 assoggetta il mancato pagamento degli importi in questione alle sanzioni civili di cui al D.L. n. 536 del 1987, art. 4 convertito in L. n. 48 del 1988, riguardanti il mancato versamento dei contributi alle gestioni previdenziali ed assistenziali.

8. Si è aggiunto che, sul piano causale, si tratta di somme che devono essere versate allo scopo di finanziare il pagamento di una prestazione previdenziale come “l’indennità di mobilità”, che fa fronte al bisogno derivante dalla perdita del lavoro a seguito di licenziamento collettivo, ai sensi dell’art. 38 Cost., comma 2 e che è sostitutiva di ogni diverso trattamento stabilito contro la disoccupazione involontaria. Esse affluiscono, secondo la legge, nella “gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 37”.

9. Si è ancora argomentato che, come si verifica per i contributi in generale, in base al principio dell’automaticità delle prestazioni, per i lavoratori in mobilità non ha rilievo se l’imprenditore non provveda a pagare le somme a suo carico.

10. Va pure considerato che nel caso di un eventuale saldo a credito del contributo di ingresso per gli imprenditori che abbiano rinunziato a collocare in mobilità i lavoratori o ne abbiano collocati in numero inferiore a quello per cui è esso è stato pagato, l’impresa in saldo attivo ai sensi della L. n. 223, art. 4, comma 10 precede al recupero delle somme pagate in eccedenza mediante conguaglio con i contributi dovuti all’Inps: l’operazione di conguaglio o di rimborso va fatta determinando le somme versate in eccedenza e trasmettendo quindi all’ufficio riscossione contributi della sede Inps competente copia della comunicazione all’UPLMO sui risultati della conciliazione sindacale e dell’elenco dei licenziati inviati all’URLMO. Anche la disciplina del conguaglio conduce quindi a considerare unitariamente la natura delle somme pagate dal datore ed ad affermare l’assoggettamento ad una medesima disciplina della prescrizione.

11. Nè il fatto che le somme in questione – accanto allo scopo primario di finanziare il pagamento della indennità di mobilità – tendano anche a porre un freno ai licenziamenti e siano diminuite ove si raggiunga un accordo sindacale, costituiscono argomenti idonei ad incidere sulla loro natura sostanziale primaria, facendone assumere una qualificazione diversa rispetto alla varietà delle somme qualificate dalla legge come contributi. E lo stesso vale per la mancanza di periodicità nel pagamento o per la base imponibile commisurata al trattamento o per il fatto che nel periodo di mobilità maturi la contribuzione figurativa. D’altra parte, occorre considerare che proprio per la varietà dei tipi di contributi (obbligatori, volontari, figurativi, addizionali, di solidarietà, ritenute, ecc.) e per la diversità funzionale di cui sono contraddistinti, potrebbero sempre farsi valere diversità estrinseche tra le tante figure di contributi regolate dalla legge, allo scopo di affermare che l’una specie risulti dissimile rispetto all’altra, anche in considerazione dei differenti istituti che sono destinati a finanziare ed alla diversa legislazione vigente nel tempo, ma tali differenze non possono incidere sull’appartenenza alla comune ed ampia categoria dei contributi previdenziali.

12. Decisivo appare comunque rilevare ai fini di causa che, mentre non esiste una soluzione unica quanto alla definizione della natura e della funzione dei contributi complessivamente considerati, tutti i contributi, pur nella loro varietà tipologica, sono assoggettati alla medesima disciplina della prescrizione (dettata dalla L. n. 335 del 1995, art. 3), dalla quale non c’è dunque alcuna ragione logico-giuridica per sottrarre le somme pagate dal datore per la collocazione in mobilità dei lavoratori.

13. Sulla scorta di tali premesse, la sentenza è immune dalle censure formulate con il ricorso, che va di conseguenza rigettato.

14. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

15. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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