Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14363 del 15/07/2016
Cassazione civile sez. III, 14/07/2016, (ud. 07/06/2016, dep. 14/07/2016), n.14363
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –
Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14617/2013 proposto da:
LA MAISONETTE SAS, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante
pro tempore, Sig. I.M., elettivamente domiciliata in
ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO GREZ &
ASS, rappresentata e difesa dall’avvocato PIERCARLO CARNELLI giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MA.RE. DI ELISABETTA MANUELLI & C SNC, in persona dei soci
amministratori e legali rappresentanti sigg. M.E. e
M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO
116, presso lo studio dell’avvocato STEFANO FIORELLI, rappresentata
e difesa dall’avvocato DARIO MATAR SAHD giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente –
e contro
PROCURATORE GENERALE CORTE CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE CORTE
D’APPELLO DI TORINO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1699/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 06/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/06/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito l’Avvocato STEFANO FIORELLI per delega non scritta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Ai fini che ancora rilevano nel presente giudizio, la societa’ La Maisonnette sas (gia’ srl), in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, avanzo’ domanda riconvenzionale di risarcimento del maggior danno, ai sensi dell’art. 1591 c.c., nei confronti della affittuaria di azienda Ma.RE, di E.M. & C. snc.. A fondamento della domanda pose la detenzione dell’azienda, unitamente ai locali oggetto di un contestuale e collegato contratto di affitto commerciale tra le stesse parti, dal momento della scadenza contrattuale sino alla riconsegna, avvenuta solo al momento del pagamento da parte della locatrice dell’indennita’ di avviamento (L. n. 392 del 1978, ex art. 34), riconosciuta per il contratto di locazione commerciale.
Il Tribunale di Aosta rigetto’ la domanda del maggior danno ex art. 1591 c.c..
La decisione venne confermata dalla Corte di appello di Torino (sentenza del 6 dicembre 2012).
2. Avverso la suddetta sentenza, la societa’ La Maisonnette propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, esplicati da memoria.
La Ma.RE. resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE 1. La Corte di appello, nel confermare la decisione di primo grado, ha ritenuto che la MA.RE. aveva legittimamente rilasciato contestualmente i locali e l’azienda al momento del pagamento da parte della societa’ attrice dell’indennita’ di avviamento ex art. 34 cit.. Tanto, sulla base del giudicato sostanziale esterno formatosi mediante due precedenti sentenze tra le stesse parti, con conseguente mancanza di fondamento della domanda di maggior danno per la mancata riconsegna dell’azienda al momento della scadenza contrattuale. A tal fine, il giudice del merito ha messo in rilievo il nesso teleologico tra il contratto di locazione commerciale dei locali e il contratto di affitto dell’azienda negli stessi locali, riconosciuto dalla sentenza della Corte di appello di Torino del 2007. Inoltre, ha richiamato la sentenza del Tribunale di Aosta del 2008, che aveva subordinato il rilascio dell’immobile locato alla corresponsione dell’indennita’ ex art. 34 cit., legittimando la detenzione dei locali.
2. Le censure espresse con i primi due motivi di ricorso, strettamente collegati, non hanno pregio.
2.1. Con il primo motivo si deduce, sia pure senza richiamarlo espressamente, la violazione dell’art. 112 c.p.c.. Si sostiene che la Corte di merito non avrebbe considerato che il petitum attoreo concerneva il maggior danno subito in riferimento al ritardato rilascio rispetto al contratto di affitto di azienda e non, invece, in riferimento al contratto di locazione commerciale dei locali. In tal modo, secondo l’assunto del ricorso, sarebbe configurabile omessa pronuncia sulla domanda proposta e pronuncia su una domanda non formulata.
2.1. All’evidenza, si e’ in presenza di una censura che non trova alcuna base nella decisione impugnata. La mancanza di fondamento della domanda di risarcimento dei danni ulteriori per l’assunta illegittima detenzione dell’azienda sino al momento in cui la conduttrice/affittuaria non avesse ricevuto l’indennita’, viene fondata sul giudicato relativo al collegamento tra i due contratti, legati da un vincolo teleologico cosi’ da consentire alla conduttrice il godimento congiunto ed inseparabile sia dei locali che dell’azienda, e sull’altro giudicato relativo alla legittimita’ del possesso sino al ricevimento dell’indennita’ ex art. 34 cit..
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’erronea applicazione alla fattispecie dell’art. 34 cit., unitamente alla irragionevolezza.
Stante quanto sopra precisato, la Corte di merito non ha fatto applicazione alla specie dell’art. 34, ma, interpretando le due sentenze costituenti giudicato esterno, ha ritenuto che la legittimita’ della detenzione sino al ricevimento dell’indennita’. passata in giudicato nella sentenza del Tribunale del 2008 rispetto al contratto di locazione dei locali, valesse anche rispetto al contratto di affitto di azienda in forza dello stretto collegamento tra i due contratti, stabilito, con valore di giudicato, dalla sentenza della Corte di appello del 2007.
Di conseguenza, e’ completamente non conferente rispetto al decisum la censura svolta dalla ricorrente, la quale, semmai, avrebbe potuto far valere la violazione del giudicato sostanziale attraverso la interpretazione delle due sentenze fatta dalla Corte di merito.
3. Dal rigetto dei primi due motivi, discende l’assorbimento del terzo, con il quale di impugna quella parte della decisione che ha, comunque, ritenuto infondata la domanda di ulteriori danni per totale difetto di prova; statuizione che presuppone una domanda non coperta dal giudicato.
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza a favore della controricorrente.
PQM
LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la societa’ ricorrente al pagamento, in favore della societa’ controribuente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Cosi’ deciso in Roma, il 7 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2016